LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Espulsione straniero: quando è misura facoltativa?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Procuratore Generale contro la mancata applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione straniero. La Corte ha ribadito che tale misura è facoltativa e la sua non applicazione da parte del giudice di merito implica una valutazione negativa sulla pericolosità sociale del condannato, non richiedendo una motivazione esplicita.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’espulsione dello straniero: una misura discrezionale e non automatica

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 8020/2025) torna a fare chiarezza su un tema delicato: l’espulsione straniero dal territorio dello Stato a seguito di una condanna penale. La decisione sottolinea un principio fondamentale: questa misura di sicurezza non è una conseguenza automatica della condanna, ma una scelta discrezionale del giudice, basata su una valutazione specifica della pericolosità sociale del soggetto. Se il giudice non la applica, la sua valutazione negativa si considera implicita, senza necessità di una spiegazione dettagliata.

Il Caso: Condanna per Rapina e il Ricorso del Procuratore

Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Brescia, che aveva condannato un cittadino straniero a quattro anni e due mesi di reclusione per i reati di rapina aggravata e porto di coltello. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello, tuttavia, ha ritenuto che il Tribunale avesse commesso un errore, omettendo di applicare la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato, prevista dall’articolo 235 del codice penale.

Secondo il Procuratore, la pericolosità sociale dell’imputato era evidente dalla natura stessa dei reati commessi e dalla condanna inflitta. Pertanto, il giudice avrebbe dovuto motivare specificamente le ragioni per cui aveva deciso di non disporre l’allontanamento dello straniero.

La Decisione della Cassazione: L’espulsione straniero come misura facoltativa

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del Procuratore Generale inammissibile perché manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire un orientamento consolidato della giurisprudenza.

L’articolo 235 del codice penale, che prevede l’espulsione per lo straniero condannato a una pena superiore a due anni di reclusione, delinea una misura di sicurezza di carattere facoltativo. Ciò significa che la sua applicazione non è un obbligo per il giudice, ma una possibilità subordinata a una condizione precisa: la verifica, con adeguata motivazione, della concreta pericolosità sociale del condannato.

Il punto cruciale della sentenza è il seguente: nel caso in cui il giudice, pur in presenza dei presupposti di legge (condanna superiore a due anni), decida di non applicare l’espulsione, si deve ritenere che abbia implicitamente effettuato una valutazione negativa sulla pericolosità sociale. In altre parole, il silenzio del giudice su questo punto equivale a una decisione motivata di non procedere con l’espulsione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che la valutazione della pericolosità sociale ai fini dell’applicazione dell’espulsione straniero è un accertamento distinto e autonomo rispetto a quello compiuto per determinare la gravità del reato e la congruità della pena. Non si può dedurre automaticamente la pericolosità sociale dalla severità della condanna.

La pericolosità sociale, in questo contesto, si identifica con il pericolo concreto che l’imputato commetta nuovi reati. Questa valutazione deve basarsi su un’analisi complessa che tenga conto di molteplici fattori, come indicato dall’art. 133 del codice penale: la personalità del soggetto, eventuali problemi psichiatrici, la sua capacità criminale e ogni altro elemento utile. Nel caso di specie, il giudice di merito non aveva evocato questi parametri per giustificare una pericolosità tale da richiedere l’espulsione. Di conseguenza, la sua scelta di non applicare la misura è stata ritenuta legittima e insindacabile in sede di legittimità, proprio perché frutto di una valutazione discrezionale (anche se implicita).

Conclusioni

Questa pronuncia rafforza il principio della discrezionalità del giudice nell’applicare misure di sicurezza personali come l’espulsione. Stabilisce che l’assenza di una motivazione esplicita sulla mancata applicazione della misura non costituisce una violazione di legge, ma deve essere interpretata come il risultato di una valutazione implicita e negativa circa la pericolosità sociale del condannato. La decisione ricorda che la determinazione della pena e l’accertamento della pericolosità sociale sono due percorsi valutativi distinti, che non si sovrappongono automaticamente.

L’espulsione dello straniero condannato a più di due anni è sempre obbligatoria?
No, non è obbligatoria. Secondo la sentenza, l’espulsione prevista dall’art. 235 cod. pen. è una misura di sicurezza personale di carattere facoltativo, la cui applicazione è lasciata alla discrezionalità del giudice.

Se il giudice non applica l’espulsione, deve spiegare il perché nella sentenza?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, nel caso in cui la misura non venga applicata, si deve ritenere implicita una valutazione negativa del giudice circa la pericolosità sociale del condannato. Il silenzio sul punto non costituisce un vizio di motivazione.

La gravità del reato è sufficiente a dimostrare la pericolosità sociale per l’espulsione?
No. La pericolosità sociale rilevante per l’espulsione deve essere valutata specificamente e non può essere dedotta automaticamente dalla gravità del reato o dall’entità della pena. È necessario un giudizio sul pericolo concreto di commissione di nuovi reati, basato su vari parametri (personalità, capacità criminale, etc.).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati