Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22531 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22531 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze in data 1.6/03/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostit Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 16 marzo 202:3, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Livorno in data 21 settembre 2020 con la quale NOME COGNOME, all’esito del giudizio abbreviato, era stato condannato, ap la diminuente per il rito, alla pena di un anno e 8 mesi di reclusione e di euro 2.000,00 di multa in quanto riconosciuto colpevole, con le attenuanti generiche ed esclusa la recidiva contestata, del delitto di cui agli artt. 624 e 625, primo comma, n. 7, cod. pen., per essersi impossessato di un borsello posto all’interno di un furgone e contenente vari documenti, una carta di credito, un cellulare marca Samsung, la somma di 120 euro e oggetti vari, con l’aggravante del fatto su cose
esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, in Livorno in data 18 aprile 2018; nonché del reato previsto dagli artt. 56 e 624 cod. pen. perché, al fine di trame profitto, poneva in essere atti idonei e diretti in mod non equivoco a impossessarsi di uno zaino all’interno dell’autolavaggio, non riuscendovi per cause indipendenti dalla sua volontà, in Livorno il 31 ottobre 2018.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nonché il travisamento della prova in riferimento all’identificazione dell’imputato come autore del furto tentato.
Quanto alle dichiarazioni del teste COGNOME, il quale ha riconosciuto COGNOME come titolare dell’utenza telefonica collegata al telefono perso dall’autore del tentati di furto nel corso dell’azione delittuosa (utenza con cui l’imputato l’aveva in precedenza contattato per procurarsi sostanze stupefacenti), la difesa opina che, in realtà, l’utenza del gestore Wind risultava intestata ad altro soggetto.
Né l’identificazione di NOME sarebbe stata effettuata, in maniera certa, dalla teste presente sulla scena del tentato furto.
Quanto, infine, al riconoscimento fotografico operato dagli agenti di polizia giudiziaria, la difesa evidenzia come esso non goda di uno statuto probatorio privilegiato, essendo compito del giudice valutarne l’attendibilità.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 62, n. 4, 133 e 625, n. 7, cod. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio.
2.2.1. Sotto un primo profilo, non sussisterebbe l’aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede, in quanto il borsello rubato non rientrerebbe nella normale dotazione del veicolo e in quanto mancherebbe la situazione di necessità che avrebbe dovuto spingere la persona offesa ad affidarsi alla buona fede dei consociati, non potendo l’aggravante essere configurata nel c:aso in cui la vittima abbia lasciato l’oggetto nel veicolo per mera comodità o trascuratezza. Infine, l’aggravante sarebbe esclusa dalla presenza delle telecamere di sorveglianza nella strada dove era parcheggiato il furgone.
2.2.2. In secondo luogo, i Giudici di merito avrebbero dovuto applicare l’attenuante ex art. 62, n. 4, cod. pen., che andrebbe commisurata non al valore del bene sottratto, ma al disvalore sociale generato dal reato e al pregiudizio causati.
2.3. Infine, la sentenza impugnata avrebbe omesso di motivare in merito agli aumenti di pena relativi ai singoli reati satellite, benché le Sezioni Unite, con sentenza n. 47127/2021, abbiano affermato il principio secondo cui il giudice deve calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ognuno di essi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Il primo motivo è inammissibile.
2.1. Va premesso che, come ricordato dal Procuratore generale in sede di requisitoria scritta, la giurisprudenza di legittimità afferma che il travisamen della prova deducibile con il ricorso per cassazione concerne la verifica dell’esatta trasposizione, nel ragionamento del giudice di merito, del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione del «significante», ma non del «significato», atteso il divieto di rilettu e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova stabilito in sede d legittimità (Sez. 5, n. 26455 del 9/06/2022, COGNOME, Rv 283370 – 01).
In tale prospettiva, la piana lettura della sentenza impugnata consente di escludere che vi sia stata una distorsione, pacifica e incontrovertibile, dei dat probatori. Al contrario, la Corte di appello ha fondato la responsabilità dell’imputato per il tentato furto sul riconoscimento compiuto sia dalla figlia dell persona offesa, NOME COGNOME, presente al momento del fatto, la quale ha dichiarato di riconoscere, con elevato grado di probabilità, nella foto n. 4, l’uomo che il 31 ottobre 2018 era entrato nell’autolavaggio della madre e aveva tentato di sottrarle lo zaino; sia dal teste NOME COGNOME che ha identificato con certezza l’imputato nel soggetto da lui in precedenza contattato, per acquistare sostanze stupefacenti, all’utenza telefonica (.NUMERO_TELEFONO) associata alla sim card presente all’interno del telefono cellulare perso dall’autore del furto.
2.2. Rispetto a tali dichiarazioni, il ricorso finisce per sollecitarne una rilet favorevole all’imputato, con un’operazione inammissibile in sede di legittimità, dato che il giudizio sul significato da attribuire agli elementi di prova spetta in esclusiva al giudice di merito. E il dedotto travisamento della prova non si è articolato in un compiuto ragionamento, quanto nell’illustrazione dei suoi presupposti teorici, compiuta attraverso il vago richiamo ad alcune massime giurisprudenziali.
Il secondo motivo è complessivamente infondato.
3.1. Innanzitutto, va chiarito che l’esposizione della cosa alla pubblica fede non è di per sé esclusa dalla presenza di videocamere di sorveglianza nel luogo del
furto, dato che il sistema di videosorveglianza costituisce un mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato che non appare idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa, posto che solo una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’art. 625, comrna primo, n. 7, cod. pen. (Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, dep. 2021, Saja, Rv 280157 – 01).
Inoltre, l’orientamento più recente della giurisprudenza di legittimità si espresso nel senso che ai fini della configurabilità dell’aggravante in esame devono intendersi esposte «per necessità e consuetudine» alla pubblica fede anche le cose che la vittima abbia temporaneamente lasciato in un’autovettura parcheggiata sulla pubblica via, ancorché non costituenti la normale dotazione del veicolo (Sez. 5, n. 47791 del 27/10/2022, Ferracane, Rv 283903 – 01), come del caso degli oggetti e dei documenti ivi custoditi per necessità o comodità (Sez. 5, n. 38900 del 14/06/2019, COGNOME, Rv 277119 – 01). Dunque, l’aggravante in parola sussiste pure se l’oggetto rubato non faceva parte della normale dotazione del veicolo e se non vi era stato lasciato per via di una situazione di mera necessità.
3.2. Quanto all’attenuante ex art. 62, n. 4, cod. pen., secondo la Suprema Corte il giudice deve fondare la sua valutazione su un giudizio complesso del danno globalmente arrecato, il quale deve tenere conto di tutti gli elementi della fattispecie concreta. Pertanto, non possono ritenersi determinanti i soli parametri dell’entità lievissima del pregiudizio causato alla vittima del reato e del valor irrisorio del bene sottratto (così Sez. 3, n. 18013 del 5/02/2019, Loussaief, Rv. 275950 – 01).
Nel caso di specie, nel borsello rubato erano contenuti pure documenti e bancomat della persona offesa, sicché la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità è stata condivisibilmente esclusa, tenuto conto del valore non determinabile, o comunque di non speciale tenuità, del documento, che non si esaurisce nello stampato cartaceo, nonché degli ulteriori effetti negativi subiti dalla persona offesa, quali la necessità di affrontare le pratiche relative alla duplicazione dei documenti sottratti (Sez. 4, n. 37795 del 21/09/2021, E3osio, Rv. 281952 01; Sez. 4, n. 16218 del 2/04/2019, COGNOME, Rv. 275582 – 01).
3.3. Infine, in ordine alla determinazione della pena, il Tribunale e la Corte territoriale hanno individuato il furto consumato come reato più grave, per cui hanno applicato la pena di 2 anni di reclusione, aumentata di 6 mesi per via della continuazione con il furto tentato, unico reato satellite.
Ora, se è vero che il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre a individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U., n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269 – 01), tuttavia è stato affermato che, nel calcolare l’incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati
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satellite, il giudice non è tenuto a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entità, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. (Sez. 6, n. 44428 del 5/10/2022, Spampinato, Rv. 284005 – 01). Ciò che è avvenuto nel caso di specie, posto che l’aumento di pena per la continuazione era di soli 6 mesi di reclusione, sicché la motivazione resa dal Tribunale e fatta propria dalla Corte territoriale risulta del tutto congrua ed esente dai lamentati vizi.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in data 5 marzo 2024
Il Consigliere estensore