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Espulsione straniero: quando è obbligatoria?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino straniero contro un’ordinanza di espulsione. La Corte ha stabilito che l’espulsione straniero, come misura alternativa alla detenzione, è obbligatoria quando il permesso di soggiorno è scaduto e non rinnovabile a causa dello stato di detenzione. Elementi come un precedente permesso di lungo periodo o la buona condotta in carcere sono considerati irrilevanti ai fini della decisione, che deve basarsi sulla legge in vigore al momento dell’emissione del provvedimento.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione Straniero: La Cassazione Sancisce l’Obbligatorietà in Caso di Permesso Scaduto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 200 del 2024, ha affrontato un caso delicato riguardante l’espulsione straniero come misura alternativa alla detenzione. La decisione chiarisce in modo netto i presupposti per l’applicazione di questa misura, sottolineando come la sua natura obbligatoria prevalga su considerazioni quali la buona condotta carceraria o il possesso in passato di un permesso di soggiorno di lungo periodo. Questo pronunciamento offre importanti spunti di riflessione sull’intersezione tra diritto penale e normativa sull’immigrazione.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero, detenuto in Italia, si è visto notificare un provvedimento di espulsione emesso dal Magistrato di sorveglianza. Contro tale decisione, l’uomo ha proposto reclamo al Tribunale di sorveglianza, che lo ha però rigettato. Il Tribunale ha confermato l’espulsione, rilevando che non sussistevano circostanze ostative, come legami familiari stretti in Italia o il pericolo di subire trattamenti inumani nel Paese di origine.

L’interessato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando diversi vizi della decisione del Tribunale. In particolare, ha sostenuto che:
1. L’ordinanza era erronea perché in un punto lo menzionava con un nome diverso.
2. Il Tribunale aveva erroneamente valutato il rischio di trattamenti degradanti, un punto che lui stesso non aveva mai sollevato.
3. La decisione era illogica, poiché non teneva conto del fatto che in passato era titolare di un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo e che, durante la detenzione, aveva beneficiato di permessi premio e autorizzazioni al lavoro esterno, dimostrando un comportamento corretto.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’espulsione dello straniero

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto. Gli Ermellini hanno fornito una motivazione dettagliata, confermando la piena legittimità del provvedimento di espulsione. La sentenza si articola su tre punti principali: la irrilevanza dell’errore materiale, la doverosità della valutazione sul rischio di trattamenti inumani e, soprattutto, la natura obbligatoria dell’espulsione in presenza dei requisiti di legge.

Analisi dei motivi di ricorso

La Corte ha liquidato rapidamente le prime due doglianze. L’indicazione di un nome errato è stata considerata un semplice refuso, ininfluente sulla validità dell’atto, dato che l’identità del ricorrente era chiaramente desumibile dal resto del provvedimento. Per quanto riguarda la valutazione del rischio di trattamenti inumani, la Cassazione ha chiarito che il giudice ha il dovere di effettuare tale verifica d’ufficio, in ossequio ai principi costituzionali e all’art. 19 del D.Lgs. 286/1998, anche se la parte non ha sollevato la questione. Pertanto, il Tribunale non aveva commesso alcun errore.

Le Motivazioni

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi del terzo motivo di ricorso. La Corte ha spiegato che l’espulsione straniero prevista dall’art. 16, comma 5, del D.Lgs. 286/1998 è una misura obbligatoria quando ricorrono le condizioni di legge. Nel caso specifico, il ricorrente rientrava nell’ipotesi dell’art. 13, comma 2, avendo un permesso di soggiorno scaduto da oltre 60 giorni e non rinnovato a causa del suo stato di detenzione.

Di conseguenza, elementi come il possesso in passato di un permesso di lungo periodo o la buona condotta tenuta in carcere sono irrilevanti ai fini dell’applicabilità della misura. Tali circostanze non rientrano tra le cause ostative all’espulsione, tassativamente indicate dall’art. 19 dello stesso decreto. La Corte ha inoltre evidenziato come le norme che in passato potevano vietare l’espulsione in nome del rispetto della vita privata e familiare siano state recentemente abrogate dal D.L. n. 20/2023. In applicazione del principio tempus regit actum, alla misura dell’espulsione si applica la legge in vigore al momento della decisione, anche se più sfavorevole, poiché non si tratta di una sanzione penale ma di una misura amministrativa.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’espulsione come misura alternativa alla detenzione non è una scelta discrezionale del giudice, ma un atto dovuto quando sono integrati i presupposti legali. La buona condotta del detenuto può avere rilevanza per la concessione di benefici penitenziari, ma non può paralizzare l’applicazione di una misura amministrativa obbligatoria legata alla regolarità del soggiorno. La decisione conferma un orientamento rigoroso, allineato alle recenti modifiche legislative, che limita notevolmente gli argomenti a disposizione dello straniero per opporsi all’espulsione in queste specifiche circostanze.

Un errore materiale, come un nome sbagliato, in un’ordinanza la rende nulla?
No, secondo la Corte un mero refuso che non crea dubbi sull’identità del destinatario del provvedimento è del tutto ininfluente sulla correttezza formale e sulla validità dell’ordinanza stessa.

La buona condotta in carcere può impedire l’espulsione dello straniero a fine pena?
No. La sentenza chiarisce che elementi come l’aver ottenuto permessi premio o autorizzazioni al lavoro sono irrilevanti per l’applicabilità dell’espulsione, la quale è prevista come obbligatoria quando sussistono le condizioni di legge (es. permesso di soggiorno scaduto).

Quale legge si applica in materia di espulsione, quella in vigore al momento del reato o della decisione?
Si applica la legge vigente al momento in cui viene emesso il provvedimento di espulsione. La Corte ha specificato che, non essendo una sanzione penale, a questa misura non si applicano le regole sulla successione di leggi penali nel tempo, ma il principio tempus regit actum.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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