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Espulsione sanzione sostitutiva: legami familiari

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un cittadino straniero contro l’ordinanza che disponeva la sua espulsione come sanzione sostitutiva. La decisione si fonda sulla corretta valutazione del Tribunale di Sorveglianza, che aveva accertato la totale assenza di legami familiari e di prospettive di risocializzazione del soggetto in Italia, unita alla sua pericolosità sociale derivante dalla gravità del reato commesso.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione Sanzione Sostitutiva: Quando la Mancanza di Legami Familiari Giustifica la Misura?

L’espulsione sanzione sostitutiva rappresenta uno strumento giuridico che consente di sostituire una pena detentiva breve con l’allontanamento dal territorio nazionale di un cittadino straniero condannato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri fondamentali per la sua applicazione, sottolineando l’importanza della valutazione dei legami familiari e sociali del condannato in Italia. Analizziamo insieme questa importante decisione per comprendere meglio i principi che la governano.

I Fatti del Caso

Il caso in esame riguarda un cittadino straniero condannato per un reato, per il quale era stata disposta l’espulsione come sanzione in sostituzione della detenzione. L’uomo si era opposto a tale provvedimento davanti al Tribunale di Sorveglianza di Genova, lamentando un vizio di motivazione. Tuttavia, il Tribunale aveva respinto la sua opposizione, confermando la misura espulsiva.

Non soddisfatto della decisione, il condannato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, contestando nuovamente le motivazioni addotte dal giudice di primo grado e cercando di ottenere un annullamento dell’ordinanza impugnata.

L’Opposizione all’Espulsione Sanzione Sostitutiva e le Doglianze

Nel suo ricorso, l’interessato sosteneva che il Tribunale di Sorveglianza non avesse valutato correttamente la sua situazione personale e sociale, insistendo sul fatto che l’espulsione fosse una misura sproporzionata. Le sue lamentele, tuttavia, sono state qualificate dalla Cassazione come mere doglianze di fatto, ovvero un tentativo di rimettere in discussione l’apprezzamento delle prove già compiuto dal giudice precedente, attività non consentita in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La motivazione dell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza è stata ritenuta adeguata, logica e priva di contraddizioni. I giudici di legittimità hanno evidenziato come il Tribunale avesse correttamente basato la sua decisione su tre pilastri fondamentali:

1. Assenza di Stabili Legami Familiari: È emerso che il condannato era privo di qualsiasi legame familiare stabile in Italia. Questo dato è stato supportato da prove concrete, come l’assenza totale di colloqui in carcere con parenti e l’ammissione dello stesso ricorrente di non aver mai convissuto con familiari prima del suo arresto.

2. Pericolosità Sociale: La pericolosità sociale del soggetto è stata desunta non solo dalla gravità del reato per cui era stato condannato, ma anche da un quadro complessivo che non offriva garanzie.

3. Mancanza di Prospettive di Risocializzazione: Il Tribunale aveva rilevato una totale assenza di opportunità lavorative o di altri percorsi che potessero favorire un reinserimento positivo del condannato nella società italiana.

La Cassazione ha pertanto concluso che il ricorrente stava tentando di ottenere una nuova e diversa valutazione degli elementi processuali, un’operazione inammissibile in quella sede, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare i fatti.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza è stata confermata. La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, con due importanti conseguenze per il ricorrente:

* Condanna alle Spese Processuali: Come di prassi in caso di soccombenza, è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento.
* Versamento alla Cassa delle Ammende: A causa della manifesta infondatezza del ricorso, che denota una colpa nella sua proposizione, è stato inoltre condannato al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione ha lo scopo di disincentivare ricorsi palesemente dilatori o infondati.

Questa decisione ribadisce con forza un principio chiave: l’applicazione dell’espulsione sanzione sostitutiva richiede una valutazione attenta e concreta del radicamento sociale e familiare dello straniero sul territorio nazionale. In assenza di tali legami, e in presenza di una conclamata pericolosità sociale, la misura espulsiva è considerata uno strumento legittimo ed efficace.

Per quale motivo il ricorso contro l’espulsione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha stabilito che le lamentele del ricorrente erano di mero fatto e che il Tribunale di Sorveglianza aveva già esaminato in modo adeguato e non contraddittorio tutti gli aspetti della sua situazione personale.

Quali fattori sono stati decisivi per confermare la sanzione sostitutiva dell’espulsione?
I fattori decisivi sono stati tre: 1) la totale assenza di stabili legami familiari in Italia, dimostrata dalla mancanza di colloqui in carcere e dall’ammissione di non aver mai convissuto con parenti; 2) la pericolosità sociale del soggetto, desunta dalla gravità del reato commesso; 3) la mancanza di opportunità lavorative o di percorsi di risocializzazione.

Oltre alla conferma dell’espulsione, quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa riscontrata nella proposizione di un ricorso privo di fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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