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Espulsione sanzione alternativa: no a doppia pena

Un cittadino straniero, sottoposto a espulsione sanzione alternativa, era rientrato in Italia prima del termine di 10 anni. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale rientro, anche se non penalmente punibile per assenza dell’elemento soggettivo, comporta automaticamente la revoca della misura dell’espulsione e il ripristino della pena detentiva originaria. È illegittimo, pertanto, disporre sia il ripristino della detenzione sia una nuova esecuzione dell’espulsione, poiché ciò violerebbe il principio del ‘ne bis in idem’ (divieto di doppia punizione).

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione come Sanzione Alternativa: Il Rientro Illegale Fa Rivivere il Carcere, Non la Doppia Pena

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7703 del 2024, ha fornito un chiarimento cruciale sulla disciplina dell’espulsione sanzione alternativa. Il principio affermato è netto: se il condannato straniero rientra illegalmente in Italia prima del termine previsto dalla legge, la pena detentiva originaria viene ripristinata, ma non si può applicare una seconda volta la misura dell’espulsione. Questa decisione rafforza il principio del ne bis in idem, ovvero il divieto di essere puniti due volte per lo stesso fatto. Analizziamo insieme la vicenda per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso: Un Errore Giudiziario e un Rientro Anticipato

La vicenda riguarda un cittadino straniero condannato a una pena detentiva. In sostituzione della detenzione, il Magistrato di Sorveglianza aveva disposto l’espulsione dal territorio nazionale, indicando erroneamente in 5 anni il periodo dopo il quale, in assenza di rientro illegittimo, la pena si sarebbe estinta. La legge, invece, prevede un termine di 10 anni.

Forte di questa indicazione errata, lo straniero rientrava in Italia. A seguito di un controllo, le autorità accertavano il suo reingresso non autorizzato. Di conseguenza, il Magistrato di Sorveglianza revocava il precedente decreto di espulsione. Il caso giungeva dinanzi al Tribunale di Sorveglianza, il quale, pur correggendo l’errore sulla durata (portandola a 10 anni), ordinava di dare nuovamente corso all’espulsione, nonostante la pena detentiva originaria fosse già stata ripristinata. Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione, lamentando una duplicazione della pena.

La Disciplina dell’Espulsione Sanzione Alternativa

L’articolo 16 del D.Lgs. 286/1998 disciplina l’espulsione sanzione alternativa. Questa misura consente al giudice di sostituire una pena detentiva fino a due anni con l’espulsione dello straniero per un periodo non inferiore a cinque anni. Il comma 8 dello stesso articolo è cruciale: stabilisce che la pena si estingue dopo dieci anni dall’esecuzione dell’espulsione, a condizione che lo straniero non sia rientrato illegalmente nel territorio dello Stato. In caso di rientro illegittimo prima di tale termine, lo stato di detenzione viene ripristinato e riprende l’esecuzione della pena.

Questo meccanismo normativo delinea una chiara alternativa: o lo straniero rispetta il divieto di reingresso e ottiene l’estinzione della pena, oppure viola il divieto e torna a scontare la pena detentiva originaria.

Le Motivazioni della Cassazione: No alla Duplicazione della Pena

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Il ragionamento dei giudici supremi è lineare e si fonda su una corretta interpretazione della legge. La norma prevede che il rientro illegittimo determini la ‘reviviscenza’ della pena detentiva. Questa conseguenza è automatica e indefettibile. L’ordinamento ha già previsto la sanzione per il comportamento dello straniero che viola l’espulsione: il ritorno in carcere per scontare il residuo pena.

Il Tribunale di Sorveglianza, invece, ha errato nel disporre nuovamente l’esecuzione dell’espulsione. Così facendo, ha di fatto duplicato la risposta punitiva dello Stato: da un lato il ripristino della detenzione, dall’altro una nuova espulsione. Questo contrasta palesemente con il principio del ne bis in idem.

È interessante notare che, nel caso specifico, lo straniero era stato assolto dal reato di reingresso clandestino per difetto dell’elemento soggettivo (in sostanza, si era fidato dell’errata indicazione dei 5 anni). Tuttavia, la Cassazione ha precisato che tale assoluzione non incide sulla natura contra legem (oggettivamente illegittima) del suo rientro, che rimane il presupposto sufficiente per far scattare il ripristino della pena carceraria.

Le Conclusioni: Un Principio di Coerenza Punitiva

La sentenza in commento riafferma un principio di logica e coerenza del sistema sanzionatorio. Lo Stato, di fronte alla violazione del divieto di reingresso, non può punire due volte. La legge offre una scelta chiara: la pena detentiva viene ripristinata proprio perché la misura alternativa dell’espulsione ha fallito il suo scopo. È quindi illegittimo imporre al condannato sia l’esecuzione della pena detentiva originaria sia una nuova espulsione. La decisione della Cassazione, annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata, chiarisce che l’unica conseguenza del rientro illegittimo è la ripresa dell’esecuzione della pena detentiva, escludendo qualsiasi ulteriore sanzione.

Cosa succede se uno straniero, espulso come sanzione alternativa, rientra illegalmente in Italia prima di 10 anni?
La sanzione sostitutiva dell’espulsione viene revocata e si ripristina lo stato di detenzione per scontare la pena originaria residua.

Se la pena detentiva viene ripristinata, si deve comunque procedere con l’espulsione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che ripristinare la pena detentiva e disporre nuovamente l’espulsione costituirebbe una duplicazione della sanzione, vietata dal principio del ‘ne bis in idem’.

L’assoluzione dal reato di reingresso clandestino per ‘buona fede’ impedisce il ripristino della pena detentiva?
No. Anche se la persona viene assolta dal reato specifico per difetto dell’elemento soggettivo, il suo rientro rimane oggettivamente illegittimo (‘contra legem’), e questo è sufficiente per far ‘rivivere’ la pena detentiva originaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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