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Espulsione straniero condannato: i limiti del giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero contro l’ordinanza di espulsione come misura alternativa alla detenzione. La Corte ha chiarito che l’espulsione straniero condannato è una misura obbligatoria in presenza dei presupposti di legge, a meno che non sussistano comprovate cause ostative, come legami familiari effettivi e non meramente asseriti in modo generico.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione Straniero Condannato: Quando i Legami Familiari non Bastano

L’istituto dell’espulsione straniero condannato come misura alternativa alla detenzione rappresenta un punto di equilibrio tra l’esigenza di controllo dei flussi migratori, la gestione del sovraffollamento carcerario e la tutela dei diritti fondamentali della persona. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini e le condizioni di applicabilità di questa misura, sottolineando come la semplice affermazione di legami familiari sul territorio nazionale non sia sufficiente a bloccarla se non supportata da prove concrete.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero, detenuto in esecuzione di una pena, proponeva ricorso contro l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che disponeva la sua espulsione dal territorio italiano come misura alternativa alla detenzione. A sostegno del suo ricorso, l’interessato adduceva l’esistenza di legami familiari in Italia, in particolare la presenza della sorella e una recente relazione sentimentale con una cittadina italiana. Tali legami, a suo dire, costituivano una causa ostativa all’espulsione, in quanto avrebbero violato il suo diritto alla vita privata e familiare.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. Secondo gli Ermellini, il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente applicato la normativa, valutando in concreto tutti gli elementi disponibili e concludendo per l’insussistenza di una condizione ostativa all’espulsione. Le allegazioni del ricorrente sui suoi legami affettivi sono state giudicate “affatto generiche e non circostanziate”, e quindi non idonee a superare i presupposti per l’applicazione della misura.

Le Motivazioni: la natura dell’espulsione straniero condannato

La Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi che regolano l’espulsione straniero condannato ai sensi dell’art. 16, comma 5, del d.lgs. 286/1998. La misura non ha natura di sanzione penale, ma di provvedimento amministrativo, la cui finalità principale è deflazionare la popolazione carceraria. La sua adozione è obbligatoria quando sussistono le condizioni di legge, salvo la presenza di specifiche cause ostative.

La normativa, in particolare l’art. 19 dello stesso decreto, tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare dello straniero. Il giudice, prima di disporre l’espulsione, deve quindi operare un bilanciamento, tenendo conto di:

* La natura e l’effettività dei vincoli familiari.
* L’effettivo inserimento sociale in Italia.
* La durata del soggiorno nel territorio nazionale.
* L’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il paese di origine.

Nel caso specifico, la Corte ha evidenziato che il ricorrente non aveva fornito alcuna prova concreta della profondità e stabilità dei legami affettivi menzionati. La semplice presenza di una sorella o l’inizio di una relazione sentimentale, se non debitamente documentate e circostanziate, non integrano automaticamente la causa ostativa prevista dalla legge. Il giudice di sorveglianza ha quindi agito correttamente, basando la sua decisione sull’assenza di elementi concreti che dimostrassero un radicamento tale da rendere l’allontanamento una violazione del diritto alla vita familiare.

Infine, la Corte ha precisato un punto fondamentale: per l’applicazione di questa misura non è richiesto il consenso del condannato.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: la tutela della vita familiare, pur essendo un diritto fondamentale, non costituisce un ostacolo assoluto all’espulsione. Affinché possa bloccare la misura alternativa, il legame affettivo deve essere effettivo, stabile e dimostrato con elementi concreti. Spetta allo straniero fornire al giudice le prove necessarie a dimostrare il suo radicamento sociale e familiare nel territorio italiano. In assenza di tale prova, e in presenza dei presupposti di legge, il giudice è tenuto a disporre l’espulsione come misura finalizzata a ridurre il sovraffollamento carcerario, senza che il consenso dell’interessato sia rilevante.

Quando può essere disposta l’espulsione di uno straniero condannato come alternativa al carcere?
L’espulsione può essere disposta dal giudice di sorveglianza per lo straniero detenuto che si trovi in una delle condizioni previste dall’art. 13, comma 2, del d.lgs. 286/1998 (es. ingresso irregolare, soggiorno oltre i termini), a condizione che non sussistano cause ostative, come quelle relative a rischi di persecuzione o alla violazione del diritto alla vita familiare.

La presenza di familiari in Italia impedisce sempre l’espulsione dello straniero condannato?
No, non sempre. La legge richiede al giudice di valutare la natura e l’effettività dei vincoli familiari, l’inserimento sociale e la durata del soggiorno. Come chiarito dalla Corte, i legami devono essere provati in modo concreto e non solo genericamente affermati per costituire un ostacolo all’espulsione.

È necessario il consenso dello straniero per procedere con l’espulsione come misura alternativa?
No. L’ordinanza specifica chiaramente che l’espulsione quale misura alternativa alla detenzione può essere disposta anche senza il consenso del condannato, trattandosi di un provvedimento la cui adozione è obbligatoria in presenza dei presupposti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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