L’Espulsione dello Straniero Detenuto: Un Obbligo di Legge
L’ordinamento giuridico italiano prevede strumenti specifici per la gestione della popolazione carceraria, tra cui l’espulsione come misura alternativa alla detenzione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito i contorni applicativi di questa misura, sottolineando quando l’espulsione straniero detenuto non è una scelta discrezionale del giudice, ma un vero e proprio obbligo di legge. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere il bilanciamento tra esecuzione della pena e politiche migratorie.
I Fatti del Caso: Ricorso Contro l’Ordine di Espulsione
Un cittadino di nazionalità tunisina, detenuto per scontare una pena, si era opposto al provvedimento di espulsione dal territorio dello Stato emesso nei suoi confronti dal Magistrato di Sorveglianza. L’espulsione era stata disposta come misura alternativa, destinata a sostituire la restante parte della pena detentiva. L’opposizione del detenuto era stata rigettata dal Tribunale di Sorveglianza di Trento.
Contro tale decisione, il detenuto, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. La difesa sosteneva che la sua situazione personale non fosse stata adeguatamente considerata prima di disporre una misura così drastica come l’allontanamento dal territorio nazionale.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che le censure sollevate dal ricorrente fossero manifestamente infondate e, in gran parte, costituissero mere doglianze sui fatti, non ammissibili in sede di legittimità. Inoltre, le argomentazioni erano una semplice riproposizione di quelle già correttamente esaminate e respinte dal Tribunale di Sorveglianza.
La Suprema Corte ha quindi confermato la piena legittimità dell’ordinanza impugnata, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Quando l’espulsione dello straniero detenuto è obbligatoria?
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha giustificato l’inammissibilità del ricorso. I giudici hanno ribadito che l’espulsione prevista dall’art. 16, comma 5, del D.Lgs. 286/1998 è una misura atipica, di natura amministrativa, che ha come obiettivo primario quello di evitare il sovraffollamento carcerario.
La sua adozione diventa obbligatoria quando sono presenti tutte le condizioni fissate dalla legge. Nel caso specifico, il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente verificato la sussistenza di tali presupposti:
1. Pena da espiare: Il ricorrente doveva scontare una pena residua inferiore a due anni di reclusione.
2. Tipo di reato: La condanna non riguardava delitti ostativi all’espulsione, cioè crimini di particolare gravità che precludono l’accesso a benefici.
3. Status del condannato: Si trattava di un cittadino straniero identificato, ma irregolare sul territorio italiano.
4. Legami familiari: In Italia non risultavano parenti prossimi, ad eccezione di un lontano cugino, legame ritenuto non sufficiente a impedire la misura.
In presenza di questi elementi, la Corte ha specificato che il Tribunale non ha alcun potere discrezionale. La legge impone l’adozione del provvedimento, senza che il giudice possa compiere ulteriori valutazioni sull’opportunità della misura. La norma è chiara e la sua applicazione, una volta verificati i requisiti, è automatica.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale ben definito: l’espulsione come misura alternativa alla detenzione non è un beneficio concesso al detenuto, ma uno strumento gestionale dell’esecuzione penale finalizzato all’interesse pubblico di deflazionare gli istituti penitenziari. Per gli stranieri condannati a pene brevi, che non hanno un radicamento significativo in Italia e si trovano in condizione di irregolarità, questa misura rappresenta l’esito più probabile dell’esecuzione della pena. La decisione sottolinea come il legislatore abbia operato una scelta precisa, privilegiando l’allontanamento dello straniero irregolare rispetto alla sua permanenza in carcere per scontare pene di lieve entità.
Quando è obbligatoria l’espulsione di un detenuto straniero come misura alternativa?
L’espulsione è obbligatoria quando ricorrono tutte le condizioni previste dalla legge (art. 16, comma 5, D.Lgs. 286/1998): la pena da scontare deve essere inferiore a due anni, la condanna non deve riguardare reati ostativi e lo straniero deve essere irregolare sul territorio senza stretti legami familiari.
Il giudice di sorveglianza può decidere di non applicare l’espulsione anche se ci sono i presupposti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, in presenza delle condizioni fissate dalla legge, l’adozione del provvedimento di espulsione è obbligatoria. Il giudice non ha potere discrezionale per compiere valutazioni di opportunità diverse da quelle previste dalla norma.
Per quale motivo il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche sollevate erano considerate doglianze di fatto, cioè contestazioni sulla valutazione delle circostanze concrete, che non possono essere esaminate dalla Corte di Cassazione. Inoltre, le argomentazioni erano una ripetizione di quelle già correttamente respinte dal giudice precedente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2554 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2554 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 19/12/1985
avverso l’ordinanza del 09/07/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di TRENTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Premesso che con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Sorveglianza di Trento ha rigettato l’opposizione proposta dal detenuto NOME avverso il provvedimento di espulsione dal territorio dello Stato emesso il 24.01.2024 dal Magistrato di sorveglianza e che avverso l’indicata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore, chiedendone l’annullamento per violazione dell’art. 19 d. Igs. 25 luglio 1998, n.286 e vizio di motivazione.
Ritenuto che le censure dedotte, oltre a non essere consentite in sede di legittimità, essendo costituite da mere doglianze in punto di fatto, sono manifestamente infondate.
Considerato che dette censure sono, altresì, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Tribunale con l’ordinanza impugnata. Invero, in detta pronuncia si evidenzia che: – il ricorrente deve espiare una pena inferiore ad anni due di reclusione; – la condanna non riguarda delitti ostativi all’espulsione; – NOME è un cittadino tunisino identificato irregolare sul territorio dello Stato; – in Italia non risultano esserci parenti pross se non un lontano cugino; – non è possibile per il Tribunale compiere altre valutazioni di tipo discrezionale riguardo al ricorrere di tutti i presupposti di legge p l’espulsione.
Rilevato che secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’espulsione dello straniero condannato e detenuto in esecuzione di pena, prevista dall’art. 16, comma quinto, del d. Igs. 25 luglio 1998, n. 286, riservata alla competenza del giudice di sorveglianza ed avente natura amministrativa, costituisce un’atipica misura alternativa alla detenzione, finalizzata ad evitare il sovraffollamento carcerario, della quale è obbligatoria l’adozione in presenza delle condizioni fissate dalla legge, che nel caso risultano ricorrenti (Sez. 1, n. 45601 del 14/12/2010, COGNOME, Rv. 249175; Sez. 1, n. 17255 del 17/03/2008, COGNOME, Rv. 239623).
Osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammend Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.