Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 36898 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 36898 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/03/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procura generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricor
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RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Roma definiva l’incide di esecuzione, sviluppatosi secondo il modello bifasico di cui agli artt. comma 4, e 676, cod. proc. pen., promosso da NOME COGNOME, cittadin albanese, attinto da duplice condanna per reati previsti dal d.P.R. 9 ot 1990, n. 309 (T.U. stup.).
Espiata alla data del 16 marzo 2022 la pena detentiva cumulata, il pubbli ministero presso il giudice dell’esecuzione aveva disposto darsi co all’espulsione del condannato dallo Stato, misura di sicurezza irrogata (ai dell’art. 86 T.U.) con la prima sentenza divenuta irrevocabile a suo ca (Tribunale Roma, 18 aprile 2016).
Avverso tale determinazione il condannato era insorto dinanzi al giudic stesso, sostenendo:
che la misura di sicurezza era stato posta in esecuzione in assenza rivalutazione attuale della sua pericolosità sociale, risalendo l’antec valutazione, ad opera della magistratura di sorveglianza, all’anno 2019;
che, con la seconda sentenza irrevocabile (Corte di appello di Roma, 16 luglio 2019), era stata inflitta la pena accessoria del divieto di espatrio anni (ai sensi dell’art. 85 T.U.), cui si sarebbe dovuto dare esecuzione prior restando nelle more preclusa, per logica incompatibilità, l’esecuzione d misura di sicurezza.
Entrambe le prospettazioni erano disattese dal giudice dell’esecuzione. A su dire, sulla prima questione avrebbe potuto interloquire solo il giudic sorveglianza, funzionalmente competente in materia. Quanto alla seconda questione, la prioritaria esecuzione della misura di sicurezza, una volta term l’espiazione della pena principale, era perfettamente rispondente al sistema.
Ricorre il condannato per cassazione, con rituale ministero difensivo.
Nel motivo unico il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazione.
Secondo il ricorrente, sarebbe suo pieno diritto espiare la pena accessori ciò potrebbe avvenire solo postergando l’esecuzione della misura di sicurezz che assumerebbe dunque giocoforza, nel contesto dato, carattere recessivo.
L’esecuzione della misura di sicurezza avrebbe richiesto, a prescinder come già prospettato dinanzi al giudice a quo, il riscontro in termini di attualità della sua pericolosità sociale, e dunque la rinnovazione del relativo giud viceversa mancata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato in parte, e nella parte residua inammissibile.
In ordine alla questione inerente la mancata rinnovazione del giudizio pericolosità sociale, prodromico all’esecuzione della misura di sicurez l’ordinanza impugnata non si è in realtà pronunciata nel merito.
Il giudice dell’esecuzione si è limitato ad indicare la magistratu sorveglianza come autorità legittimata a statuire al riguardo.
Tale punto di decisione – in sé peraltro corretto, in quanto, a fronte riesame di pericolosità già avvenuto a norma dell’art. 679 cod. proc. p abilitato a conoscere della persistenza, o meno, degli effetti del provvedim adottato deve essere la magistratura stessa (v. Sez. 1, n. 21024 06/03/2024, COGNOME, § 2 del Considerato in diritto) – non è oggetto di cen specifica.
Il ricorso risulta dunque, in questa parte, inammissibile perché adeguatamente correlato alle ragioni della decisione impugnata.
In ordine alla questione inerente l’individuazione della statuizione accordare priorità in executivis, occorre rammentare che, in relazione a specifici reati legati alle sostanze stupefacenti, l’art. 85 T.U. prevede che, con la s di condanna, il giudice può disporre, tra l’altro, il divieto di espatri periodo non superiore a tre anni; il successivo art. 86 contempla, invece doverosa applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dallo Stato.
Il divieto di espatrio ha natura di pena accessoria sui generis (Sez. 6, n. 4196 del 21/01/1989, COGNOME, Rv. 180848-01), in quanto esso non consegue automaticamente, e di diritto, alla condanna, ma riveste natura discrezion necessitando, se applicato, di congrua motivazione (tra le molte, Sez. 6, n. del 21/12/1989, dep. 1990, Giolli, Rv. 184086-01).
L’espulsione dello Stato ha invece natura di misura di sicurez condizionata, come tale, al rilievo della pericolosità sociale in concre condannato (Sez. 3, n. 10081 del 21/11/2019, dep. 2020, Radoman, Rv. 278537-03, § 3.3.3. del Considerato in diritto; Sez. 6, n. 31563 del 09/07/2 Falco, Rv. 244557-01).
Le due statuizioni, ontologicamente tra loro incompatibili, sono in eviden rapporto di astratta alternatività. Così come per la irrogazione della misu sicurezza dell’espulsione dallo Stato, ex art. 86, è necessaria la qualifica gi soggettiva di straniero (Sez. 3, n. 10081 del 2020, cit.), il divieto di esp art. 85 T.U., stante il suo carattere eminentemente sanzionatorio (e non
meramente cautelare, come nei casi previsti dall’art. 283 cod. proc. pen), d ritenersi applicabile ai soli cittadini.
Solo al cittadino ha senso imporre, come misura afflittiva, l’obbligo rimanere in Italia per un determinato tempo. Lo stesso obbligo, riferito straniero irregolarmente soggiornante, o come obbligo destinato comunque a protrarsi anche oltre il permesso di soggiorno eventualmente posseduto rappresenterebbe una premialità, piuttosto che una punizione.
Il divieto di espatrio, applicato al ricorrente (cittadino albanese), è d giuridicamente inefficace, in quanto pena accessoria illegalmente applicata. Ta illegalità, GLYPH e GLYPH la GLYPH conseguente GLYPH inefficacia, GLYPH avrebbero GLYPH dovuto GLYPH essere pregiudizialmente rilevate dal giudice dell’esecuzione, che avrebbe dovut risolvere l’apparente conflitto in favore della misura di sicurezza comunque avvenuto – in base a tale dirimente considerazione.
La decisione assunta è dunque, al riguardo, conforme a legge, e nessun rilievo riveste il fatto che l’ordinanza impugnata abbia offerto sul punto motivazione non appropriata. Nel giudizio di cassazione, infatti, la bontà de motivazione non è rilevante con riferimento a questioni di diritto, poiché que se sono fondate e disattese dal giudice, motivatamente o meno, danno luogo all’annullamento della decisione, mentre, se sono infondate, come nella speci non si determina alcun vizio di legittimità della pronuncia a prescindere d motivazione che la sorregge (Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016, Altoè, Rv 268404; Sez. 1, n. 16372 del 20/03/2015, COGNOME, Rv. 263326; Sez. 3, n. 6174 del 23/10/2014, dep. 2015, Monai, Rv. 264273).
Il ricorso deve essere, conclusivamente, respinto.
In base all’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannat pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso il 14/06/2024