LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Espulsione misura di sicurezza: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44013/2024, ha rigettato il ricorso di un condannato per tratta di esseri umani contro l’ordinanza che confermava la sua espulsione misura di sicurezza. La Corte ha ritenuto corretto il giudizio sulla sua attuale pericolosità sociale, basato sulla gravità dei reati, la condotta in carcere e la mancanza di stabili mezzi di sussistenza e alloggio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione Misura di Sicurezza: Quando è Legittima la Conferma?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 44013 del 2024, offre importanti chiarimenti sui presupposti per confermare l’espulsione misura di sicurezza a carico di un cittadino straniero condannato. Il caso in esame riguarda un individuo condannato per reati gravissimi, come la tratta e il commercio di schiavi, e analizza i criteri con cui il Tribunale di sorveglianza deve valutare la sua attuale pericolosità sociale.

I Fatti di Causa: Dalla Condanna all’Appello

Il protagonista della vicenda è un uomo condannato in via definitiva a una pena di 8 anni, 1 mese e 10 giorni di reclusione per tratta di esseri umani e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La sentenza di condanna aveva disposto, oltre alla pena detentiva, anche l’espulsione dal territorio nazionale come misura di sicurezza, da eseguirsi una volta scontata la pena.

Successivamente, il Magistrato di sorveglianza prima e il Tribunale di sorveglianza in sede di appello poi, avevano confermato la misura, ritenendo ancora attuale la pericolosità sociale del condannato. Tale giudizio si basava su diversi elementi: la gravità dei reati commessi, una sanzione disciplinare ricevuta in carcere, la mancanza di un’attività lavorativa e di un alloggio stabile per il futuro, e il fatto che la sua domanda di protezione internazionale fosse stata respinta. L’uomo, tramite il suo difensore, ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

L’Espulsione Misura di Sicurezza e i Motivi del Ricorso

Il ricorso presentato alla Suprema Corte si fondava su quattro motivi principali:

1. Vizi procedurali: Si lamentava l’errata dichiarazione di assenza del condannato all’udienza davanti al Tribunale di sorveglianza, poiché era stato espulso prima della data fissata, rendendo la sua assenza non volontaria.
2. Questione di legittimità costituzionale: Si contestavano le norme della “Riforma Cartabia” che impongono un mandato specifico per l’impugnazione, sostenendo che fosse impossibile ottenerlo dopo l’allontanamento forzato dal territorio.
3. Mancata sospensione: Il ricorso criticava la mancata pronuncia sulla richiesta di sospendere l’efficacia del provvedimento di espulsione in attesa della decisione.
4. Valutazione della pericolosità: Si contestava il giudizio sulla pericolosità sociale, ritenuto basato solo sul tipo di reato e su una singola infrazione disciplinare, senza considerare la pena minima inflitta, l’assenza di altri precedenti e la disponibilità di un alloggio presso un conoscente.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, ritenendoli infondati o inammissibili. In primo luogo, ha chiarito che nel procedimento di sorveglianza, la partecipazione dell’interessato all’udienza non è automatica ma avviene solo su sua esplicita richiesta, che nel caso di specie non era stata presentata. Pertanto, non si può parlare di un’assenza illegittimamente dichiarata.

In secondo luogo, la Corte ha stabilito che i più stringenti oneri di ammissibilità delle impugnazioni, introdotti dalla Riforma Cartabia, non si applicano ai procedimenti davanti al Tribunale di sorveglianza. Questo snodo procedurale è fondamentale, poiché evita di porre il difensore e l’assistito espulso in una situazione di impossibile adempimento.

Per quanto riguarda il giudizio sull’espulsione misura di sicurezza, la Corte ha ritenuto logica e corretta la valutazione del Tribunale di sorveglianza. La pericolosità sociale attuale non è stata desunta solo dalla condotta in carcere, ma da un quadro complessivo. La mancanza di un alloggio stabile (essere un “ospite” è stato giudicato precario e dipendente dalla benevolenza di terzi) e l’assenza di prove concrete su mezzi economici sufficienti sono stati considerati elementi validi per confermare la pericolosità. Infine, il ricorso è stato giudicato generico nel contestare il rigetto della domanda di protezione internazionale, un elemento che avrebbe potuto dimostrare un rischio in caso di rientro nel paese d’origine.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce che la valutazione sulla pericolosità sociale, ai fini della conferma di una misura di sicurezza come l’espulsione, deve essere attuale e basata su un’analisi complessiva della situazione personale, sociale ed economica del condannato. La gravità del reato originario, unita a elementi concreti come la mancanza di una rete di supporto stabile e di prospettive lavorative, può legittimamente fondare un giudizio di persistente pericolosità. La decisione chiarisce inoltre importanti aspetti procedurali, escludendo l’applicazione delle nuove norme sulle impugnazioni ai giudizi di sorveglianza, garantendo così una maggiore tutela del diritto di difesa in questo specifico contesto.

Come viene valutata l’attuale pericolosità sociale per confermare un’espulsione come misura di sicurezza?
La valutazione deve essere basata su un’analisi complessiva e attuale che include la gravità del reato commesso, la condotta durante la detenzione, la mancanza di un’attività lavorativa, l’assenza di un alloggio stabile (la sistemazione precaria come ospite non è considerata sufficiente) e la situazione generale della persona al momento della decisione.

Le nuove e più rigide regole per presentare appello (Riforma Cartabia) si applicano ai procedimenti davanti al Tribunale di sorveglianza?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che gli oneri di ammissibilità dell’impugnazione previsti dai commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 del codice di procedura penale non si applicano ai procedimenti di sorveglianza, poiché sono disposizioni specifiche per il giudizio di merito.

L’assenza del condannato all’udienza davanti al Tribunale di sorveglianza è sempre giustificata se è stato espulso prima?
Non necessariamente. La partecipazione a tale udienza avviene solo su esplicita richiesta dell’interessato. Se il condannato, prima di essere espulso, non ha fatto richiesta di partecipare, la sua mancata presenza non costituisce un vizio procedurale, in quanto la partecipazione non è automatica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati