Espulsione Straniero: La Pericolosità Sociale va Provata con Fatti Concreti
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1994 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema delicato: i presupposti per l’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione straniero dal territorio dello Stato. La decisione sottolinea un principio fondamentale: tale misura non può essere automatica, ma deve fondarsi su una valutazione attenta e motivata della pericolosità sociale del condannato, basata su elementi concreti emersi nel processo.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine dalla decisione della Corte di Appello di L’Aquila, che aveva confermato una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Vasto nei confronti di un cittadino straniero. Oltre alla pena detentiva, era stata disposta la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato.
L’imputato era stato ritenuto colpevole di reati gravi, in particolare rapina e lesioni personali commesse ai danni di una persona anziana. Proprio la natura di questi reati è stata al centro della successiva valutazione dei giudici.
Il Ricorso in Cassazione e la Questione Legale
Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo di doglianza. Secondo la difesa, i giudici di merito non avevano adeguatamente motivato la decisione di applicare la misura dell’espulsione. In particolare, si lamentava la mancanza di una verifica concreta e specifica della pericolosità sociale dell’individuo, come richiesto dall’articolo 133 del codice penale. La tesi difensiva sosteneva che la misura fosse stata applicata quasi come una conseguenza automatica della condanna, senza un’analisi personalizzata del caso.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici supremi hanno chiarito che, secondo un orientamento consolidato, il giudice che applica l’espulsione straniero come misura di sicurezza deve accertare in concreto la sussistenza della pericolosità sociale del condannato e fornire una motivazione adeguata su questo punto.
Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la Corte di Appello si fosse pienamente conformata a tale principio. I giudici di secondo grado, infatti, avevano evidenziato elementi specifici del fatto-reato per giustificare la loro valutazione. Le modalità della rapina e le lesioni inflitte a una vittima vulnerabile (un soggetto anziano) sono state considerate elementi fattuali indicativi della pericolosità sociale dell’imputato. Non si è trattato, quindi, di un automatismo, ma di un giudizio ancorato alle circostanze concrete del reato commesso. La Corte ha concluso che la motivazione della sentenza impugnata era logica e sufficiente, rendendo il ricorso del tutto infondato.
Le Conclusioni
La sentenza ribadisce un principio di garanzia cruciale: le misure di sicurezza, specialmente quelle incidenti sulla libertà personale come l’espulsione, non possono derivare da presunzioni di pericolosità. Il giudice ha l’obbligo di effettuare una valutazione individualizzata, spiegando perché, nel caso specifico, ritiene che il condannato rappresenti un pericolo per la società. In questo contesto, le modalità e la gravità del reato commesso possono costituire un valido fondamento per tale giudizio. La decisione, pertanto, conferma che la pericolosità sociale può essere desunta direttamente dalla natura e dalle circostanze del crimine, a patto che il giudice lo espliciti chiaramente nella sua motivazione.
Quando può essere applicata la misura di sicurezza dell’espulsione a uno straniero?
Può essere applicata a seguito di una condanna per specifici reati, ma solo dopo che il giudice abbia accertato in concreto la pericolosità sociale del condannato e l’abbia adeguatamente motivata.
Come si valuta la pericolosità sociale per giustificare l’espulsione?
La valutazione non può essere astratta, ma deve basarsi su elementi specifici e concreti del fatto. Come nel caso di specie, la gravità del reato (rapina e lesioni a un anziano) può essere un elemento indicativo della pericolosità sociale.
Cosa succede se il ricorso contro l’espulsione è basato su motivi manifestamente infondati?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. Ciò comporta la conferma della decisione impugnata e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1994 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1994 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/03/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letto il parere del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
NOME
che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso lette le conclusioni scritte della difesa che ha insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza in data 17 marzo 2023, confermava la condanna alle pene di legge ed alla misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato pronunciata il 30 novembre 2020 dal Tribunale di Vasto nei confronti di COGNOME NOME.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato che, con unico motivo qui riassunto ex art. 173 disp.att. cod.proc.pen., lamentava violazione di legge e vizio di motivazione quanto all’accertamento in concreto della misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato mancando una verifica in concreto della pericolosit sociale effettuata ai sensi dell’art. 133 cod.pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è proposto per motivi manifestamente non fondati e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Ed invero, deve essere ricordato come secondo l’orientamento di questa Corte di cassazione in tema di misure di sicurezza, il giudice nell’emettere una sentenza di condanna a carico dello straniero per uno dei reati indicati nell’art. 86 d.P.R. n. 309 del 1990 deve, pri di applicare la misura dell’espulsione dal territorio dello Stato, accertare la sussistenza concreto della pericolosità del condannato e darne adeguata motivazione (Sez. 4, n. 24427 del 20/04/2018 Rv. 273743 – 01). Orbene, nel caso in esame, il giudice di appello appare essersi conformato a tale orientamento avendo, con le specifiche osservazioni svolte alle pagine 6-7 dell’impugnata sentenza, sottolineato quegli specifici elementi del fatto indicativi proprio de pericolosità sociale dell’imputato (rapina e lesioni personali ai danni di un soggetto anziano) Ne consegue la totale infondatezza del ricorso.
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 comma terzo cod.proc.pen.; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 6 cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 19 dicembre 2023