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Espulsione straniero: obbligo di motivazione del giudice

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per reati di droga limitatamente alla mancata decisione sulla misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero. La Corte ha ribadito che il giudice, pur non essendo l’espulsione automatica, ha l’obbligo di valutare la pericolosità sociale dell’imputato e di motivare esplicitamente la sua decisione in merito, anche in caso di giudizio abbreviato. L’omissione di tale valutazione costituisce un vizio di motivazione che comporta l’annullamento con rinvio della sentenza sul punto.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione Straniero: la Cassazione ribadisce l’obbligo di motivazione del giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di immigrazione e diritto penale: l’espulsione dello straniero condannato per reati legati agli stupefacenti non è una conseguenza automatica della condanna. Il giudice ha il dovere di valutare in concreto la pericolosità sociale dell’imputato e di motivare la sua decisione, anche quando omette di applicare tale misura. L’analisi di questa pronuncia offre spunti cruciali sulla tutela dei diritti fondamentali e sui poteri del giudice penale.

I fatti del caso

Il Tribunale di Bergamo, all’esito di un giudizio abbreviato, aveva condannato un cittadino straniero alla pena di sei mesi di reclusione e una multa per detenzione e cessione di sostanze stupefacenti di lieve entità. Tuttavia, nella sentenza, il giudice aveva completamente omesso di pronunciarsi sulla misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato, prevista dall’art. 86 del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990).

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione, lamentando proprio tale omissione. Secondo la Procura, nonostante la previsione normativa, il Tribunale non aveva valutato né motivato in merito all’applicazione di tale misura, pur in presenza di elementi (precedenti penali specifici, fuga al momento del controllo, violazione di una misura cautelare) che avrebbero dovuto indurre il giudice a interrogarsi sulla pericolosità sociale dell’imputato.

L’obbligo di valutazione sull’espulsione straniero

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’art. 86 del d.P.R. 309/1990. Questa norma prevede l’espulsione per lo straniero condannato per specifici reati in materia di droga. Tuttavia, la Corte Costituzionale, con la storica sentenza n. 58 del 1995, ha dichiarato l’incostituzionalità della norma nella parte in cui rendeva l’espulsione una conseguenza automatica della condanna, senza un accertamento della pericolosità sociale in concreto.

La Cassazione, richiamando questo principio, ha chiarito che l’espulsione è una misura di sicurezza personale che incide profondamente sulla libertà individuale, un diritto inviolabile riconosciuto dall’art. 13 della Costituzione. Pertanto, la sua applicazione non può mai essere automatica, ma deve essere sempre subordinata a una valutazione discrezionale e motivata del giudice. Il giudice deve accertare, sulla base dei criteri indicati dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo), se l’imputato sia socialmente pericoloso.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso del Procuratore Generale. Ha evidenziato che il giudice di primo grado ha completamente ignorato la questione dell’espulsione dello straniero, omettendo qualsiasi valutazione sia nel dispositivo che nella motivazione della sentenza. Questo silenzio costituisce un vizio di “mancanza di motivazione”.

La Corte ha precisato che le considerazioni svolte dal Tribunale per negare le attenuanti generiche o la sospensione condizionale della pena (relative alla “preoccupante e radicale indifferenza” dell’imputato e alla violazione delle misure cautelari) non sono sufficienti a colmare questa lacuna. Anzi, proprio tali elementi avrebbero dovuto spingere il giudice a un’esplicita valutazione sulla pericolosità sociale ai fini dell’applicazione della misura di sicurezza.

Non è ammissibile, secondo la Cassazione, una “motivazione implicita” di rigetto. L’obbligo di motivazione sussiste sempre, sia quando il giudice decide di applicare la misura, sia quando decide di non applicarla. L’omissione totale di questa valutazione viola la legge e impone l’annullamento della decisione.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma solo limitatamente al punto dell’omessa pronuncia sull’espulsione. Ha rinviato il caso al Tribunale di Bergamo, in diversa composizione, affinché proceda a un nuovo giudizio su questo specifico aspetto. La parte della sentenza relativa all’affermazione della responsabilità penale dell’imputato è stata invece dichiarata irrevocabile.

Questa decisione rafforza un principio di garanzia fondamentale: ogni provvedimento che limita la libertà personale, inclusa l’espulsione di un cittadino straniero, deve essere fondato su una valutazione individualizzata e concreta della pericolosità del soggetto, espressa attraverso una motivazione chiara e completa. Non sono ammesse scorciatoie né automatismi.

L’espulsione di un cittadino straniero condannato per reati di droga è automatica?
No. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 58 del 1995, l’espulsione non è più una conseguenza automatica della condanna. È una misura di sicurezza che il giudice può applicare solo dopo aver accertato in concreto la pericolosità sociale della persona condannata.

Cosa deve fare il giudice prima di decidere sull’espulsione?
Il giudice ha l’obbligo di valutare la pericolosità sociale dell’imputato sulla base delle circostanze indicate dall’articolo 133 del codice penale (come la gravità del reato e la capacità a delinquere). Deve motivare esplicitamente la sua decisione, spiegando perché ritiene l’imputato socialmente pericoloso e quindi meritevole dell’espulsione, oppure perché non lo ritiene tale.

Cosa succede se un giudice non si pronuncia affatto sulla misura dell’espulsione?
Se il giudice omette completamente di valutare e decidere sull’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione, la sua sentenza è viziata per mancanza di motivazione. Tale vizio può essere denunciato tramite ricorso e, come nel caso di specie, comporta l’annullamento della sentenza su quel punto, con rinvio a un altro giudice per una nuova decisione in merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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