Espulsione Straniero Condannato: La Cassazione Conferma la Legittimità della Misura
L’espulsione straniero condannato rappresenta uno strumento giuridico di notevole importanza nel nostro ordinamento, configurandosi come una misura alternativa alla detenzione finalizzata a ridurre il sovraffollamento carcerario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui presupposti per la sua applicazione e sui limiti dell’impugnazione contro tale provvedimento.
Il Caso in Esame: Ricorso Contro l’Ordinanza di Espulsione
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un cittadino straniero, detenuto in esecuzione di una pena, avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Firenze che ne aveva disposto l’espulsione dal territorio nazionale. Il ricorrente lamentava un’errata interpretazione delle norme di riferimento, cercando di bloccare il provvedimento di allontanamento. La questione è giunta dinanzi alla Suprema Corte, chiamata a valutare la legittimità della decisione del giudice di sorveglianza.
La Disciplina dell’Espulsione dello Straniero Condannato
L’istituto in esame è previsto dall’articolo 16, comma 5, del D.Lgs. 286/1998 (Testo Unico sull’Immigrazione). Si tratta di una misura che, pur avendo natura amministrativa, viene disposta dal giudice di sorveglianza. La sua funzione principale è quella di sostituire la detenzione in carcere con l’allontanamento coattivo dello straniero, purché siano soddisfatte determinate condizioni legali. La Corte di Cassazione, nel provvedimento in analisi, la definisce una “atipica misura alternativa alla detenzione”.
L’adozione di questa misura non è discrezionale, ma diventa obbligatoria quando ricorrono i presupposti fissati dalla legge. Tuttavia, l’espulsione non può essere disposta se sussistono le cosiddette “cause ostative”, ovvero quelle particolari condizioni, elencate nell’articolo 19 dello stesso decreto, che tutelano lo straniero da rischi di persecuzione o trattamenti inumani e degradanti nel Paese di origine.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Le motivazioni della decisione si fondano su tre pilastri fondamentali:
1. Genericità e Infondatezza del Ricorso: I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati dal ricorrente non superassero il vaglio di ammissibilità a causa della loro genericità, aspecificità e manifesta infondatezza. In sostanza, le argomentazioni erano basate su una palese errata interpretazione della normativa applicabile.
2. Correttezza dell’Operato del Tribunale di Sorveglianza: La Suprema Corte ha stabilito che il Tribunale di Sorveglianza aveva agito in piena coerenza con il dettato normativo. Il giudice di primo grado aveva infatti correttamente esaminato le prove, verificando in concreto l’insussistenza delle condizioni ostative all’espulsione che erano state prospettate dal ricorrente.
3. Obbligatorietà della Misura: La decisione ribadisce un principio consolidato: l’espulsione straniero condannato è una misura obbligatoria qualora siano presenti le condizioni di legge e, al contempo, sia stata accertata l’assenza di cause ostative. Non vi è quindi spazio per una valutazione discrezionale da parte del giudice.
Le Conclusioni: Inammissibilità e Condanna alle Spese
In conseguenza della manifesta infondatezza e della genericità dei motivi, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa declaratoria ha comportato non solo la conferma del provvedimento di espulsione, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, richiamando un principio affermato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 186 del 2000), la Cassazione ha condannato il ricorrente a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per la colpa connessa all’aver proposto un’impugnazione palesemente priva di fondamento. Questa decisione sottolinea l’importanza di presentare ricorsi basati su argomentazioni giuridiche solide e pertinenti, per non incorrere in sanzioni che si aggiungono all’esito negativo del giudizio.
L’espulsione dello straniero condannato è una scelta discrezionale del giudice?
No, secondo la Corte l’adozione di questa misura è obbligatoria quando sussistono le condizioni previste dalla legge (art. 16, comma 5, d.lgs. 286/1998) e non ricorre alcuna delle cause ostative indicate nell’art. 19 dello stesso decreto.
Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione ritenuto generico e infondato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver avviato un’impugnazione priva di seri motivi.
Qual è la finalità dell’espulsione come misura alternativa alla detenzione?
La misura è finalizzata a evitare il sovraffollamento carcerario, costituendo un’atipica misura alternativa alla detenzione che sostituisce l’esecuzione della pena in carcere con l’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5334 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5334 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 04/04/1993
avverso l’ordinanza del 13/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata.
Rilevato che i motivi di ricorso dedotti da NOME COGNOME non superano il vaglio ammissibilità per la loro genericità, aspecificità e comunque per la manifesta infondatez perché fondati su una errata interpretazione delle norme di riferimento.
Osservato in particolare che l’espulsione dello straniero condannato e detenuto in esecuzione di pena, prevista dall’art. 16, comma 5, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, riser alla competenza del giudice di sorveglianza ed avente natura amministrativa, costituisc un’atipica misura alternativa alla detenzione, finalizzata ad evitare il sovraffollamento carcer della quale è obbligatoria l’adozione in presenza delle condizioni fissate dalla legge e fatta la ricorrenza di una tra le cause ostative previste dal successivo art. 19 del medesimo ples normativo (Sez. 1, n. 45601 del 14/12/2010, COGNOME, Rv. 249175).
Ritenuto che, nel caso che ci occupa, il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha adottat la decisione impugnata senza incorrere in deficit logici di sorta e operato in piena coerenza il dettato normativo, cioè traendo spunto dalle evidenze istruttorie e verificando in concreto, luce di tutti gli elementi disponibili, l’effettiva insussistenza delle prospettate condizion alla espulsione.
Ritenuto, dunque, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che a dett declaratoria segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.