Espulsione Straniero: Pericolosità Sociale e Precedenti Penali
L’espulsione straniero è una misura di sicurezza che può essere applicata in seguito a una condanna penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 1644/2024, offre chiarimenti cruciali sui criteri che giustificano tale provvedimento, ponendo l’accento sulla valutazione della pericolosità sociale del soggetto. Il caso analizzato riguarda un cittadino straniero condannato per violazione della legge sugli stupefacenti (art. 73, d.P.R. 309/90) e destinatario di un ordine di espulsione.
I Fatti di Causa
Un cittadino straniero, condannato per reati legati agli stupefacenti, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Quest’ultima aveva confermato la misura dell’espulsione, ritenendola giustificata alla luce del profilo del condannato. Il ricorrente contestava la legittimità di tale misura, sostenendo che non fossero stati adeguatamente valutati gli elementi a suo favore.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, la decisione della Corte d’Appello era incensurabile, in quanto basata su una corretta e logica valutazione degli elementi a disposizione. Di conseguenza, la Corte ha confermato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Espulsione Straniero basata su Pericolosità Sociale
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni che hanno portato a considerare legittima la misura dell’espulsione straniero. La Corte ha sottolineato come la Corte d’Appello abbia correttamente valorizzato due fattori principali come indicatori di una concreta pericolosità sociale:
1. I numerosi precedenti penali: Il soggetto non era un criminale occasionale. Il suo curriculum penale includeva condanne per reati contro il patrimonio, reati in materia di armi e reati contro la persona. Questa pluralità di precedenti è stata considerata un forte segnale di una tendenza a delinquere.
2. L’assenza di stabile occupazione: La mancanza di un lavoro lecito e continuativo è stata interpretata come un indicatore del fatto che l’individuo traesse il proprio sostentamento da attività illecite. Questo elemento, unito ai precedenti penali, ha completato il quadro di un soggetto non integrato nel tessuto sociale e dedito a uno stile di vita criminale.
La Cassazione ha quindi ribadito un principio fondamentale: la valutazione sulla pericolosità sociale non deve limitarsi al singolo reato per cui si procede, ma deve estendersi all’intera condotta di vita dell’imputato. In questo contesto, i precedenti penali e la mancanza di un’attività lavorativa stabile diventano elementi decisivi per giustificare una misura grave come l’espulsione.
Le Conclusioni
L’ordinanza n. 1644/2024 rafforza l’orientamento secondo cui la valutazione della pericolosità sociale, ai fini dell’applicazione della misura dell’espulsione, deve essere un’analisi complessiva della personalità e della storia del condannato. Non è sufficiente la sola condanna per un reato, seppur grave come quello previsto dall’art. 73 d.P.R. 309/90, ma è necessario che emergano elementi concreti che indichino una propensione a commettere ulteriori reati. La mancanza di integrazione sociale e lavorativa, unita a una storia criminale consolidata, costituisce una base solida e legittima per disporre l’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale.
Quando è legittima la misura dell’espulsione per un cittadino straniero condannato?
La misura è legittima quando, oltre alla condanna per un reato specifico, emergono elementi che dimostrano la sua concreta pericolosità sociale. Questa viene valutata sulla base della sua intera condotta di vita e della sua storia criminale.
Quali elementi dimostrano la pericolosità sociale ai fini dell’espulsione?
Secondo questa ordinanza, elementi chiave sono i numerosi precedenti penali per reati di diversa natura (contro il patrimonio, le persone, e in materia di armi) e l’assenza di una stabile occupazione, che suggerisce un sostentamento derivante da attività illecite.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, non viene esaminato nel merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, stabilita dal giudice, a favore della cassa delle ammende. In questo caso, la somma era di 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1644 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1644 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 10/12/1983
avverso la sentenza del 23/11/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminati i motivi di ricorso.
Rilevato che il motivo relativo all’applicazione al ricorrente, condannato per violazione dell’art. 73, d.P.R. 309/90, della misura dell’espulsione, è manifestamente infondato.
Non appare, infatti, censurabile la sentenza impugnata nella parte in cui ha valorizzato, come espressivi di pericolosità sociale, i numerosi precedenti penali di Ksouri per reati contro il patrimonio, in materia di armi e contro la persona, nonché l’assenza di stabile occupazione considerata indicativa del fatto che l’imputato tragga il proprio sostentamento da attività illecite.
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18 settembre 2023
Il Consiglie e
Il Presldente