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Espulsione e irreperibilità: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo contro una misura di sicurezza di espulsione, basata sulla sua pericolosità sociale. Il caso verteva sulla legittimità della procedura di notifica per irreperibili. La Corte ha stabilito che una precedente dichiarazione di irreperibilità non è superata da una presenza sporadica sul territorio o da tentativi di notifica falliti presso l’abitazione di un parente, in assenza di una formale elezione di domicilio. Di conseguenza, l’espulsione e l’irreperibilità sono state confermate come procedure corrette.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione e irreperibilità: la Cassazione chiarisce i limiti

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 21165/2024, affronta un tema cruciale nell’ambito della procedura penale: la corretta applicazione delle norme su espulsione e irreperibilità. Il caso in esame offre importanti spunti di riflessione sulla validità delle notifiche a soggetti di difficile reperimento e sulla valutazione della pericolosità sociale che giustifica l’applicazione di una misura di sicurezza come l’espulsione dal territorio nazionale.

I fatti del caso

Un individuo, già condannato con sentenze definitive per reati gravi come lo sfruttamento della prostituzione, si vedeva applicare dal Magistrato di sorveglianza la misura di sicurezza dell’espulsione dallo Stato. La decisione era fondata sulla sua attuale pericolosità sociale. L’interessato proponeva ricorso, lamentando un vizio di procedura: sosteneva che la notifica del procedimento fosse nulla, in quanto era stata seguita la procedura per gli irreperibili nonostante, a suo dire, esistesse un domicilio noto in Italia presso l’abitazione del fratello. A suo avviso, un decreto di irreperibilità emesso quasi due anni prima doveva considerarsi superato dalla sua successiva, seppur sporadica, presenza in udienza e dalla conoscenza di tale indirizzo.

Espulsione e irreperibilità: la questione procedurale

Il cuore della difesa si concentrava sulla presunta illegittimità del rito degli irreperibili. Tuttavia, la Cassazione ha rigettato questa tesi, allineandosi con la decisione del Tribunale di Sorveglianza. I giudici hanno chiarito che un decreto di irreperibilità non perde automaticamente efficacia a causa di una presenza sporadica e altalenante del soggetto sul territorio dello Stato. Inoltre, l’assenza di una formale elezione di domicilio da parte dell’interessato è un elemento decisivo. Gli accertamenti svolti dalla polizia presso l’indirizzo indicato (l’abitazione del fratello) avevano dato esito negativo: non solo l’uomo non era stato trovato, ma i presenti avevano dichiarato che si trovasse all’estero, rifiutandosi di accettare la notifica. Pertanto, il tentativo di notifica in quel luogo è stato considerato un atto ulteriore e non dovuto, confermando la correttezza della procedura per gli irreperibili.

La valutazione della pericolosità sociale

Oltre agli aspetti procedurali, la Corte ha confermato la valutazione sulla pericolosità sociale dell’individuo. Tale valutazione non era arbitraria, ma fondata su elementi concreti e gravi:

* Reiterazione dei reati: L’uomo era stato condannato tre volte per sfruttamento della prostituzione, un delitto che manifesta sopraffazione nei confronti di soggetti deboli.
* Arco temporale: La commissione dei reati si estendeva per un periodo di quindici anni, a dimostrazione di una radicata proclività a delinquere.
* Comportamento: Anche durante l’esecuzione di misure alternative come gli arresti domiciliari, aveva tenuto un comportamento trasgressivo.
* Mancanza di stabilità: Il quadro era aggravato da una situazione di precarietà abitativa, assenza di mezzi di sostentamento leciti e legami familiari non dimostrati.

Di fronte a questi elementi, la parziale ammissione di responsabilità, limitata al solo vantaggio economico, è stata ritenuta insufficiente a sminuire il quadro di pericolosità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e aspecificità. Le argomentazioni difensive sono state giudicate come una mera riproposizione di tesi già esaminate e respinte dal Tribunale di Sorveglianza, senza sollevare vizi giuridici specifici. La Suprema Corte ha ribadito che la procedura seguita era conforme alle regole processuali. L’assenza di un’elezione di domicilio e il fallimento delle ricerche concrete rendevano pienamente legittimo il ricorso al rito per gli irreperibili. Le argomentazioni sulla pericolosità sociale erano state logiche e ben motivate dal giudice di merito.

Le conclusioni

La sentenza consolida alcuni principi fondamentali in materia di notifiche e misure di sicurezza. In primo luogo, la condizione di irreperibilità non cessa per la semplice presenza occasionale in un’udienza. In secondo luogo, è onere della parte interessata eleggere formalmente un domicilio per garantire la ricezione degli atti giudiziari; in assenza, le autorità non sono tenute a compiere ricerche illimitate. Infine, la valutazione della pericolosità sociale deve basarsi su un’analisi complessiva della vita e della condotta del soggetto, e non può essere scalfita da ammissioni parziali o da legami affettivi non concretamente provati. Per la difesa, ciò significa che un ricorso in Cassazione deve individuare errori di diritto specifici e non può limitarsi a ridiscutere l’interpretazione dei fatti.

Una dichiarazione di irreperibilità può essere superata da una successiva apparizione in udienza?
No, la Corte ha chiarito che una presenza sporadica e altalenante sul territorio dello Stato o la partecipazione a qualche udienza non sono sufficienti a superare automaticamente un decreto di irreperibilità, specialmente in assenza di una formale elezione di domicilio.

Perché il tentativo di notifica presso l’abitazione del fratello non è stato considerato valido per rendere il soggetto reperibile?
Perché non vi era stata un’elezione di domicilio formale presso quell’indirizzo. Inoltre, gli accertamenti della polizia hanno dato esito negativo: il soggetto non era presente, e i familiari si sono rifiutati di ricevere l’atto, dichiarando che si trovasse all’estero. L’atto è stato quindi considerato un tentativo ulteriore e non obbligatorio.

Su quali elementi si è basata la conferma della pericolosità sociale?
La pericolosità sociale è stata confermata sulla base di tre condanne per reati gravi (sfruttamento della prostituzione), la loro reiterazione in un arco di quindici anni, un comportamento trasgressivo anche durante le misure alternative, e una situazione generale di precarietà abitativa, lavorativa e familiare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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