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Espulsione straniero condannato: quando è legittima?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero contro l’ordinanza di espulsione emessa dal Tribunale di Sorveglianza. La Corte ha ribadito che l’espulsione straniero condannato è una misura alternativa alla detenzione, di natura obbligatoria quando sussistono i presupposti di legge e mancano cause ostative. Il ricorso è stato giudicato generico e manifestamente infondato, comportando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione Straniero Condannato: La Cassazione Conferma la Legittimità della Misura

L’espulsione straniero condannato rappresenta uno strumento giuridico di notevole importanza nel nostro ordinamento, configurandosi come una misura alternativa alla detenzione finalizzata a ridurre il sovraffollamento carcerario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui presupposti per la sua applicazione e sui limiti dell’impugnazione contro tale provvedimento.

Il Caso in Esame: Ricorso Contro l’Ordinanza di Espulsione

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un cittadino straniero, detenuto in esecuzione di una pena, avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Firenze che ne aveva disposto l’espulsione dal territorio nazionale. Il ricorrente lamentava un’errata interpretazione delle norme di riferimento, cercando di bloccare il provvedimento di allontanamento. La questione è giunta dinanzi alla Suprema Corte, chiamata a valutare la legittimità della decisione del giudice di sorveglianza.

La Disciplina dell’Espulsione dello Straniero Condannato

L’istituto in esame è previsto dall’articolo 16, comma 5, del D.Lgs. 286/1998 (Testo Unico sull’Immigrazione). Si tratta di una misura che, pur avendo natura amministrativa, viene disposta dal giudice di sorveglianza. La sua funzione principale è quella di sostituire la detenzione in carcere con l’allontanamento coattivo dello straniero, purché siano soddisfatte determinate condizioni legali. La Corte di Cassazione, nel provvedimento in analisi, la definisce una “atipica misura alternativa alla detenzione”.

L’adozione di questa misura non è discrezionale, ma diventa obbligatoria quando ricorrono i presupposti fissati dalla legge. Tuttavia, l’espulsione non può essere disposta se sussistono le cosiddette “cause ostative”, ovvero quelle particolari condizioni, elencate nell’articolo 19 dello stesso decreto, che tutelano lo straniero da rischi di persecuzione o trattamenti inumani e degradanti nel Paese di origine.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Le motivazioni della decisione si fondano su tre pilastri fondamentali:

1. Genericità e Infondatezza del Ricorso: I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati dal ricorrente non superassero il vaglio di ammissibilità a causa della loro genericità, aspecificità e manifesta infondatezza. In sostanza, le argomentazioni erano basate su una palese errata interpretazione della normativa applicabile.
2. Correttezza dell’Operato del Tribunale di Sorveglianza: La Suprema Corte ha stabilito che il Tribunale di Sorveglianza aveva agito in piena coerenza con il dettato normativo. Il giudice di primo grado aveva infatti correttamente esaminato le prove, verificando in concreto l’insussistenza delle condizioni ostative all’espulsione che erano state prospettate dal ricorrente.
3. Obbligatorietà della Misura: La decisione ribadisce un principio consolidato: l’espulsione straniero condannato è una misura obbligatoria qualora siano presenti le condizioni di legge e, al contempo, sia stata accertata l’assenza di cause ostative. Non vi è quindi spazio per una valutazione discrezionale da parte del giudice.

Le Conclusioni: Inammissibilità e Condanna alle Spese

In conseguenza della manifesta infondatezza e della genericità dei motivi, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa declaratoria ha comportato non solo la conferma del provvedimento di espulsione, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, richiamando un principio affermato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 186 del 2000), la Cassazione ha condannato il ricorrente a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per la colpa connessa all’aver proposto un’impugnazione palesemente priva di fondamento. Questa decisione sottolinea l’importanza di presentare ricorsi basati su argomentazioni giuridiche solide e pertinenti, per non incorrere in sanzioni che si aggiungono all’esito negativo del giudizio.

L’espulsione dello straniero condannato è una scelta discrezionale del giudice?
No, secondo la Corte l’adozione di questa misura è obbligatoria quando sussistono le condizioni previste dalla legge (art. 16, comma 5, d.lgs. 286/1998) e non ricorre alcuna delle cause ostative indicate nell’art. 19 dello stesso decreto.

Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione ritenuto generico e infondato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver avviato un’impugnazione priva di seri motivi.

Qual è la finalità dell’espulsione come misura alternativa alla detenzione?
La misura è finalizzata a evitare il sovraffollamento carcerario, costituendo un’atipica misura alternativa alla detenzione che sostituisce l’esecuzione della pena in carcere con l’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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