Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23524 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23524 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 20/09/1981
avverso la sentenza del 05/12/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di MILANO
lette le conclusioni scritte ex art. 611 c.p.p. del PG in persona del Sostituto Proc. gen.
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
1. NOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza in epigrafe, con cui gli è stata applicata la pena ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. lamentando inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 447 e 448, comma 2bis, cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 199, 202, 203 e 235 cod. pen. e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato.
Citata ampia giurisprudenza di legittimità in materia, il ricorrente lamenta che la motivazione del giudice del patteggiamento in merito all’applicazione della misura di sicurezza sia insufficiente in quanto si è limitato a menzionare la natura del reato, la pena inflitta e la pericolosità sociale, senza tuttavia motivare adeguatamente sulle ragioni in forza delle quali siano stati ritenuti sussistenti i presupposti per la sua applicazione.
Vengono ribaditi in ricorso gli elementi che il giudice di appello avrebbe trascurato.
Per il difensore ricorrente il proprio assistito non ha una personalità di spiccata pericolosità sociale da giustificare l’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dal Territorio italiano. In primo luogo, relativamente alle condizioni di vita sociale dell’odierno ricorrente, perché si tratta di soggetto residente da diversi anni in Italia e regolare sul territorio nazionale in quanto titolare del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo e che ha creato in Italia la propria vita familiare e sociale. Infatti, dal 01/10/2016 svolge attività lavorativa con contratto a tempo indeterminato alle dipendenze dell’impresa “RAGIONE_SOCIALE” con sede in Milano in INDIRIZZO con la mansione di operatore di produzione nonché è titolare dell’impresa “RAGIONE_SOCIALE” che si occupa di commercio e riparazione telefoni cellulari con sede in Milano in INDIRIZZO
Per quanto riguarda, invece, la capacità a delinquere del reo, il ricorrente pone in evidenza lo stato di assoluta incensuratezza dell’Ismail e sottolinea che la circostanza per cui lo stesso si ritrovi alla sua prima ed unica esperienza detentiva porterebbe Areputare che l’intervenuta restrizione abbia sortito un marcato effetto dissuasivo dal commettere ulteriori reati; quindi, in seguito a questa esperienza, si dovrebbe supporre che egli seguirà un modello di vita conforme alla legalità.
Il PG presso questa Corte ha reso le proprie conclusioni ex art. 611 cod. proc. pen. meglio precisate in epigrafe.
Il motivo sopra illustrato è manifestamente infondato e, pertanto, il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Nel caso che ci occupa, l’imputato, ha chiesto ed ottenuto che gli si applicasse, ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen., la pena finale di anni tre e mesi sei di reclusione ed euro 16000 di multa in relazione ai reati, commessi in Milano il 09/10/2024, di detenzione al fine di spaccio (art. 73 d.P.R. 309/90) di 26 grammi di cocaina e di 127 grammi di hashish, di detenzione e porto illegale in luogo pubblico di una pistola beretta cal. 9 corto con matricola abrasa e relativo caricatore (artt. 10, 12 e 14 I. 497/74 e 23 I. 110/75), di ricettazione della medesima pistola (art. 648 cod. pen.) e di detenzione illegale di 5 cartucce cal. 7,65 (art. 697 cod. pen.).
Orbene, ai sensi dell’art. 235 del codice i~winTF:, penale, nell’attuale formulazione successiva all’intervento operato dall’articolo 1, comma 1, lett. a), del d.I.23 maggio 2008, n. 92, convertito poi k l. 24 luglio 2008, n. 125, il giudice ordina l’espulsione dello straniero ovvero l’allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero o il cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea sia condannato alla reclusione per un tempo superiore ai due anni.
L’art. 86 d.P.R. 309/90, inoltre, prevede specificamente che “Io straniero condannato per uno dei reati previsti dagli articoli 73, 74, 79 e 82, commi 2 e 3, a pena espiata deve essere espulso dallo Stato” (quanto a tale norma va, tuttavia, ricordato che con la sentenza 20-24 febbraio 1995, n. 58, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo comma “nella parte in cui obbliga il giudice a emettere, senza l’accertamento della sussistenza in concreto della pericolosità sociale, contestualmente alla condanna, l’ordine di espulsione, eseguibile a pena espiata, nei confronti dello straniero condannato per uno dei reati previsti dagli artt. 73, 74, 79 e 82, commi 2 e 3, del medesimo testo unico”).
Si tratta di una misura di sicurezza obbligatoria ad efficacia immediata, riguardante i soggetti stranieri, tra cui sono compresi gli apolidi residenti nello Stato, quelli che godono delle garanzie dei cittadini italiani e lo straniero che gode del diritto d’asilo.
Questa Corte, con una pronuncia che il Collegio condivide, sin dagli albori della novella legislativa ha affermato che la misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero o dell’allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea, condannato alla reclusione per un tempo superiore
a due anni, deve essere disposta pur in caso di sentenza di patteggiamento, ma pur sempre previo accertamento in concreto della pericolosità sociale, da svolgersi al momento della condanna o dell’applicazione di pena (cfr. ex plurimis, Sez. F., n. 35432 del 14/08/2013, COGNOME e altri, Rv. 255815-01; Sez. 4, n. 15447 del 14/03/2012, Nnake, Rv. 253507 – 01; Sez. 6, n. 45468 del 23/11/2010, Rv. 248961-01; Sez. 2, n. 28614 del 02/07/2009, Mihai, Rv. 244882).
Come ricorda lo stesso ricorrente la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, anche più recentemente, ha più volte affermato come la pericolosità sociale del reo debba essere valutata tenendo conto dell’analisi della personalità del soggetto e delle caratteristiche del reato ex art. 133 cod. pen., come indicato dall’art. 203, comma 2 cod. pen. chiarendo che, non configurandosi una presunzione assoluta di pericolosità, la verifica circa la sussistenza della pericolosità sociale del condannato deve essere anche assistita da adeguata motivazione -9 (Sez. 3, n. 11093/2022; Sez. 4, n. 24427 del 20/04/2018, Er COGNOME, Rv. 273743; Sez. F, n. 35432 del 14/8/2013, Weng, Rv. 255815; Sez. 6, n.45468 del 23/11/2010, Gjondrekaj, Rv. 248961). E nello specifico del patteggiamento le Sezioni Unite hanno confermato che solo nel caso in cui la misura di sicurezza è parte dell’accordo tra le parti, allora il giudice potrà ricorrere ad una motivazione sintetica. Invece, se la misura di sicurezza non è parte dell’accordo, l’applicazione di essa può essere comunque disposta, ma in questo caso la statuizione relativa, che richiede accertamenti circa i previsti presupposti giustificativi e una pertinente motivazione che non ripete quella tipica della sentenza di patteggiamento, è impugnabile con ricorso per Cassazione anche per vizio della motivazione, ex art. 606, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, Savin, Rv. 279348 – 02).
Quanto ai criteri di valutazione della pericolosità sociale, la giurisprudenza di legittimità ha poi evidenziato che il giudizio di pericolosità sociale del condannato deve essere effettuato “sulla scorta dei parametri valutativi di cui all’art. 133 cod. peii. e, quindi, deve tener, conto della gravità del reato, della capacità a delinquere del reo oltre che della recidiva, che, essendo un elemento di giudizio orientato verso il passato, costituisce solo uno dei possibili criteri di valutazione. E ha anche precisato che la pericolosità debba essere concreta, ovvero debba essere valutata caso per caso, evitando le presunzioni (Sez. 3, n. 12689/2019; cfr. anche Sez. 3, n. 29407 del 17/04/2013, L., Rv. 256900 – 01).
In altre pronunce, questa Corte di legittimità ha anche specificato che il giudice debba valutare pure le condizioni di vita, l’ambiente familiare e sociale, i supporti su cui si può contare all’esterno e i fatti successivi al fatto-reato, come ad esempio il comportamento tenuto durante l’espiazione della pena, tali da far ritenere che è probabile, e non possibile, la commissione di nuovi reati (Sez. 5, n.
29861 del 26/07/2011; Sez. 1, n. 24009 del 30/04/2003, Nwarie. Rv. 224838 –
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Ebbene, diversamente da quanto opina il ricorrente, con motivazione priva di aporie logiche e del tutto congrua, che opera un buon governo dei sopra ricordati
principi di diritto – e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità
– il giudice del patteggiamento ha ritenuto che l’imputato andasse “fatto destina- tario della misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato, dovendo-
sene valutare (per la cospicua gravità dei fatti ed, in particolare, il quantitativo la diversa tipologia di stupefacente, l’arma con matricola abrasa e le munizioni,
nonché per l’ulteriore fatto – separatamente contestato ma emergente in atti – della detenzione di ben 200 cellulari rubati, il tutto evidentemente indice di radi-
cata ed estesa attività delittuosa) la spiccata pericolosità sociale”.
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi-
bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 11/06/2025