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Espulsione dello straniero: obbligatoria nel reato

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di patteggiamento che ometteva di valutare la misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero, condannato per traffico di stupefacenti. La Corte ha ribadito che, anche in caso di accordo tra le parti, il giudice deve accertare la pericolosità sociale del condannato prima di decidere sull’espulsione, confermando che tale omissione rende la sentenza appellabile. Il ricorso del condannato è stato invece dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione dello Straniero e Patteggiamento: La Cassazione Fa Chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto penale: il rapporto tra il patteggiamento e l’applicazione di misure di sicurezza obbligatorie, come l’espulsione dello straniero condannato per gravi reati. La decisione chiarisce i poteri e i doveri del giudice, anche quando ratifica un accordo tra le parti, e definisce i confini del ricorso contro tali sentenze.

I Fatti del Caso: Condanna per Droga e Doppio Ricorso

Il caso nasce da una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Brescia nei confronti di un cittadino straniero, condannato per reati legati al traffico di stupefacenti. Contro questa decisione sono stati proposti due distinti ricorsi per Cassazione: uno dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello e l’altro dall’imputato stesso.

Il Procuratore lamentava la mancata applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato, prevista come obbligatoria dall’art. 86 del Testo Unico sugli stupefacenti (d.P.R. 309/90) per questo tipo di reato. L’imputato, invece, contestava vizi di motivazione della sentenza, sia riguardo alla mancata valutazione di un proscioglimento sia in merito alla congruità della pena applicata.

L’Appello e la Valutazione dell’Espulsione dello Straniero

Il cuore della questione sollevata dal Pubblico Ministero riguarda il ruolo del giudice nel patteggiamento. L’accordo sulla pena esclude forse il dovere del giudice di applicare misure di sicurezza previste dalla legge? Secondo il Procuratore, la risposta è negativa. La sentenza impugnata aveva omesso completamente di considerare l’espulsione dello straniero, una misura che, sebbene subordinata a una valutazione sulla pericolosità sociale del soggetto, non può essere ignorata dal giudice.

La Decisione della Corte di Cassazione: Accoglimento del Ricorso del PM

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore Generale, annullando la sentenza sul punto specifico dell’omessa statuizione sulla misura di sicurezza. Allo stesso tempo, ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato.

La Corte ha chiarito che, sebbene l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale ponga limiti stringenti all’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, tali limiti non valgono quando l’errore del giudice riguarda l’omessa applicazione di una misura di sicurezza obbligatoria. Questo tipo di errore, infatti, costituisce una violazione di legge che può sempre essere contestata in Cassazione.

Per quanto riguarda il ricorso dell’imputato, i giudici hanno ribadito che le censure relative alla motivazione sulla congruità della pena o sulla mancata valutazione di cause di proscioglimento non rientrano nei motivi di ricorso consentiti dalla legge contro le sentenze di patteggiamento.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza è fondamentale per comprendere i principi affermati. La Cassazione sottolinea che il giudice del patteggiamento non è un mero ratificatore dell’accordo tra accusa e difesa. Egli mantiene il dovere di controllare la legalità dell’accordo e di applicare le disposizioni di legge inderogabili.

Nel caso specifico, la Corte Costituzionale (con la storica sentenza n. 58/1995) ha stabilito che l’espulsione dello straniero prevista dall’art. 86 d.P.R. 309/90 non è automatica, ma richiede un accertamento in concreto della pericolosità sociale del condannato. Tale accertamento, basato sui parametri dell’art. 133 del codice penale, è un dovere del giudice che non viene meno nel procedimento speciale del patteggiamento. La sentenza impugnata è stata annullata proprio perché non conteneva alcuna valutazione su questo punto, né in dispositivo né in motivazione. Il giudice di merito aveva semplicemente ignorato la questione.

Le Conclusioni

Le conclusioni che si possono trarre da questa pronuncia sono nette e di grande rilevanza pratica:

1. Potere-dovere del giudice: Il giudice, anche nel ratificare un patteggiamento, deve verificare e decidere su tutti gli aspetti non compresi nell’accordo, incluse le misure di sicurezza obbligatorie.
2. Valutazione della pericolosità: L’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione richiede sempre una valutazione motivata sulla pericolosità sociale attuale e concreta del condannato straniero.
3. Limiti all’impugnazione: La sentenza conferma la differenza tra le parti: mentre il Pubblico Ministero può impugnare la sentenza per l’omessa applicazione di una misura di sicurezza, l’imputato può farlo solo per i motivi tassativamente elencati dalla legge, tra cui non rientra la valutazione sulla congruità della pena concordata.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento se il giudice ha omesso di applicare una misura di sicurezza obbligatoria?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’omessa applicazione di una misura di sicurezza obbligatoria per legge, come l’espulsione dello straniero per reati di droga, costituisce un errore di diritto che rende la sentenza ricorribile in Cassazione, anche se si tratta di un patteggiamento.

In caso di patteggiamento, il giudice deve sempre valutare l’espulsione dello straniero condannato per reati di droga?
Sì. Anche quando accoglie una richiesta di patteggiamento, il giudice ha l’obbligo di accertare in concreto la sussistenza della pericolosità sociale del condannato straniero e, sulla base di tale valutazione, decidere se applicare o meno la misura di sicurezza dell’espulsione, come previsto dall’art. 86 del d.P.R. 309/90.

Quali sono i motivi per cui un imputato può ricorrere contro una sentenza di patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, il ricorso dell’imputato è limitato a motivi specifici: l’erronea espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’errata qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata. Motivi riguardanti la congruità della pena o la valutazione delle prove non sono ammessi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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