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Espulsione misura alternativa: l’errore che costa caro

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero avverso un’ordinanza di espulsione. L’errore del ricorrente è stato confondere l’espulsione misura alternativa alla detenzione, prevista dalla legge sull’immigrazione, con l’espulsione come misura di sicurezza, sollevando motivi di ricorso del tutto inconferenti e basati su una presunta mancata valutazione della pericolosità sociale, non richiesta per la misura applicata.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione Misura Alternativa: l’Errore sull’Impugnazione che Porta all’Inammissibilità

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sulla natura dell’espulsione misura alternativa alla detenzione, distinguendola nettamente dalla misura di sicurezza dell’espulsione. La Corte di Cassazione, con una decisione lapidaria, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero, condannandolo al pagamento delle spese e di una cospicua sanzione pecuniaria. La vicenda evidenzia come un errore nell’inquadramento giuridico della misura impugnata possa avere conseguenze processuali drastiche e irreversibili.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine da un provvedimento di espulsione emesso dal Magistrato di Sorveglianza nei confronti di un cittadino straniero, ai sensi dell’art. 16, comma 5, del D.Lgs. 286/98 (Testo Unico sull’Immigrazione). Tale provvedimento è stato disposto come misura alternativa alla detenzione.

L’interessato ha proposto opposizione, ma il Tribunale di Sorveglianza l’ha rigettata con un’ordinanza. Contro questa decisione, il condannato ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di violazione di legge.

L’Errore di Fondo nel Ricorso

Il nucleo del ricorso si basava su una critica specifica: secondo il ricorrente, il Tribunale di Sorveglianza avrebbe errato nel valutare la sua pericolosità sociale. Egli sosteneva che tale valutazione fosse un presupposto necessario per poter eseguire la misura dell’espulsione nei suoi confronti. Questa argomentazione, tuttavia, si fondava su un presupposto giuridico completamente sbagliato, che ha determinato l’esito infausto del ricorso.

La Decisione della Corte sulla Espulsione Misura Alternativa

La Corte di Cassazione ha liquidato il ricorso come manifestamente infondato e, di conseguenza, lo ha dichiarato inammissibile. I giudici hanno sottolineato che le censure mosse dal ricorrente erano del tutto “inconferenti”, ovvero non pertinenti rispetto alla natura del provvedimento impugnato. L’errore cruciale è stato confondere due istituti giuridici distinti e con finalità diverse.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito in modo inequivocabile la differenza tra l’espulsione come misura alternativa alla detenzione e l’espulsione come misura di sicurezza.

1. Espulsione come Misura Alternativa (art. 16, c. 5, D.Lgs. 286/98): Questa misura non ha una finalità preventiva legata alla pericolosità sociale del soggetto. Si tratta, invece, di una modalità speciale di esecuzione della pena detentiva per i cittadini stranieri che si trovano in determinate condizioni. Il suo scopo è deflattivo e gestionale: invece di trattenere il soggetto in carcere, lo Stato lo espelle dal territorio nazionale. Per la sua applicazione non è richiesta una valutazione della pericolosità sociale nei termini propri delle misure di sicurezza.

2. Espulsione come Misura di Sicurezza: Quest’altra tipologia di espulsione, prevista dal codice penale, presuppone un accertamento della pericolosità sociale del soggetto. È una misura destinata a prevenire la commissione di futuri reati da parte di persone ritenute socialmente pericolose.

Il ricorrente ha fondato tutta la sua argomentazione su presupposti validi per la misura di sicurezza, ignorando che nel suo caso si trattava di una misura alternativa alla detenzione. Di conseguenza, i motivi di ricorso erano totalmente scollegati dalla fattispecie concreta e dalla norma applicata.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: ogni impugnazione deve essere fondata su motivi pertinenti alla natura giuridica del provvedimento contestato. Confondere istituti diversi, come l’espulsione misura alternativa e quella come misura di sicurezza, porta inevitabilmente a un ricorso “inconferente” e, quindi, inammissibile. La condanna al pagamento di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, motivata dalla colpa nella presentazione del ricorso, serve da monito sulla necessità di una corretta e rigorosa impostazione giuridica degli atti processuali.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni presentate erano inconferenti. Il ricorrente ha erroneamente contestato la mancata valutazione della sua pericolosità sociale, un presupposto tipico della misura di sicurezza, mentre nel suo caso si trattava di un’espulsione come misura alternativa alla detenzione, che non richiede tale valutazione.

Qual è la differenza fondamentale tra l’espulsione come misura alternativa e quella come misura di sicurezza?
L’espulsione come misura alternativa alla detenzione (art. 16, c. 5, D.Lgs. 286/98) è una modalità di esecuzione della pena per i cittadini stranieri e non si basa sulla loro pericolosità. L’espulsione come misura di sicurezza, invece, è un provvedimento preventivo che si applica ai soggetti ritenuti socialmente pericolosi per evitare che commettano nuovi reati.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Oltre alla conferma del provvedimento di espulsione, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella presentazione di un ricorso manifestamente infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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