Espulsione Patteggiamento: Quando il Giudice Può Agire Oltre l’Accordo delle Parti
Il tema dell’espulsione patteggiamento rappresenta un nodo cruciale nel diritto penale, specialmente quando coinvolge cittadini stranieri. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i poteri del giudice e gli oneri a carico della difesa. La pronuncia esamina il caso di un imputato che, dopo aver concordato la pena, si è visto applicare la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio nazionale, non prevista nell’accordo. Analizziamo la decisione per comprendere i principi affermati dai giudici di legittimità.
I Fatti del Caso
Il Giudice per le indagini preliminari (Gup) del Tribunale di Novara, su accordo tra le parti (patteggiamento ex art. 444 c.p.p.), ha applicato a un cittadino straniero una pena per un reato legato agli stupefacenti. Questa pena è stata poi unificata a una precedente condanna, divenuta irrevocabile, per un totale di 3 anni di reclusione e 7.300 euro di multa. Oltre alla pena detentiva, il Gup ha ordinato, una volta espiata la pena, l’espulsione dell’imputato come misura di sicurezza ai sensi dell’art. 86 del d.P.R. 309/1990 (Testo Unico Stupefacenti).
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando l’illegittimità dell’ordine di espulsione sulla base di tre argomenti principali:
1. Estraneità all’accordo: L’espulsione non era stata oggetto dell’accordo di patteggiamento tra l’imputato e il pubblico ministero.
2. Mancanza di motivazione: Il giudice non avrebbe adeguatamente motivato la sussistenza della pericolosità sociale dell’imputato, presupposto necessario per l’applicazione di una misura di sicurezza.
3. Omessa valutazione della condizione familiare: Non sarebbe stata effettuata alcuna analisi comparativa della situazione familiare dell’imputato, che avrebbe potuto ostare all’espulsione.
La Decisione della Corte e la questione dell’espulsione patteggiamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le doglianze manifestamente infondate. I giudici hanno chiarito tre punti fondamentali che definiscono i contorni dell’applicazione dell’espulsione patteggiamento.
1. Potere Autonomo del Giudice
La Corte ha ribadito un principio consolidato: in sede di patteggiamento, il giudice può disporre la misura di sicurezza dell’espulsione anche se questa non rientra nell’oggetto dell’accordo tra le parti. L’applicazione della misura di sicurezza, infatti, non è un elemento negoziale della pena, ma una valutazione autonoma che la legge affida al giudice quando ne ricorrono i presupposti.
2. La Motivazione sulla Pericolosità Sociale
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Cassazione ha ritenuto che il Gup avesse fornito una motivazione adeguata, seppur sintetica. Il giudice di merito aveva basato il suo giudizio su elementi concreti: i precedenti specifici dell’imputato, la contestazione della recidiva specifica ed infraquinquennale e l’applicazione in corso di una misura cautelare. Questi fattori, nel loro insieme, sono stati considerati sufficienti a dimostrare l’inserimento del soggetto nel circuito criminale e un concreto pericolo di reiterazione dei reati, giustificando così il giudizio di pericolosità sociale. La motivazione non è risultata, quindi, né assente né manifestamente illogica.
3. L’Onere di Allegare la Condizione Familiare
Infine, per quanto riguarda l’omesso esame della situazione familiare, la Corte ha sottolineato un onere processuale a carico dell’imputato. Spetta a chi richiede il patteggiamento rappresentare al giudice, al momento della richiesta, le eventuali condizioni ostative all’espulsione, come legami familiari stabili sul territorio. Se tali condizioni non vengono dedotte davanti al giudice di merito, non possono essere sollevate per la prima volta in sede di legittimità. Nel caso di specie, l’imputato non aveva fornito alcuna prova della sua situazione familiare in primo grado.
le motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità basandosi su consolidati orientamenti giurisprudenziali. In primo luogo, ha riaffermato l’autonomia del giudice nel disporre la misura di sicurezza dell’espulsione in sede di patteggiamento, indipendentemente dal contenuto dell’accordo. In secondo luogo, ha considerato sufficiente la motivazione sulla pericolosità sociale fondata su elementi specifici come precedenti penali, recidiva e misure cautelari in atto, ritenendola non manifestamente illogica. Infine, ha posto in capo all’imputato l’onere di allegare tempestivamente, ovvero davanti al giudice di merito, le circostanze personali e familiari che potrebbero impedire l’applicazione dell’espulsione, precludendone la deduzione per la prima volta in Cassazione.
le conclusioni
Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. Conferma che il patteggiamento, pur essendo un accordo sulla pena, non preclude al giudice l’applicazione di misure di sicurezza come l’espulsione, qualora ne sussistano i presupposti di legge. Per la difesa, emerge l’importanza strategica di non limitarsi a negoziare la pena, ma di presentare al giudice di merito, già in fase di richiesta del rito speciale, tutti gli elementi utili a contrastare un eventuale giudizio di pericolosità sociale e a dimostrare la presenza di solidi legami familiari e sociali sul territorio, quali condizioni ostative all’espulsione.
Il giudice può ordinare l’espulsione di uno straniero se questa misura non era inclusa nell’accordo di patteggiamento?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il giudice, in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, può disporre autonomamente la misura di sicurezza dell’espulsione anche se non rientra nell’oggetto dell’accordo.
Come deve essere motivata la pericolosità sociale che giustifica l’espulsione?
La motivazione può essere basata su elementi concreti e specifici, come i precedenti penali dell’imputato, la recidiva specifica ed infraquinquennale e l’essere sottoposto a una misura cautelare. Questi elementi, valutati complessivamente, possono dimostrare un pericolo di reiterazione del reato.
Quando deve essere sollevata la questione della propria situazione familiare per cercare di evitare l’espulsione?
L’imputato ha l’onere di rappresentare le eventuali condizioni ostative all’espulsione, come i legami familiari, al momento della richiesta di patteggiamento al giudice di merito. Tali questioni non possono essere presentate per la prima volta in sede di ricorso per cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9787 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9787 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Bni Yakhlef (Marocco) il 20/05/1980
avverso la sentenza del 27/06/2024 emessa dal Tribunale di Novara;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME
OSSERVA
Con la decisione in epigrafe, il Gup del Tribunale di Novara, su accordo delle parti e cod. proc. pen., applicava a NOME la pena di mesi 9 di reclusione ed euro 90 multa in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990, così r l’originaria imputazione di cui all’art. 71, comma 1, d.P.R. cit. e, ritenuta la continuazi contestati con la sentenza n. 6514 del 2022 della Corte d’appello di Torino, divenuta ir alla data del 17 marzo 2023, ha rideterminato la pena complessiva in anni 3 di reclusione 7.300,00 di multa, ordinando, inoltre, a pena espiata l’espulsione dell’imputato a norma d.P.R. cit.
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Nell’interesse dell’imputato è stato presentato ricorso dal difensore di fiducia ded unico articolato motivo relativo alla erronea applicazione dell’art. 86 d.P.R. 309 del 1990 di motivazione conseguente. In particolare, si lamenta la violazione degli ara. 235, 133 pen., 117 Cost. e 8 Cedu in quanto l’espulsione sarebbe stata disposta: a) nonostante n formato oggetto dell’accordo tra le parti ex art. 444 cod. proc. pen.; b) in asse motivazione relativa all’accertamento in concreto della pericolosità sociale dell’im omettendo l’esame comparativo della condizione familiare dello stesso imputato.
Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi proposti, che per hanno tenuto conto della motivazione contenuta in sentenza.
Innanzitutto, deve ribadirsi quanto ritenuto da una costante giurisprudenza secondo cui i applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. il giudice può disporre la misura di sicurezza dell’espulsione anche se non rientra nell’oggetto dell’accordo che le p raggiunto (Sez. 6, n. 4210 del 18/01/2022, Okathtuni).
Quanto alla ritenuta omessa motivazione sulla pericolosità sociale del ricorrente, va prec quella stessa giurisprudenza pretende che il giudice del “patteggiamento” accerti, con mot adeguata, la sussistenza in concreto della pericolosità sociale, accertamento che nella impugnata risulta essere stato compiuto sulla base dei precedenti specifici dell’imputa reato è stato contestato con la recidiva specifica ed infraquinquennale, avendo inoltre evi giudice l’applicazione in corso di una misura cautelare: tutti elementi che hanno de l’inserimento del prevenuto nel circuito criminale degli stupefacenti, con una valutazione circa il pericolo di reiterazione di tali reati, che giustificano, allo stato, un giudizi sociale non censurabile in questa sede in presenza di una motivazione che non manifestamente illogica.
Infine, quanto all’esame comparativo della condizione familiare, si rileva che la impugnata sul punto ha fatto corretta applicazione di quella giurisprudenza che pone dell’imputato che richieda il patteggiamento di rappresentare, al momento della rich eventuali condizioni ostative all’applicazione della misura di espulsione connesse alla p familiare (Sez. 3, n. 30289 del 20/04/2021, Gega). Nella specie, tali condizioni ostative state rappresentate con la richiesta di applicazione della pena al giudice di merito e que solo con il ricorso non possono essere prese in considerazione dal giudice di legittimità.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento dell processuali e al versamento della somma di euro 3.000 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proce della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 21 febbraio 2025