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Espulsione dello straniero: la pericolosità sociale

Un cittadino straniero, con un lungo curriculum criminale e una recente condanna per reati legati agli stupefacenti, ha presentato ricorso contro il suo ordine di espulsione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. La Corte ha stabilito che la valutazione della persistente pericolosità sociale del soggetto, basata sulla sua storia criminale, sulla mancanza di ravvedimento, sulla debolezza dei legami familiari e sull’assenza di integrazione sociale, giustificava pienamente la misura dell’espulsione dello straniero, ritenendola proporzionata rispetto all’interesse pubblico alla sicurezza.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione dello Straniero: Pericolosità Sociale e Legami Familiari

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato i criteri per l’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero condannato per reati in materia di stupefacenti. La decisione sottolinea come la valutazione della pericolosità sociale attuale del soggetto e un attento bilanciamento con il diritto alla vita familiare siano elementi imprescindibili. Questo caso offre uno spaccato chiaro su come la magistratura ponderi l’interesse alla sicurezza pubblica rispetto ai diritti individuali, specialmente in presenza di un passato criminale significativo e di legami sociali e familiari deboli.

Il Contesto del Ricorso: Una Lunga Carriera Criminale

Il caso esaminato riguarda un cittadino straniero destinatario di un’ordinanza di espulsione emessa dal Tribunale di Sorveglianza. Il soggetto vantava un notevole curriculum criminale, con condanne accumulate dalla fine degli anni ’90 fino al 2019 per reati gravi come rapina, lesioni personali, oltraggio a pubblico ufficiale, ricettazione e possesso illegale di armi. L’ultimo grave reato, commesso nel 2019 e sanzionato ai sensi dell’art. 73 del d.P.R. 309/1990, gli era costato una condanna definitiva a quattro anni e otto mesi di reclusione.

La Valutazione della Pericolosità Sociale e l’Espulsione dello Straniero

Il cuore della questione giuridica ruota attorno all’interpretazione dell’art. 86 del d.P.R. 309/1990, che prevede l’espulsione per lo straniero condannato per specifici reati di droga. La Corte di Cassazione, richiamando una storica sentenza della Corte Costituzionale (n. 58/1995), ha ribadito che tale misura non può essere automatica. È necessario un accertamento concreto e attuale della pericolosità sociale del condannato, che si manifesta principalmente nella reiterazione dei fatti criminosi.

Gli Elementi Considerati dal Tribunale

Il Tribunale di Sorveglianza aveva motivato la persistenza della pericolosità sociale sulla base di una serie di elementi fattuali:
1. Mancanza di revisione critica: Il soggetto non aveva intrapreso alcun percorso di riflessione sul proprio passato criminale.
2. Deboli legami familiari: L’unico riferimento affettivo in Italia era un figlio maggiorenne con cui non conviveva.
3. Condotta carceraria irregolare: Il comportamento tenuto durante la detenzione non era stato esemplare.
4. Propensione al consumo di stupefacenti: Era stata accertata una persistente tendenza all’uso di droghe.
5. Assenza di integrazione: Il soggetto mancava di stabili riferimenti abitativi e lavorativi sul territorio.

L’Equilibrio tra Sicurezza Pubblica e Vita Familiare

La giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che, oltre alla pericolosità sociale, è necessario un esame comparativo della condizione familiare dell’imputato. Questo bilanciamento, richiesto dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) in relazione all’art. 117 della Costituzione, deve ponderare l’interesse generale alla sicurezza con l’interesse del singolo alla vita familiare.
Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che i deboli legami familiari del ricorrente non fossero sufficienti a controbilanciare l’elevato grado di pericolosità sociale emerso dall’analisi complessiva della sua situazione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile, giudicando la motivazione del Tribunale di Sorveglianza logica, coerente e fondata su prove concrete. I giudici supremi hanno confermato che la valutazione della pericolosità sociale era stata condotta correttamente, tenendo conto di tutti gli indicatori rilevanti. L’analisi del Tribunale non si è limitata al solo reato in materia di stupefacenti, ma ha abbracciato l’intera storia criminale del soggetto, la sua condotta di vita e la sua totale assenza di integrazione nel tessuto sociale italiano. Di conseguenza, l’espulsione è stata considerata una misura proporzionata e necessaria per tutelare la sicurezza pubblica.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’espulsione dello straniero non è una sanzione accessoria automatica, ma una misura di sicurezza che richiede un’indagine approfondita e personalizzata. La pericolosità sociale deve essere attuale e concreta, e il giudice ha il dovere di bilanciare tutti gli interessi in gioco. Tuttavia, quando un individuo dimostra con la propria condotta una persistente inclinazione a delinquere e una mancanza di legami significativi con il territorio, l’interesse dello Stato alla sicurezza e alla prevenzione di nuovi reati prevale, legittimando l’allontanamento.

L’espulsione dello straniero condannato per reati di droga è automatica?
No, non è automatica. A seguito di una sentenza della Corte Costituzionale, il giudice deve sempre procedere a un accertamento in concreto della sussistenza della pericolosità sociale del condannato prima di poter emettere un ordine di espulsione.

Quali elementi vengono considerati per valutare la pericolosità sociale di uno straniero?
Il giudice considera una pluralità di elementi, tra cui i precedenti penali (il cosiddetto ‘curriculum criminale’), l’assenza di un percorso di revisione critica del proprio passato, la condotta tenuta in carcere, la persistente propensione al consumo di sostanze stupefacenti e la mancanza di stabili riferimenti abitativi, lavorativi e familiari sul territorio.

In che modo il diritto alla vita familiare influisce sulla decisione di espulsione?
Il giudice deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse generale alla sicurezza sociale e l’interesse del singolo alla vita familiare, come protetto dall’art. 8 della CEDU. Se i legami familiari sono deboli o inesistenti, e la pericolosità sociale è elevata, l’interesse pubblico alla sicurezza prevarrà, giustificando la misura dell’espulsione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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