Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9224 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9224 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 9/06/1972
avverso la sentenza del 31/05/2024 del Tribunale di Firenze
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; lette le conclusioni del difensore, Avv. A. COGNOME fatte pervenire il 27 novembre 2024, con le quali ha chiesto l’accoglimento d el ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, il Tribunale di Firenze con funzione di appello, ha confermato la condanna, resa dal Giudice di pace in sede con provvedimento del 22 marzo 2023, nei confronti di NOMECOGNOME alla pena di euro trentamila di multa, sostituita con l’espulsione dal territorio nazionale per 5 anni, in relazione al reato di cui all’art. 14, comma 5quater, d. lgs. n. 286 del 1998.
Avverso detto provvedimento ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite de l difensore, denunciando con un unico
motivo, vizio di motivazione nonché inosservanza ed erronea applicazione di legge penale, in relazione all ‘ intervenuta sostituzione della pena pecuniaria con l’espulsione dal territorio nazionale.
La difesa contesta la mancanza di motivazione in relazione all’avvenuta sostituzione. Il primo giudice aveva disposto la sostituzione senza verificare la ricorrenza di situazioni impeditive dell’esecuzione immediata dell’espulsione alla cui insussistenza la sostituzione è, comunque, subordinata. Il giudice d’appello ha rigettato il gravame ritenendo che dagli atti del processo non emergano ostacoli all’espulsione.
Il ricorrente richiama Sez. 1, n. 27604 del 17 maggio 2013 secondo la quale, in caso di condanna per la contravvenzione di illegale ingresso o soggiorno nel territorio dello Stato, l’applicazione dell’espulsione in sostituzione della pena pecuniaria è subordinata al rispetto delle indicazioni contenute nell’art. 7 della Direttiva comunitaria n. 15 del 2008.
Va, di conseguenza, verificato in concreto il pericolo di fuga e di sottrazione del condannato alla procedura di rimpatrio.
Si deduce che, nel caso in esame, il giudice si sarebbe limitato a fare riferimento ai precedenti giudiziari, senza specificare la concretezza del pericolo di fuga e di sottrazione dell’imputato alla misura del rimpatrio.
Entrambi i giudici di merito, a parere del ricorrente, non avrebbero compiuto le prescritte e necessarie valutazioni sulla proporzionalità della inferenza dello Stato sul diritto alla vita familiare, avuto riguardo alla gravità del reato commesso, alla durata del soggiorno del Paese da cui l’individuo viene espulso, alla sua situazione familiare, all’esistenza di figli e alla loro età.
Si tratta di evidente vizio di motivazione che deve condurre all’annullamento della sentenza impugnata.
3. Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire richieste scritte, con le quali ha concluso chiedendo il rigetto, ai sensi degli artt. 614, 611 cod. proc. pen., come modificato dall’ art. 11, commi 2, lettere a), b), c) e 3 del d.l. 29 giugno 2024, n. 89, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 120, in assenza di tempestiva richiesta di trattazione in pubblica udienza partecipata.
Il difensore, avv. NOME COGNOME ha fatto pervenire, con p.e.c. del 27 novembre 2024, richieste scritte, con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
1.1. Va premesso che la sanzione sostitutiva applicata, nel caso in esame, all’esito del giudizio di cognizione, è quella dell’espulsione sostitutiva, ai sensi dell’art. 16 TU Imm.
Detto articolo prevede che il giudice possa -ove ritenga di dover irrogare allo straniero, che si trovi in una delle situazioni indicate nel precedente art. 13, comma 2, la pena detentiva entro il limite di due anni e non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena -possa sostituire la medesima pena con la misura dell’espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni, e che il giudice possa ugualmente procedere alla sostituzione della pena con la medesima misura nel pronunciare sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 10bis del medesimo decreto, qualora non ricorrano le cause ostative indicate nel successivo art. 14, comma 1, che impediscono l’esecuzione immediata dell’espulsione con accompagnamento alla frontiera, a mezzo della forza pubblica.
Il comma 1bis , dell’art. 16, introdotto dall’art. 3, comma 1 lett. b) della legge 30 ottobre 2014, n. 161, stabilisce che la misura dell’espulsione a seguito di sentenza di condanna per i reati di cui all’art. 10bis o all’art. 14, commi 5ter e 5quater “può essere disposta per la durata stabilita dall’art. 13, comma 14”, mentre, nella seconda parte, prevede che “negli altri casi di cui al comma 1, la misura dell’espulsione può essere disposta per un periodo non inferiore a cinque anni”.
In tal modo, la disposizione normativa ha introdotto una regolamentazione differenziata, quanto all’individuazione dei periodi di vigenza del divieto di reingresso nel paese del condannato straniero espulso, in funzione della tipologia di fattispecie penale per la quale è intervenuta condanna e della natura, penale o amministrativa, della misura di allontanamento coatto dello straniero.
Nelle situazioni indicate nella prima proposizione del comma 1bis, il rinvio al disposto dell’art. 13, comma 14, comporta che la durata dell’espulsione è stabilita in una misura compresa tra ì due limiti temporali, minimo di tre anni e massimo di cinque anni; qualora, invece, con la condanna sia pronunciata l’espulsione previo accertamento di responsabilità per reati diversi dalle violazioni del TU Imm., la seconda proposizione della norma specifica soltanto la durata minima dell’espulsione che non può essere inferiore a cinque anni.
La limitazione a soli cinque anni dell’efficacia dell’espulsione, ostativa al rientro nel Paese dal quale lo straniero sia stato coattivamente allontanato, è, dunque, riferibile soltanto all’espulsione disposta in via amministrativa, come indicato chiaramente nell’intitolazione dell’art. 13 TU Imm., richiamato dal successivo art. 16, quindi non è applicabile ai casi in cui il provvedimento sia adottato in sostituzione della pena detentiva, quale sanzione penale, ipotesi per la quale sussiste la specifica regolamentazione contenuta nel citato art. 16 (in tal
senso, Sez. 1, n. 33799 del 09/05/2014, Nonaj, Rv. 261467; Sez. 1, n. 35626 del 9/10/2002, Wajib, Rv. 222333).
Questa Corte si è più volte espressa sulla compatibilità della previsione normativa di cui al l’art. 10 -bis cit. con la direttiva della Commissione CEE 2008/115/UE, così come interpretata dalla Corte di Giustizia con la sentenza 6 dicembre 2012 C-430/11, COGNOME e con l’ordinanza 21 marzo 2013 C-522/11, COGNOME e ha condivisibilmente rimarcato che la fattispecie contravvenzionale non comporta alcun intralcio alla finalità primaria, perseguita dalla stessa direttiva, che è di agevolare e assecondare l’uscita dal territorio nazionale degli stranieri extracomunitari privi di valido titolo di permanenza, e non è in contrasto con l’art. 7, par. 1, della medesima direttiva, che, nel porre un termine compreso tra i sette e i trenta giorni per la partenza volontaria del cittadino di paese terzo, non per questo trasforma da irregolare a regolare la permanenza dello straniero nel territorio dello Stato (Sez. 1, n. 45544 del 15/09/2015, Ahmed, Rv. 265233; Sez. 1, n. 951 del 22/11/2011, dep. 13/01/2012, Gueye, Rv. 251671 e altre successive tutte in relazione al citato art. 10bis ).
La giurisprudenza in questione richiama interventi della Corte di Giustizia della Unione Europea (sent. 6 dicembre 2011, Causa C-329/11; sent. 6 dicembre 2012, causa C-430/11, sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta, nel procedimento penale a carico di COGNOME, dal Tribunale di Rovigo) che ha sostenuto , tra l’altro, che l’interpretazione della direttiva deve procedere nel senso che essa non osta alla normativa di uno Stato membro, come quella dell’ordinamento italiano, che sanziona il soggiorno irregolare di cittadini di Paesi terzi con una pena pecuniaria sostituibile con l’espulsione. Con successiva ordinanza del 21 marzo 2013 (causa C- 522/11), resa sulla domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta, nel procedimento penale a carico di NOME COGNOME dal Giudice di pace di Lecce, la Corte ha ribadito tale orientamento e ha puntualizzato che la facoltà di sostituzione della pena dell’ammenda con l’espulsione può essere esercitata solo se la situazione dell’interessato corrisponda a una di quelle previste dall’art. 7, par. 4, di tale direttiva, alla cui stregua è consentito agli Stati membri di astenersi dal concedere un termine per la partenza volontaria, in particolare quando sussiste il rischio che l’interessato si dia alla fuga al fine di sottrarsi alla procedura di rimpatrio.
1.2. Nel caso al vaglio, la condotta posta in essere dal ricorrente, per la quale riportato condanna a pena pecuniaria (euro trentamila di multa) sostituita dall’espulsione per cinque anni , consiste nella violazione del decreto di espulsione, emesso ai sensi dell’art. 14 , comma 5quater , TU. Imm.
La condanna, dunque, è sostituibile con l’espulsione coattiva di cui all’ art. 16 cit., per i periodi ivi indicati in relazione al titolo di reato.
La giurisprudenza richiamata dal ricorrente, effettivamente relativa, come notato dal Sostituto Procuratore generale, alla contravvenzione di cui al 10bis cit., va applicata, dunque, per quanto sin qui esposto al § 1.1., anche al caso di specie perché si riferisce alla sostituzione della pena pecuniaria irrogata, per il reato sopra indicato, con l’espulsione sostitutiva ex art. 16 cit.
Dunque, come dedotto dalla difesa, sussiste la necessità che il giudice di merito motivi sulla sussistenza dei presupposti dell’espulsione , così come individuati dalla normativa anche sovraordinata.
Orbene, nel caso al vaglio, emerge che il giudice di appello ha segnalato che l’imputato è stato identificato in modo certo, tramite il suo passaporto tunisino, già richiamato nel decreto prefettizio del 12 agosto 2018, ma che risulta non aver ottemperato a precedenti provvedimenti di espulsione e di allontanamento.
Dunque, il giudice ha valutato, con motivazione succinta ma, comunque, esauriente e non manifestamente illogica, la pericolosità e il rischio di fuga dell’imputato, valorizzando, all’uopo i suoi precedenti penali e giudiziari, come del resto aveva fatto il primo giudice e come conferma il certificato penale in atti (dal quale risultano plurimi precedenti penali, anche per rapina ed evasione nonché per violazione delle norme di cui al TU Imm.). Tanto, evidentemente, assegnando decisivo rilievo, ai fini della disposta espulsione sostitutiva, alla pericolosità del ricorrente e al rischio che l’interessato si dia alla fuga al fine di sottrarsi alla procedura di rimpatrio.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 5 dicembre 2024