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Espulsione straniero: quando è legittima? Cassazione

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro l’espulsione di uno straniero condannato per spaccio. Nonostante la buona condotta in carcere, la gravità del reato e l’assenza di legami in Italia confermano la sua pericolosità sociale, rendendo legittima la misura dell’espulsione.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione Straniero e Pericolosità Sociale: La Cassazione fa il Punto

L’espulsione dello straniero condannato per gravi reati, in particolare in materia di stupefacenti, è un tema delicato che bilancia la sicurezza pubblica con i diritti fondamentali dell’individuo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi cardine che guidano questa decisione, chiarendo che la buona condotta carceraria non è di per sé sufficiente a escludere la pericolosità sociale del condannato. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

Il Caso in Esame

Un cittadino straniero, condannato in via definitiva a oltre cinque anni di reclusione per un grave reato legato al traffico di stupefacenti (detenzione di oltre 113.000 dosi di eroina), si era visto applicare la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio nazionale al termine della pena. L’uomo aveva impugnato tale provvedimento davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che il Tribunale di Sorveglianza non avesse tenuto conto della sua buona condotta durante la detenzione, del lavoro svolto in carcere e della concessione della liberazione anticipata. A suo dire, questi elementi avrebbero dovuto dimostrare il superamento della sua pericolosità sociale.

La Decisione sull’Espulsione dello Straniero

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in pieno la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Secondo gli Ermellini, il provvedimento impugnato era correttamente motivato e privo di vizi logici. La valutazione sulla persistente pericolosità sociale del ricorrente era fondata su elementi solidi e non scalfita dalle argomentazioni difensive, ritenute troppo generiche.

Le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su alcuni principi fondamentali. In primo luogo, ha ricordato che, a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale (n. 58/1995), l’espulsione dello straniero prevista dall’art. 86 del Testo Unico sugli Stupefacenti non è una misura automatica. Il giudice deve sempre compiere un accertamento concreto sulla sussistenza attuale della pericolosità sociale del condannato. Questo accertamento deve considerare non solo la gravità del reato commesso, ma anche la condotta successiva e, soprattutto, l’eventuale reiterazione di fatti criminosi.

Nel caso specifico, la gravità del reato era eccezionale e sintomatica di un inserimento in organizzazioni criminali strutturate. Di fronte a un simile precedente, il Tribunale di Sorveglianza ha correttamente ritenuto che la sola buona condotta carceraria non fosse sufficiente a dimostrare un reale cambiamento. Inoltre, è stato evidenziato che l’individuo non aveva avviato un percorso di revisione critica del suo passato criminale e non aveva legami familiari o affettivi significativi e stabili in Italia che potessero favorire un percorso di reinserimento sociale. Il bilanciamento tra l’interesse generale alla sicurezza e l’interesse del singolo alla vita familiare (protetto anche dall’art. 8 CEDU) pendeva, in questo caso, a favore del primo. Le doglianze del ricorrente sono state giudicate generiche e non in grado di evidenziare un difetto logico nella motivazione del provvedimento.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale: nella valutazione per l’espulsione dello straniero, la pericolosità sociale è un concetto concreto e attuale, che non può essere cancellato automaticamente dalla buona condotta tenuta in un ambiente protetto come il carcere. La gravità del reato originario, specialmente se indicativa di legami con la criminalità organizzata, costituisce un fattore di peso che richiede prove concrete di un cambiamento profondo e di un effettivo radicamento sociale per essere superato. La decisione del giudice deve essere il risultato di un bilanciamento attento e motivato tra la sicurezza della collettività e i diritti del singolo, inclusi i suoi legami familiari e sociali nel nostro Paese.

L’espulsione di uno straniero condannato per reati di droga è automatica?
No. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 58 del 1995, il giudice deve sempre accertare in concreto la sussistenza e l’attualità della pericolosità sociale del condannato prima di disporre l’espulsione.

La buona condotta in carcere è sufficiente a evitare l’espulsione dello straniero?
No, non necessariamente. Sebbene sia un elemento positivo, può non essere considerata decisiva se contrapposta alla particolare gravità del reato commesso, all’assenza di una revisione critica del proprio passato e alla mancanza di solidi legami familiari e sociali in Italia.

Quali fattori considera il giudice nel decidere sull’espulsione dello straniero?
Il giudice deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse generale alla sicurezza sociale e l’interesse del singolo alla sua vita familiare. Valuta la gravità del reato, la condotta della persona, l’eventuale reiterazione di crimini e la condizione familiare e sociale dell’imputato in Italia, in conformità con l’art. 8 della CEDU.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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