Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7344 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7344 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di NOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA;
contro
la sentenza della Corte di Appello de L’Aquila del 14.4.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla misura di sicurezza della espulsione dello straniero dal territorio dello Stato.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22.12.2022, il Tribunale di Teramo aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile dei fatti di tentata rapina di cui al capo 1) nonché di quelli di lesioni aggravate di cui al capo 2) e di estorsione di cui ai capi 4) e 5) della rubrica sicché, ritenute in suo favore le circostanze attenuanti generiche e riunite le diverse violazioni di legge nel vincolo della continuazione, lo aveva condannato alla pena complessiva, così ridotta per la scelta del rito, di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed euro 800 di multa oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare in carcere;
la Corte di appello de L’Aquila, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermata per il resto, ha riconosciuto la ulteriore attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. ed ha rideterminato la pena finale in anni 2 e mesi 6 di reclusione ed euro 700 di multa;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
3.1 violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo ai fatti di estorsione; travisamento della prova con riguardo alle immagini del sistema di videosorveglianza: rileva che la Corte d’appello ha motivato in termini inadeguati, mediante la mera riproposizione del percorso argomentativo già sviluppato dal giudice di primo grado, ignorando il motivo di appello sulla sussistenza degli estremi di una condotta estorsiva; sottolinea come la motivazione della Corte sia illogica, contraddittoria e, comunque, sorretta da un ragionamento meramente ipotetico e frutto di travisamento della prova concernente le immagini del circuito di videosorveglianza, che davano conto della assenza di personale e di alcuna opposizione all’impossessamento della merce, solo presuntivamente ma erroneamente collegata alla precedente condotta di danneggiamento; sottolinea, infatti, che la mancanza di opposizione era derivata dal fatto che nessuno aveva visto il ricorrente impossessarsi della merce, di cui la stessa persona offesa si era avveduta soltanto in un secondo tempo;
3.2 violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo agli artt. 81, 133, 56, 628 e 629 cod. pen.: rileva che la Corte d’appello ha totalmente omesso di motivare sulla richiesta di riduzione dell’aumento operato a titolo di continuazione essendosi limitata a ritoccare la pena in conseguenza dell’accoglimento del gravame sulla attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.;
3.3 violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla misura di sicurezza di cui all’art. 235 cod. pen.: segnala che la Corte d’appello ha totalmente ignorato il motivo di gravame articolato sulla misura di sicurezza della espulsione dell’imputato dal territorio dello Stato non potendosi nemmeno parlare di motivazione “implicita”;
la Procura AVV_NOTAIO ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla misura di sicurezza della espulsione dello straniero dal territorio dello Stato: rileva che il primo motivo reitera una censura già avanzata con l’atto di appello su cui la Corte territoriale ha fornito una risposta congrua e logica; segnala che, al contrario, la motivazione risulta totalmente mancante quanto alla misura di sicurezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al motivo sulla omessa motivazione in merito alla adozione della misura di sicurezza.
Il primo motivo, infatti, è inammissibile perché articolato in termini non consentiti in questa sede.
La difesa deduce violazione di legge e vizio di motivazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova, in ordine alla affermazione di responsabilità dell’RAGIONE_SOCIALE in relazione alla condotta estorsiva descritta al capo 5) della rubrica “… perché, con minaccia consistita nel danneggiare l’autovettura di COGNOME NOME, nel sostare con fare intimidatorio davanti all’esercizio commerciale di quest’ultimo (il quale si era accorto dei danni procurati alla sua autovettura), nonché nel fare ingresso successivamente presso l’esercizio denominato RAGIONE_SOCIALE costringendo COGNOME NOME a tollerare che si impossessasse, senza pagarne il corrispettivo, di generi alimentari per un valore di euro 20,00, si procurava un ingiusto profitto con pari danno”.
1.1 È pertanto necessario rilevare che, lungi dal prospettare un vizio di legittimità, il ricorso finisce per contestare il giudizio di responsabilità, ovvero i risultato probatorio cui sono approdati i giudici di primo e secondo grado che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere l’ipotesi accusatoria riscontrata nella ricostruzione della concreta vicenda processuale.
Vale la pena, allora, ribadire che il vizio di violazione di legge va dedotto contestando la riconducibilità del fatto – come ricostruito dai giudici di merito nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; altra cosa, invece, è, come accade sovente, contestare o mettere in dubbio che le emergenze istruttorie acquisite consentano di ricostruire la condotta di cui si discute in termini idonei a
ricondurla al paradigma legale: operazione, questa, che è, invece, propria del giudizio di merito.
Con riguardo, poi, al vizio di motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non è inutile sottolineare che il sindacato di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere mirato a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico (cfr., Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Pmt in proc. Longo, Rv. 251516; Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, Casula, Rv. 233708; Sez. 2, n. 36119 del 04/07/2017, Agati, Rv. 270801).
Non sono perciò deducibili, in sede di legittimità, censure relative alla motivazione diverse da quelle che abbiano ad oggetto la sua mancanza, la sua manifesta illogicità, la sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali per pervenire ad una diversa conclusione del processo; sono dunque inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965; Sez. 2 – , n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747).
In particolare, le doglianze articolate in termini di violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. riguardanti l’attendibilità dei testimoni dell’accusa, non essendo l’inosservanza di detta norma prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, non possono essere dedotte con il motivo di violazione di legge di cui all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ma soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) della medesima norma, ossia come mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti
specificamente indicati nei motivi di gravame (cfr., Cass. Pen., 1, 20.10.2016 n. 42.207, COGNOME; conf., Cass. Pen., 3, 17.10.2012 n. 44.901, F.; conf., da ultimo, Cass. SS.UU., 16.7.2020 n. 29.541, COGNOME).
Da ultimo, va chiarito che il vizio di “travisamento” deve riguardare una prova che non sia stata affatto valutata ovvero che sia stata considerata dal giudice di merito in termini incontrovertibilmente difformi (non già dal suo “significato” ma) dal suo “significante” e che venga individuata specificamente e “puntualmente” come idonea a disarticolare il ragionamento su cui si fonda la decisione laddove, invece, nel caso di specie, la difesa si limita a proporre una differente ricostruzione dell’episodio ed una diversa “lettura” delle immagini captate dal sistema di videosorveglianza.
1.2 Tanto premesso, rileva il collegio che l’atto di appello aveva portato alla attenzione della Corte territoriale la medesima prospettazione difensiva poi replicata con il ricorso sotto il profilo del difetto di motivazione e del travisamento della prova e, in particolare, l’assenza di un nesso funzionale tra il danneggiamento dell’autovettura e la condotta che sarebbe stata tenuta dal ricorrente all’interno del negozio.
Sul punto, tuttavia, la Corte d’appello ha fornito una risposta del tutto congrua ed esaustiva in punto di fatto: ha spiegato, infatti, che era dal febbraio del 2022 che l’RAGIONE_SOCIALE aveva tenuto condotte minatorie e violente nei confronti del RAGIONE_SOCIALE al fine di potersi impossessare generi in vendita nel supermercato senza corrisponderne il prezzo (cfr., pag. 3 della sentenza).
Con riguardo, poi, all’episodio del 13.7.2022, i giudici aquilani hanno dato conto della circostanza secondo cui il ricorrente, dopo aver rigato la vettura del RAGIONE_SOCIALE ed essersi provocatoriamente posizionato di fronte al negozio di costui, fissandolo con atteggiamento minaccioso, vi aveva fatto ingresso impossessandosi di generi alimentari per un valore di 20 euro.
La Corte d’appello ha richiamato sia le dichiarazioni della persona offesa che le immagini tratte dal sistema di videosorveglianza dalla cui visione era emerso che l’RAGIONE_SOCIALE, alle 13,50 “… era entrato nel negozio e, indisturbato, aveva sottratto della merce, per euro 20, senza alcuna opposizione della p.o., perché ben consapevole del modus operandi di Aslagir e indimidito” (cfr., ivi, pag. 4 della sentenza).
La vicenda era stata inoltre ben descritta nella sentenza di primo grado (cfr., ivi, pag. 3) ove i giudici di merito avevano chiarito che il danneggiamento della vettura della persona offesa era stata accompagnata da uno sguardo di sfida rivolto al AVV_NOTAIO che, anche alla luce degli episodi pregressi, evidenziava il nesso
funzionale tra quella condotta e quella tenuta subito dopo sotto l’occhio della vittima.
A fronte delle considerazioni svolte nelle due sentenze di merito la difesa non riesce ad evidenziare profili di manifesta illogicità della motivazione né, per altro verso è stata in grado di documentare, garantendo in tal modo la autosufficienza del ricorso, il fatto che i giudici di merito siano incorsi in un effettivo travisamento della prova (cfr., sul punto, tra le altre, Sez. 2, n. 35164 dell’8.5.2018, Talamanca, Rv. 276432, secondo cui anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 165bis disp. att. cod. proc. pen., introdotto dall’art. 7, comma 1, d. Igs. 6 febbraio 2018, n. 11, deve trovare applicazione il principio di autosufficienza del ricorso, che si traduce nell’onere di puntuale indicazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato; conf., Sez. 5 – , n. 5897 del 03/12/2020, Cossu, Rv. 280419 – 01).
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato: la Corte d’appello, infatti, ha riconosciuto all’imputato l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. sul capo 5) che ha pertanto (cfr., pag. 4 della sentenza) considerato “satellite” rispetto al delitto di cui al capo 4), non oggetto di ricorso, per il quale ha stimato equa la pena, quantificata nel minimo edittale, di anni 5 di reclusione ed euro 1.000 di multa, ridotta ad anni 3 e mesi 4 di reclusione ed euro 750 di multa per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; aumentata di mesi 2 di reclusione per il delitto di tentata rapina di cui al capo 1); di mesi 2 di reclusione ed euro 150 di multa per il delitto di lesioni personali di cui al capo 2); di ulteriori mesi 2 di reclusione ed euro 150 di multa per il capo 5); con riduzione finale per il rito che ha portato la pena complessiva a quella di anni 2 e mesi 6 di reclusione ed euro 700 di multa.
Al di là di ogni considerazione sulla genericità del motivo, è sufficiente richiamare l’arresto delle SS.UU. nella sentenza “Pizzone”, in cui si è ribadito che se per i reati satellite è irrogata una pena notevolmente inferiore al minimo edittale della fattispecie legale di reato, l’obbligo di motivazione si riduce, mentre, qualora la pena coincida con il minimo edittale della fattispecie legale di reato o addirittura lo superi, l’obbligo motivazionale si fa più stringente ed il giudice deve dare conto specificamente del criterio adottato, tanto più quando abbia determinato la pena base per il reato ritenuto più grave applicando il minimo edittale e/o quando abbia applicato una misura di pena in aumento sproporzionata, pur in presenza delle medesime fattispecie dì reato; in definitiva, secondo le SS.UU. “Pizzone”, la associazione di una pena base determinata nella misura minima edittale ed un
aumento per la continuazione di entità esigua esclude l’abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. e dimostra, per implicito, che è stata operata la valutazione degli elementi obiettivi e subiettivi del reato risultanti dal contesto complessivo della decisione.
Come accennato, è invece fondato il terzo motivo del ricorso: con l’atto di appello (cfr., pag. 8 del gravame), infatti, la difesa aveva contestato la adozione della misura di sicurezza della espulsione dello straniero che il primo giudice aveva disposto pur dando conto della “ridotta pericolosità specifica” dell’imputato (cfr., pag. 4 della sentenza) ma su cui la Corte d’appello (che pure aveva dato conto del rilievo difensivo) ha totalmente omesso di motivare.
È pacifico, peraltro, che l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a due anni, prevista dall’art. 235 cod. pen., costituisce una misura di sicurezza personale di carattere facoltativo applicabile dal giudice solo nel caso in cui, con adeguata motivazione, abbia verificato la sussistenza della pericolosità sociale; pertanto, nel caso in cui tale misura non venga applicata con la sentenza di condanna, deve ritenersi implicita la valutazione negativa in ordine alla pericolosità del condannato (cfr., Sez. 2, n. 16400 del 17/02/2021, NOME, Rv. 281123 – 01; Sez. 2, n. 39359 del 20/07/2016, GLYPH NOME, GLYPH Rv. 268303 GLYPH – GLYPH 01; GLYPH Sez. 4, 01; n. 15447 del 14/03/2012, NOME, GLYPH Rv. 253507 Sez. 3, n. 48937 del 05/11/2009, COGNOME, Rv. 245710 – 01).
La sentenza impugnata va dunque annullata sul punto con rinvio alla Corte di appello di Perugia per nuovo esame.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente al provvedimento di espulsione, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Perugia.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 18.1.2024