Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34763 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34763 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/06/2024
SENTENZA
sui ricorsc proposto da:
INDIRIZZO (INDIRIZZO (CUI 04KS90S) nato il DATA_NASCITA
avvE rso l’ordinanza del 28/03/2024 del TRIBUNALE di ASTI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette e conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con ordiranza del 28 marzo 2024 il Tribunale di Asti, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’opposizione presentata dal condannato NOME COGNOME avvErso l’ordinanza emessa de plano dallo stesso Tribunale il 15 febbraio 2024 con ai Era stata respinta la richiesta di declaratoria di estinzione della pena residua dete -minatanel provvedimento di cumulo della Procura della Repubblica presso il Tribunaie di Asti del 19 settembre 2010, sostituita a suo tempo ex art. 16, comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 298 – per effetto di decreto emesso dal magistrato di scrvIglianza di Cuneo il 20 dicembre 2016, eseguito il 15 febbraio 2017 – con l’Espusione del condannato dal territorio dello Stato.
In particolare, il giudice dell’esecuzione ha rilevato che il condannato è stato espLlso il 15 febbraio 2017, ed è stato trovato sul territorio italiano nel luglio 2022,
quindi decorsi più di cinque anni, ma meno di dieci anni, dall’esecuzione del decrIto di espulsione emesso dal magistrato di sorveglianza.
L’espulsione disposta nei confronti del condannato ha una durata legale di 10 anni ex art. 16, comma 8, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, talché la diversa indicazione riportata nel provvedimento del magistrato di sorveglianza di Cuneo cl – e disponeva l’espulsione, in cui era scritto che “la pena di cui sopra sarà automaticamente estinta decorsi 5 anni dall’esecuzione del presente decreto, sempre che egli non abbia fatto illegittimamente rientro in Italia” doveva ritenersi erronea.
La eventuale buona fede del condannato, tratto in inganno dalla dicitura ccntenuta nel provvedimento del magistrato di sorveglianza, potrebbe rilevare sull’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 13, comma 13, d.lgs. 286 del 1998, de gli dovesse eventualmente essere contestato con separato provvedimento, ma non può comportare il maturare in anticipo di una causa di estinzione della pena.
1 Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo in cui deduce violazione di legge e vizio di mptivazione perché nel caso in esame il condannato è stato tratto in errore dal provvedimento del magistrato di sorveglianza di Cuneo che aveva indicato in cinque anni il termine entro cui operava il divieto di rientro; al contrario di quanto scstenuto nel provvedimento impugnato, la buona fede de condannato può essere valorizzata anche ai fini della estinzione della pena perché l’art 16, comma 8, d.lgs. n. 286 del 1998, con riferimento al rientro, usa l’avverbio “illegittimamente”, il che presuppone che il ripristino della pena debba passare attraverso una attività vaiLP:ativa dell’autorità giudiziale che può passare anche attraverso una valurazione della buona fede dell’interessato; inoltre, va considerato che il provvedimento di espulsione del magistrato di sorveglianza recante la indicazione erronea non era stato impugnato dalla Procura della Repubblica, e quindi è divenuto irrevocabile in ogni sua statuizione; inoltre, la circostanza che, in caso di espulsione disposta dal magistrato di sorveglianza a titolo di sanzione alternativa e>: a -t. 16 ; comma 5, d.lgs. N. 286 del 1998, il divieto di rientro viga per 10 anni è ‘rutto di un’interpretazione giurisprudenziale che è successiva al provvedimento, ne consegue che non dovrebbe applicarsi ad un provvedimento precedente per gli stessi motivi per cui non può essere rivista in peius una pena frutto di una interpretazione giurisprudenziale rivelatasi ex post errata in favore dell’imputato.
Con nota di conclusioni scritte il P.G., NOME COGNOME, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1, Il ricorso è infondato.
Lart. 16, ccmma 8, d. lgs n. 286 del 1998 dispone in modo esplicito che “la pena’ è estinta alla scadenza del termine di dieci anni dall’esecuzione dell’espulsione di cui al comma 5, sempre che lo straniero non sia rientrato illegittimamente nel territorio dello Stato. In tale caso, lo stato di detenzione è ripristinato e riprende l’esecuzione della pena”.
La norma è vigente dal 10 settembre 2002, essendo stata introdotta nel testo unico del ‘immigrazione dall’art. 15, comma 1, I. 30 luglio 2002, n. 189, pubbicata nella G.U. 26 agosto 2002, n. 199..
Il ricorso deduce che l’erronea indicazione sulla durata del divieto di reinciresso contenuta nel provvedimento del magistrato di sorveglianza rileverebbe aride ai :rini della durata del divieto di reingresso, ma questa Corte si è già espressa nel senso che “l’imposizione di non rientrare nel paese per dieci anni discende direttamente dalla legge integratrice del precetto penale, che ad essa rimanda nel descrivere la condotta incriminata di trasgressione del divieto di reinciresso e non è frutto di determinazione giudiziale assunta in via discrezionale” (Sez. 1, Sentenza n. 23705 del 18/06/2020, RAGIONE_SOCIALE).
Il ricorso deduce che l’art. 16, comma 8, d.lgs. n. 286 dei 1998 condiziona la mancata estinzione della pena sostituita con l’espulsione, e ripristinata con il reingresso, ad un rientro “illegittimo” nel territorio dello Stato, il che permetterebbe al giudice dell’esecuzione di valutare la buona fede del condannato nel reingresso, ma l’argomento è manifestamente infondato, in quanto non utile per l-e ragioni del ricorrente, perché anche a voler seguire il ragionamento proposto nel riotivo di ricorso, in ogni caso non sono ancora decorsi i dieci anni dal momento dell’espulsione avvenuta il 15 febbraio 2017), talchè nel caso in esame mancherebbe in radice la possibilità di pronunciare l’estinzione della pena.
Il riccrso deduce che il provvedimento del magistrato contenente l’erronea indicazione sulla durata legale dell’espulsione non è stato impugnato, talchè esso sareDbe divenuto irrevocabile in ogni sua statuizione, ma anche questo argomento è riu nifestame.nte infondato, perché, come specificato sopra, la durata del divieto leg&e di rientro dipende direttamente dalla l4 e, e non può essere modificato dal magstrato, il cui provvedimento sul punto è ato inutilmente.
Il riccrso deduce che la durata del divieto legale di rientro è frutto di una interpretazione giurisprudenziale successiva al provvedimento di espulsione, talcr è essa non ootrebbe essere applicata retroattivamente al caso del ricorrente, ma l’argomento è infondato.
Il termine di estinzione della pena sostituita, come detto, discende di-ettamente dalla legge ed è individuato nell’art. 16, comma 8, d.lgs. n. 286 dei 1998; è la durata del divieto legale di reingresso conseguente ad un provvedimento del magistrato ex art. 16, comma 5, d.igs. n. 286 del 1998 che non è prevista espressamente dalla legge ed è stata oggetto di interpretazione giJrisprudenziale, peraltro emersa già nel momento -in cui è stato eseguito il provvedimento di espulsione (cfr. Sez. 1, n. 13130 del 9/2/2017, COGNOME, Rv. 269674), che ha ritenuto che essa discenda dal termine di estinzione della pena sestituita, e quindi sia pari in ogni caso a dieci anni (Sez. 1, Sentenza n. 26873 del 07/03/2019, PG in proc. COGNOME, Rv. 276914: In tema di espulsione dello st, aniero a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione disposta ai sensi dell’art. 16, comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, la durata del divieto di rientro ne! territorio dello Stato è di dieci anni, riferendosi il limite di cinque anni al ‘espulsione ordinata in via amministrativa o disposta come sanzione alternativa ai sensi del comma 1 del citato art. 16; conforme Sez. 1, Sentenza n. 36372 del 07/07/2023, COGNOME, n.m.).
In definitiva, il ricorso è infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la cdncanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta GLYPH ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua i.
Così deciso il 26 giugno 2024.