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Espulsione straniero: quando il giudice deve decidere

Un individuo straniero è stato condannato per detenzione di stupefacenti. Il Procuratore ha impugnato la sentenza perché il giudice non si era pronunciato sulla misura di sicurezza dell’espulsione straniero. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza su questo punto, stabilendo che il giudice ha sempre l’obbligo di valutare la pericolosità sociale del condannato per decidere sull’espulsione, anche se poi decide di non applicarla. La mancata valutazione è un errore di legge.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione straniero: l’obbligo di valutazione del giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di immigrazione e diritto penale: l’omessa valutazione sulla misura di sicurezza dell’espulsione straniero condannato per gravi reati comporta l’annullamento della sentenza. Questo caso chiarisce che il giudice del merito non può ignorare tale statuizione, ma deve sempre compiere un’attenta analisi della pericolosità sociale del condannato, anche se il procedimento si svolge con rito abbreviato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Firenze. Un cittadino straniero era stato condannato, con rito abbreviato, alla pena di quattro anni di reclusione e 18.000 euro di multa per il reato di detenzione e trasporto di oltre un chilogrammo di cocaina. La sostanza stupefacente, suddivisa in un panetto e altre dosi, era stata trovata nella sua automobile e avrebbe potuto generare oltre cinquemila dosi.

Il Ricorso del Procuratore Generale: l’omessa valutazione sull’espulsione straniero

Il Procuratore generale presso la Corte di Appello ha presentato ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge. In particolare, ha sostenuto che il giudice di primo grado avesse omesso di applicare la pena accessoria dell’espulsione dal territorio dello Stato, prevista dall’art. 86 del d.P.R. 309/1990 (Testo Unico Stupefacenti). Secondo il ricorrente, la pericolosità sociale dell’imputato era evidente, desumibile sia dalla gravità del reato commesso sia dal contenuto delle chat presenti sul suo telefono, che indicavano un’attività abituale di traffico, custodia e cessione di droga.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendo le argomentazioni del Procuratore. Gli Ermellini hanno chiarito che, sebbene la Corte Costituzionale con la sentenza n. 58 del 1995 abbia dichiarato incostituzionale l’automatismo dell’espulsione, non ha eliminato l’obbligo per il giudice di valutare se applicarla.

Il giudice del merito deve sempre accertare in concreto la sussistenza della “pericolosità sociale” dell’imputato, basandosi sui criteri dell’art. 133 del codice penale. Solo dopo questa valutazione può decidere se applicare o meno la misura di sicurezza. L’espulsione, infatti, limita la libertà personale e incide sul diritto alla vita familiare, valori tutelati anche dalla Costituzione, e per questo non può essere una conseguenza automatica della condanna.

Nel caso specifico, il giudice di primo grado non aveva compiuto alcuna valutazione su questo punto. Non aveva esaminato le circostanze addotte dal Procuratore (la pena elevata, la quantità di droga, le chat) per verificare la sussistenza della pericolosità sociale. Questa omissione costituisce un vizio di violazione di legge.

La Corte ha inoltre richiamato una precedente sentenza delle Sezioni Unite (n. 38810/2022), la quale ha stabilito che una sentenza di condanna emessa con rito abbreviato, che ometta di decidere sull’espulsione, è impugnabile direttamente con ricorso per cassazione, e non con appello.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma limitatamente alla misura di sicurezza dell’espulsione. Ha quindi rinviato il caso al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Firenze per un nuovo giudizio su questo specifico punto. Il giudice dovrà ora effettuare quella valutazione sulla pericolosità sociale che era stata omessa, motivando adeguatamente la sua decisione di applicare o meno la misura dell’espulsione straniero. La pronuncia ribadisce che la discrezionalità del giudice non significa arbitrio, ma esercizio di un potere-dovere di valutazione che deve essere sempre esplicitato in sentenza.

L’espulsione dello straniero condannato per reati di droga è automatica?
No. Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, l’espulsione non è una conseguenza automatica della condanna. Il giudice ha l’obbligo di accertare in concreto la pericolosità sociale del condannato prima di poter disporre tale misura di sicurezza.

Cosa accade se il giudice non si pronuncia sulla misura di sicurezza dell’espulsione in una sentenza di condanna?
L’omessa pronuncia rappresenta una violazione di legge. La sentenza può essere impugnata tramite ricorso per cassazione. Se il ricorso viene accolto, la Corte di Cassazione annulla la sentenza limitatamente a quel punto e rinvia il caso a un giudice del merito per una nuova valutazione.

In un giudizio con rito abbreviato, la mancata decisione sull’espulsione può essere contestata in appello?
No. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che una sentenza emessa con rito abbreviato che omette di statuire sulla misura di sicurezza dell’espulsione non è appellabile su tale punto, ma deve essere impugnata direttamente con ricorso per cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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