Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 18806 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18806 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME NOME LUCERA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a CIVITANOVA MARCHE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2022 della CORTE APPELLO di PERUGIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto rigettarsi i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Perugia, con la sentenza emessa il 14 novembre 2022, decidendo a seguito di annullamento con rinvio da parte delle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione disposto con sentenza del 15 luglio 2021 n. 40275, riformava la sentenza di primo grado, escludendo l’aggravante della minorata difesa e riconoscendo quella della esposizione alla pubblica fede, condannando NOME COGNOME ed NOME COGNOME per il concorso nel reato di furto di diciassette bancali in legno, giacenti sul piazzale della ditta “RAGIONE_SOCIALE“, all’interno del quale essi si erano introdotti di notte, scavalcando l sbarra posta a presidio dell’accesso e caricando la refurtiva su di un furgone all’uopo noleggiato. Ad entrambi gli imputati era stata riconosciuta la circostanza
attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 4, cod. pen., che la Corte territoriale ha ritenuto equivalente per COGNOME, alle aggravanti e alla recidiva reiterata specifica, e prevalente per COGNOME sulla aggravante della esposizione alla pubblica fede.
I ricorsi per cassazione proposti nell’interesse di COGNOME e COGNOME sono articolati rispettivamente in uno e tre motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Quanto al ricorso COGNOME, il motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 625, comma 2, n. 7 cod. pen. in quanto il capannone ove fu consumato il furto era sottoposto a videosorveglianza in modo continuativo, oltre che in ragione dell’arresto in flagranza avvenuto grazie al nnonitoraggio da parte di una pattuglia della vigilanza notturna, che comunque escluderebbe la circostanza aggravante, a riprova di una costante supervisione.
Quanto al ricorso COGNOME, viene dedotto quanto segue.
4.1 Con il primo motivo il ricorrente lamenta la medesima violazione dell’altro ricorrente, oltre che vizio di motivazione, evidenziando come la sentenza impugnata non abbia fatto alcuna verifica sul tema evidenziato dalle Sezioni Unite, della rilevanza anche della vigilanza ulteriore rispetto a quella a mezzo videosorveglianza, quale quella assicurata dal servizio di vigilanza privata, assolutamente non menzionata dalla Corte di merito.
4.2 Con il secondo motivo lamenta il ricorrente omessa motivazione in ordine al mancato riconoscimento della prevalenza della circostanza attenuante dell’art. 62 n. 4 cod. pen. La sentenza impugnata non darebbe conto di tale opzione, risultando diversamente riconosciuta la prevalenza per il coimputato.
Altre doglianze mosse con l’atto di appello non sono state valutate dalla Corte territoriale, quanto all’intervenuto risarcimento del danno ai fini del riconoscimento della circostanza attenuanti generiche o dell’attenuante dell’art. 61, n. 6 cod. pen., ovvero quanto alla riduzione della pena.
4.3 Il terzo motivo deduce che in data 20 novembre 2015, in primo grado, l’imputato avrebbe risarcito il danno e pertanto chiede l’applicazione, divenuto il delitto di furto in contestazione procedibile a querela, a seguito del d.lgs. 150 del 2022, dell’art. 162-ter cod. pen., potendo la Corte di cassazione procedere alla declaratoria di estinzione del delitto o all’annullamento con rinvio sul punto, a fronte del valore della refurtiva di euro 75,00.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte – ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 – con le quali ha chiesto rigettarsi i ricorsi.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente infondato.
Quanto al primo motivo dei due ricorsi, sostanzialmente sovrapponibili, l’annullamento con rinvio operato dalle Sezioni Unite estendeva ex art. 587 cod. proc. pen. anche a COGNOME il tema della decisione sulla circostanza aggravante della esposizione alla pubblica fede.
A ben vedere, sul punto specifico della omessa valutazione della esistenza della vigilanza privata, che nel caso di specie avrebbe garantito l’arresto in flagranza, la Corte territoriale motiva in modo congruo, chiarendo che non vi è prova che il sistema di videosorveglianza consentisse un collegamento con un addetto che stabilmente avrebbe potuto allertare la pattuglia per l’intervento.
In sostanza, la Corte di merito esclude che l’arresto in flagranza sia scaturito dalla continuità della vigilanza, in sé idonea a inibire l’aggravante della esposizione alla pubblica fede, ritenendo l’intervento delle forze dell’ordine implicitamente frutto di una casualità, con il risulta correttamente applicato anche l’orientamento richiamato dal ricorrente, per cui in tema di furto, la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato non idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa, mentre solo una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. (Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, dep. 2021, Saja, Rv. 280157 – 01).
I motivi sono dunque infondati.
Quanto al secondo motivo del ricorso COGNOME, va evidenziato che le censure per l’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche sono state già ritenute inammissibili dalle Sezioni Unite rescindenti (cfr. par. 20.1.2).
In realtà, deve ritenersi che l’omesso esame da parte della Corte di appello del motivo relativo all’offerta risarcitoria, sia parimenti conseguenza della inammissibilità dell’appello sul punto, in quanto l’atto si presenta comunque caratterizzato da assoluta genericità, a fronte della indicazione contenuta nella sentenza di primo grado che dava atto che COGNOME aveva provveduto a rifondere solo una piccola parte del danno arrecato alla persona offesa. E bene, il motivo di appello si palesa generico e non si confronta con il tema della congruità del risarcimento.
D’altro canto, dall’esame della sentenza delle Sezioni Unite emerge anche che sul punto il ricorrente non aveva formulato alcuna doglianza (cfr. par. 3.1), come anche in tema di dosimetria della pena, cosicché il motivo in questa sede non è consentito perché inedito.
Quanto al terzo motivo di ricorso, l’udienza dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Macerata si tenne il 20 novembre 2015, dunque prima dell’introduzione dell’art. 162-ter cod. pen. e, comunque, prima della modifica dell’art. 624, connma 2, cod. pen. ad opera dell’ art. 2, comma 1, lett. i), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 99-bis, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 150/2022, aggiunto dall’art. 6, connma 1, D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199.
Trattandosi di norma sostanziale, deve trovare applicazione il principio della retroattività della disposizione più favorevole, conseguente alla procedibilità a querela sopravvenuta del delitto per cui si procede, ma il presupposto dell’applicazione della disciplina è che l’imputato abbia riparato interamente il danno: nel caso in esame, però, tale presupposto non ricorre in quanto, per ciò che emerge dalla sentenza di primo grado, vi fu pagamento solo di una parte del valore della refurtiva.
L’art. 162-ter, comma 1, cod. pen., prevede che «ei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagioNOME dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha elimiNOME, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208
e seguenti del codice civile, formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo».
La causa di estinzione del reato di cui all’art. 162-ter cod. pen. è certamente rilevabile anche in sede di legittimità, nei processi in cui la dichiarazione d apertura del dibattimento sia successiva alla data di entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, a condizione che la condotta riparatoria sia intervenuta entro il termine massimo rappresentato da detta dichiarazione, e che il giudice di merito abbia sentito le parti e valutato la congruità della somma offerta (Sez. 4, n. 39304 del 14/10/2021, COGNOME, Rv. 282059 – 01). Nello stesso senso, si è affermato che la richiesta di applicazione della causa di estinzione del reato per la riparazione del danno, prevista dall’art. 162-ter cod. pen., introdotto dall’art. 1 della legge 23 giugno 2017, n.103, può essere formulata anche nel giudizio di legittimità, ferma l’esclusione, in tal caso, della possibilità di chiedere la fissazion di un termine per provvedere alla condotta riparatoria (Sez. 5, n. 8182 del 22/11/2017, dep. 2018, V., Rv. 272433 – 01; in motivazione la Corte ha chiarito che, in sede di legittimità, l’applicazione di detta causa estintiva può essere richiesta sulla base di documentazione comprovante l’esistenza di condotte riparatorie già perfezionatesi).
Ma nel caso in esame, se il risarcimento è intervenuto prima dell’apertura del dibattimento, come attestato da una dichiarazione sottoscritta dalla persona offesa, lo stesso è intervenuto nella misura di euro 20,00, come anticipato, dunque non per l’intero ma per una parte del valore.
Il dato testuale della norma esclude la possibilità di poter valorizzare ai fini della causa di non punibilità riparazioni soltanto parziali.
Ne consegue che il motivo è manifestamente infondato
La complessiva infondatezza dei ricorsi ne determina il rigetto, con condanna alle spese processuali dei ricorrenti, risultando il reato non ancora estinto per prescrizione in ragione della contestazione delle aggravanti dei nn. 5 e n. 7 dell’art. 625 cod. pen., che determinano la pena massima in anni dieci di reclusione, ex art. 625, comma 2, cod. pen., con estinzione a seguito di prescrizione ‘breve’ a partire dal 5 novembre 2025.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle sp Così deciso in Roma, 13/02/2024 Il Consigliere estensore ali. Presidente