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Espulsione patteggiamento: no se la pena è sotto i 2 anni

La Corte di Cassazione ha annullato un ordine di espulsione emesso a seguito di un patteggiamento. La sentenza chiarisce che, se la pena concordata non supera i due anni di reclusione, non è possibile applicare la misura di sicurezza dell’espulsione, come previsto dall’art. 445 c.p.p. Il caso riguarda due cittadini stranieri condannati per reati legati agli stupefacenti, le cui pene, anche convertendo la sanzione pecuniaria, rimanevano al di sotto della soglia legale per l’applicazione di tale misura.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione Patteggiamento: la Cassazione fissa un paletto invalicabile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di espulsione patteggiamento: quando la pena concordata tra imputato e pubblico ministero non supera i due anni di detenzione, il giudice non può disporre la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio nazionale. Questa decisione, annullando parzialmente una sentenza di primo grado, rafforza le garanzie previste dall’articolo 445 del codice di procedura penale, limitando le conseguenze afflittive per i reati di minore gravità definiti con rito alternativo.

I fatti del caso

Due cittadini stranieri erano stati condannati dal G.i.p. del Tribunale di Alessandria per reati in materia di stupefacenti, a seguito di una richiesta congiunta di patteggiamento. Le pene concordate erano state fissate rispettivamente in un anno e otto mesi di reclusione con 5.000 euro di multa per il primo imputato, e un anno e dieci mesi con 10.000 euro di multa per il secondo. Oltre a ciò, il giudice aveva disposto, a pena espiata, l’espulsione di entrambi dal territorio dello Stato, ai sensi dell’art. 86 del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990).

Il ricorso in Cassazione e l’illegittimità dell’espulsione patteggiamento

Gli imputati hanno presentato ricorso per cassazione, contestando unicamente il punto della sentenza relativo all’espulsione. La loro difesa si è basata su un argomento giuridico preciso: la violazione dell’articolo 445, comma 1, del codice di procedura penale. Tale norma stabilisce in modo chiaro che la sentenza di patteggiamento, quando la pena irrogata non supera i due anni (sola, o congiunta a pena pecuniaria), non comporta l’applicazione di misure di sicurezza, ad eccezione della confisca.

I ricorrenti hanno sostenuto che, poiché l’espulsione prevista dalla legge sugli stupefacenti è pacificamente qualificata come una misura di sicurezza, la sua applicazione nel loro caso era illegittima, dato che le pene patteggiate erano entrambe inferiori al limite dei due anni.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente le argomentazioni dei ricorrenti, giudicando i ricorsi fondati. I giudici hanno ribadito che il testo dell’art. 445 c.p.p. è inequivocabile. La norma pone un divieto assoluto all’applicazione di misure di sicurezza – tra cui rientra a pieno titolo l’espulsione – nei casi di patteggiamento con pene contenute entro i due anni di reclusione.

La Corte ha inoltre smontato ogni possibile obiezione relativa al calcolo della pena. Ha precisato che, anche se si volesse convertire la pena pecuniaria in pena detentiva (secondo il criterio dell’art. 135 del codice penale), l’aumento di pena sarebbe stato di soli venti giorni per ciascun imputato. Tale incremento non sarebbe stato comunque sufficiente a superare la soglia fatidica dei due anni. Pertanto, il presupposto per l’applicazione della misura di sicurezza mancava in modo evidente.

Le conclusioni

La sentenza si conclude con l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata, limitatamente alla parte in cui disponeva l’espulsione. La Corte ha eliminato direttamente tale statuizione. La decisione ha un’importante implicazione pratica: rafforza la natura premiale del patteggiamento per i reati meno gravi. Chi sceglie questo rito, accettando una pena inferiore ai due anni, ha la certezza che non subirà ulteriori misure restrittive come l’espulsione, in linea con la volontà del legislatore di contenere le conseguenze sanzionatorie per fatti che non raggiungono una soglia di allarme sociale elevata.

È possibile applicare la misura di sicurezza dell’espulsione in caso di patteggiamento?
No, se la pena patteggiata non supera i due anni di pena detentiva, sola o congiunta a pena pecuniaria. L’art. 445, comma 1, del codice di procedura penale lo vieta esplicitamente, ad eccezione della confisca.

L’espulsione dal territorio dello Stato è considerata una pena o una misura di sicurezza?
Secondo la sentenza in esame, l’espulsione prevista dall’art. 86 del d.P.R. n. 309/1990 (Testo Unico Stupefacenti) è una misura di sicurezza, e come tale soggetta ai limiti di applicabilità previsti dalla legge.

Come si calcola il limite dei due anni se la pena include anche una multa?
Il limite si riferisce alla pena detentiva. Come chiarito dalla Corte, anche se si procede alla conversione della pena pecuniaria in detenzione, il divieto di applicare misure di sicurezza rimane valido se il totale della pena detentiva (quella originaria più quella derivante dalla conversione) non supera il tetto dei due anni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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