Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21557 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21557 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
R.G.N. 5963/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME (cui CODICE_FISCALE) nato in TUNISIA il 19/12/1985 avverso l’ordinanza del 14/01/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di Trento udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del sostituto procuratore generale NOME COGNOME che chiedeva il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Trento, con ordinanza emessa il 14 gennaio 2025 respingeva l’opposizione proposta nell’interesse di NOMECOGNOME detenuto in espiazione della pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione, con fine pena 6 luglio 2025 avverso l’espulsione del detenuto disposta dal Magistrato di Sorveglianza in data 3 ottobre 2024, a titolo di misura alternativa, in estensione a quella già disposta in data 24 gennaio 2024.
Il detenuto aveva proposto opposizione anche alla precedente espulsione che veniva rigettata dal Tribunale di sorveglianza; la decisione del Tribunale veniva impugnata con ricorso per cassazione, dichiarato inammissibile.
Avverso detto provvedimento proponeva ricorso il detenuto tramite il difensore di fiducia, lamentando con unico motivo la violazione dell’art. 19 D.lgs. 286/98 e motivazione apparente.
Nello specifico sarebbe mancata da parte del magistrato di sorveglianza la necessaria valutazione discrezionale degli specifici interessi coinvolti nel caso in esame.
Quanto alla valutazione della vita familiare il Tribunale si limita a sottolineare la presenza in Tunisia delle figlie con la madre e della famiglia di origine, mentre in Italia Ł presente il cugino (di quarto grado).
A fronte di una situazione di separazione con la madre delle figlie e di poco significativi rapporti con i parenti rimasti in Tunisia, la relazione con il cugino Ł molto piø forte, tanto Ł vero che Ł persona che gli va a fare visita regolarmente in carcere.
Sotto il profilo dell’inserimento sociale sottolinea come il ricorrente avesse una impresa
individuale, come abbia goduto di un permesso di soggiorno non rinnovato, nonchØ di una carta di identità e una offerta di lavoro; altrettanto rilevante sarebbe il percorso di acculturazione del detenuto.
Il sostituto procuratore generale NOME COGNOME depositava conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł manifestamente infondato.
L’espulsione dello straniero condannato e detenuto in esecuzione di pena, prevista dall’art. 16, comma 5, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, riservata alla competenza del giudice di sorveglianza ed avente natura amministrativa, costituisce un’atipica misura alternativa alla detenzione, finalizzata ad evitare il sovraffollamento carcerario, della quale Ł obbligatoria l’adozione in presenza delle condizioni fissate dalla legge e fatta salva la ricorrenza di una tra le cause ostative previste dal successivo art. 19 del medesimo plesso normativo (Sez. 1, n. 45601 del 14/12/2010, COGNOME, Rv. 249175).
Il regime dell’espulsione amministrativa contempla una serie di limiti all’adozione della misura, previsti dall’art. 19, commi 1 e 2, d.lgs. 25 luglio 1998, n 286, e pacificamente applicabili anche all’espulsione quale misura alternativa alla detenzione. Tra le situazioni che impediscono l’adozione del provvedimento espulsivo Ł compresa la convivenza con parenti entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana, cui in via interpretativa si equipara la convivenza more uxorio con un cittadino italiano, alla luce della parificazione del «contratto di convivenza» al matrimonio civile, operata dalla legge 20 maggio 2016, n. 76, e del convivente di fatto al coniuge, ai fini dell’esercizio delle facoltà previste dall’ordinamento penitenziario, operata dall’art. 1, comma 38, della citata legge (Sez. 1, n. 16385 del 15/03/2019, Chigri, Rv. 276184; Sez. 1, n. 44182 del 27/06/2016, Zagoudi, Rv. 268038).
II d.l. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla Legge 18 dicembre 2020, n. 173 («Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli artt. 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 c.p., nonchØ misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all’utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale»), che ha novellato il terzo periodo dell’art. 19, comma 1.1., d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, indicando, quale ulteriore causa ostativa all’espulsione, l’esistenza di fondati motivi che inducano a ritenere «che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che esso non sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica, nonchØ di protezione della salute nel rispetto della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea» ed aggiungendo, al periodo successivo, che «Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, nonchØ dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine».
Così facendo, il legislatore – con disposizione senz’altro rilevante nella fattispecie, in forza sia del principio generale per cui le modifiche normative che incidono in bonam partem sull’applicazione della legge penale hanno effetto sui procedimenti in corso che dell’espressa previsione dell’art. 15, comma 1, del citato decreto legge – ha stabilito che, nel valutare l’adozione del provvedimento di
espulsione ex art. 16, comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, l’autorità giudiziaria deve tener conto delle conseguenze che l’allontanamento del condannato dal territorio nazionale determinerebbe sulla sua vita privata e familiare e, dunque, riconosciuto la rilevanza, tra l’altro, di legami affettivi non inquadrabili nelle ipotesi tipizzate all’art. 19, comma 2, lett. c).
Espressione di tale orientamento Ł la massima che segue, informata ad un principio cui questa Corte aderisce e vuole dare continuità : l’espulsione dello straniero disposta, come misura alternativa alla detenzione, ai sensi dell’art. 16, comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 non può trovare applicazione – neppure dopo l’entrata in vigore dell’art. 7, comma 1, lett. c), n. 1, d.l. 10 marzo 2023, n. 20, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 maggio 2023, n. 50, che ha abrogato l’art. 19, comma 1.1, terzo e quarto periodo, d.lgs. citato – quando si risolva in un’ingerenza nella vita privata e familiare dell’interessato, vietata dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretato dalla Corte EDU. (Sez. 1, n. 43082 del 07/11/2024, COGNOME, Rv. 287150 – 01)
Ai fini della applicazione dell’espulsione dello straniero quale misura alternativa alla detenzione, a seguito della riformulazione dell’art. 19 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ad opera del d.l. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 173, che ha introdotto la causa ostativa della violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare del condannato conseguente al suo allontanamento dal territorio nazionale, il giudice Ł tenuto a valutare anche i legami affettivi non inquadrabili nelle ipotesi tipizzate di cui al suddetto art. 19, comma 2, lett. c). (Sez. 1 – , Sentenza n. 10296 del 13/01/2022, Rv. 282789)
Il Tribunale di Trento, pur nella stringatezza della motivazione, ha valutato sia se l’espulsione potesse comportare una ingerenza nella vita privata e familiare dell’interessato, vietata dall’art. 8 Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sia se rispettasse i legami affettivi non inquadrabili nelle ipotesi tipizzate di cui all’art. 19 comma 2 lett. C) D.lgs. 286/1998 e successive modificazioni.
L’impugnato provvedimento ha sottolineato come il condannato non avesse in Italia alcun parente prossimo, se non un lontano cugino di quarto grado, e come le figlie fossero in Tunisia, pertanto, anche in ragione della necessità di vagliare con maggiore rigore le eventuali incidenze che l’espulsione potesse avere nella vita privata e familiare dell’interessato, Ł reso evidente in motivazione che tale pregiudizio non fosse comunque profilabile.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10/04/2025.
Il Presidente NOME COGNOME