Espulsione Straniero: Sicurezza Sociale vs. Diritto alla Vita Privata
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha affrontato un caso delicato riguardante l’espulsione straniero, delineando i criteri per cui tale misura può essere considerata legittima. La decisione si concentra sul bilanciamento tra le esigenze di sicurezza sociale e il diritto del singolo alla vita privata e familiare, offrendo chiarimenti importanti sulla valutazione del radicamento sul territorio nazionale. Vediamo nel dettaglio i fatti e i principi affermati dai giudici.
Il Caso: Opposizione a un Decreto di Espulsione
Un cittadino straniero si opponeva a un decreto di espulsione emesso nei suoi confronti. La sua difesa sosteneva un’erronea applicazione della normativa sull’immigrazione e un vizio di motivazione nel provvedimento. In prima istanza, il Tribunale di sorveglianza aveva rigettato l’opposizione, confermando la validità dell’espulsione. La questione è quindi giunta all’attenzione della Corte di Cassazione, chiamata a valutare la fondatezza dei motivi del ricorso.
L’Analisi della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo “manifestamente infondato”. I giudici hanno stabilito che la motivazione del Tribunale di sorveglianza era corretta e priva di contraddizioni. L’analisi si è concentrata su due aspetti fondamentali: la sussistenza di ragioni di sicurezza sociale che giustificavano l’allontanamento e l’assenza di un effettivo radicamento privato o familiare dell’individuo in Italia.
Le Motivazioni: Sicurezza Sociale e Assenza di Radicamento
La Corte ha evidenziato come le ragioni di sicurezza sociale che avevano originariamente legittimato l’espulsione fossero ancora pienamente valide. L’individuo, poco dopo il suo ingresso in Italia, si era dedicato a commettere reati con scopo di lucro. Questo comportamento è stato interpretato come la dimostrazione della mancanza di risorse lecite per il proprio sostentamento sul suolo nazionale, costituendo un pericolo per la collettività.
Inoltre, i giudici hanno confermato la valutazione del Tribunale riguardo all’insussistenza di una vita privata o familiare da tutelare ai sensi dell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). È stato accertato che, prima della detenzione, il ricorrente era privo di un domicilio stabile e non aveva un proprio nucleo familiare. Anche i legami con altre persone non conviventi sono stati giudicati deboli e non meritevoli della tutela prevista dalla norma, in quanto non costituivano rapporti solidi e stabili.
Le Conclusioni: Criteri per la Legittimità dell’Espulsione
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale in materia di immigrazione: l’espulsione straniero è una misura legittima quando si fonda su concrete esigenze di sicurezza sociale, come la commissione di reati che rivelano una pericolosità per la comunità. Allo stesso tempo, il diritto alla vita privata e familiare, pur essendo un diritto fondamentale, non può essere invocato in modo astratto. Per opporsi a un’espulsione, è necessario dimostrare un radicamento effettivo e concreto sul territorio, caratterizzato da legami familiari stabili e una vita sociale integrata. In assenza di tali elementi, le ragioni di tutela della sicurezza pubblica prevalgono, giustificando l’allontanamento dal territorio nazionale.
 
Quando un decreto di espulsione straniero può essere considerato legittimo?
Secondo questa ordinanza, l’espulsione è legittima quando si basa su valide ragioni di sicurezza sociale, come la commissione di reati a scopo di lucro, e quando non sussistono situazioni ostative previste dalla legge, come un solido radicamento familiare e sociale sul territorio nazionale.
La mancanza di legami familiari in Italia può giustificare un’espulsione?
Sì. La decisione chiarisce che l’assenza di una vita privata o familiare da tutelare (mancanza di domicilio stabile, di un nucleo familiare o di solidi rapporti interpersonali) è un elemento determinante. In presenza di ragioni di sicurezza sociale, questa mancanza indebolisce la posizione del ricorrente e rafforza la legittimità del provvedimento di espulsione.
Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato ‘manifestamente infondato’?
Significa che i motivi presentati nell’appello sono così palesemente privi di fondamento giuridico che la Corte li rigetta senza procedere a un esame approfondito del merito della questione. È una decisione che sancisce la chiara inconsistenza delle argomentazioni difensive.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10215 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 10215  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Marocco il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/09/2024 del Tribunale di sorveglianza di Genova
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che icon l’ordinanza impugnata, il Tribunale di sorveglianza di Genova ha rigettato l’opposizione proposta nell’interesse del ricorrente, avverso il decreto di espulsione emesso il 15 luglio 2024.
Considerato che il motivo proposto dalla difesa, AVV_NOTAIO (erronea applicazione della normativa in tema di immigrazione e vizio di motivazione) è manifestamente infondato perché denuncia difetto o contraddittorietà della motivazione che non si evince dalla lettura del provvedimento impugnato, avendo ravvisato, il Tribunale, l’insussistenza di situazioni ostative a mente dell’art. 19 d Igs. n. 286 del 1986 e la permanenza delle ragioni di sicurezza sociale che avevano legittimato la disposta espulsione (precisando che il condannato, dopo pochi anni dal suo ingresso in Italia, è stato dedito a reati per scopo di lucro, a dimostrazione di non avere alcuna risorsa per poter rimanere sul suolo nazionale).
Rilevato, inoltre, che l’ordinanza impugnata ha escluso, con ineccepibile motivazione, l’esistenza di situazioni rilevanti ai sensi dell’art. 8 CEDU (cfr. p. seconda) avendo riscontrato che il detenuto non ha, sul suolo nazionale, alcuna vita privata o familiare da tutelare risultando, prima della detenzione, privo di stabile domicilio, di un proprio nucleo familiare e con legami relativi a soggetti comunque non conviventi prima della carcerazione (con i quali, peraltro, non erano emersi con il ricorrente solidi rapporti meritevoli di tutela ai sensi della norma citata).
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativamente nella misura indicata, considerati i motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 30 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
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Il Presidente