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Esonero contributivo indebito: la Cassazione decide

L’amministratore di una società otteneva un ingente esonero contributivo indebito per centinaia di dipendenti, usando false dichiarazioni. Condannato in appello, ricorre in Cassazione sostenendo di aver delegato il compito a un consulente e che l’esonero non costituisce “erogazione pubblica”. La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando che l’amministratore ha un dovere di vigilanza e che anche un vantaggio economico come l’esonero contributivo indebito rientra nel reato di cui all’art. 316-ter cod. pen.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esonero Contributivo Indebito: Responsabilità Penale anche Senza Incasso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14867 del 2024, ha affrontato un caso di esonero contributivo indebito, stabilendo principi cruciali sulla responsabilità penale dell’amministratore e sulla definizione di ‘erogazione pubblica’ ai sensi dell’art. 316-ter del codice penale. Questa decisione conferma che anche un mancato versamento, se ottenuto illecitamente, costituisce un reato a danno dello Stato, e che la delega di funzioni non è uno scudo sufficiente a escludere la colpevolezza del vertice aziendale.

I Fatti del Caso: come è stato ottenuto l’esonero illecito

L’amministratore unico e legale rappresentante di una grande società di servizi per il lavoro veniva condannato per il reato di cui all’art. 316-ter c.p. L’accusa era di aver ottenuto, mediante dichiarazioni mendaci, un ingente esonero dal versamento dei contributi previdenziali per centinaia di dipendenti. L’ammontare complessivo del vantaggio illecitamente conseguito era di oltre 1.8 milioni di euro. La condanna, emessa in primo grado, veniva confermata dalla Corte di Appello di Trieste, spingendo l’imputato a ricorrere per Cassazione.

Le Doglianze del Ricorrente: Delega e Interpretazione della Norma

Il ricorso dell’amministratore si basava su due argomenti principali:

1. L’illogicità della motivazione: L’imputato sosteneva di non essere direttamente responsabile, avendo nominato un consulente del lavoro a cui aveva delegato l’intera gestione degli adempimenti previdenziali. A suo dire, l’errore nell’invio delle dichiarazioni all’INPS era da attribuire esclusivamente al consulente, tanto che quest’ultimo lo aveva ammesso. Inoltre, data la complessità e le dimensioni dell’azienda, l’amministratore asseriva di non possedere le competenze tecniche specifiche per supervisionare tale attività.
2. La violazione dell’art. 316-ter c.p.: Secondo la difesa, la norma punisce la percezione di ‘erogazioni pubbliche’, mentre nel caso di specie si trattava di un mero ‘esonero’ dal versamento. Tale vantaggio, a suo avviso, non poteva essere equiparato a un’erogazione diretta di fondi pubblici come indennità o sussidi.

Esonero Contributivo Indebito: La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni e confermando la condanna. I giudici hanno ritenuto le censure dell’imputato aspecifiche e infondate, basando la propria decisione su un’analisi rigorosa sia degli elementi di fatto sia dei principi giuridici consolidati.

La Responsabilità dell’Amministratore e il Dovere di Vigilanza

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte ha chiarito che la responsabilità penale non poteva essere esclusa sulla base della semplice delega a un consulente. La Corte d’appello non si era basata su mere ‘presunzioni’, ma su una serie di fatti concreti e incontrovertibili che rendevano ragionevole l’attribuzione del reato all’amministratore. Tra questi:

* L’assenza di una delega formale di funzioni ad altri organi sociali.
* Il dovere di vigilanza che grava sull’amministratore, il quale non viene meno con l’affidamento di un incarico a terzi.
* La specifica competenza della società, che operava proprio nel settore dell’intermediazione e selezione del personale, rendendo poco credibile una totale ignoranza della materia.
* Le dimensioni abnormi dell’attività illegale, pari al 98% degli sgravi contributivi richiesti, un dato che non poteva sfuggire a un controllo gestionale minimo.
* La reiterazione della condotta con un’altra società, anche dopo le prime contestazioni mosse dall’INPS.

L’Esonero come ‘Erogazione Pubblica’ ai sensi dell’Art. 316-ter c.p.

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato privo di fondamento. La Cassazione ha ribadito, richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite, che il concetto di ‘erogazione’ ai fini dell’applicazione dell’art. 316-ter c.p. è ampio. Si ha ‘erogazione’ non solo quando vi è un’elargizione diretta di denaro, ma ogni volta che il richiedente ottiene un vantaggio economico che viene posto a carico della comunità.

Il principio era già stato affermato in casi come l’esenzione dal pagamento del ticket sanitario ottenuta con false attestazioni reddituali. La Corte ha sottolineato come la situazione in esame fosse del tutto analoga a quella del datore di lavoro che, esponendo falsamente di aver anticipato indennità di malattia o maternità per conto dell’INPS, ottiene un conguaglio con i contributi dovuti. In entrambi i casi, si realizza un indebito vantaggio economico a danno dell’ente pubblico.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su due pilastri. Il primo è il principio di responsabilità dell’amministratore, che non può schermarsi dietro la figura di un consulente, specialmente quando l’entità e la natura della frode sono tali da renderne inverosimile la mancata conoscenza. Il dovere di vigilanza impone un controllo sull’operato dei delegati, la cui omissione colposa può integrare la responsabilità penale. Il secondo pilastro è l’interpretazione teleologica dell’art. 316-ter c.p., volta a proteggere le finanze pubbliche da ogni forma di aggressione fraudolenta. La norma non punisce solo l’incasso di denaro, ma anche il mancato esborso di somme dovute, quando questo risultato è ottenuto con l’inganno. L’esonero contributivo indebito, pertanto, rappresenta un danno per la collettività e un vantaggio per il privato, integrando pienamente la fattispecie di reato contestata.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Per gli amministratori di società, emerge con chiarezza che la delega di compiti complessi a professionisti esterni non è sufficiente per escludere la propria responsabilità penale. È necessario mantenere un livello di controllo e vigilanza adeguato, la cui omissione può essere considerata un elemento a sostegno della colpevolezza. Sul piano giuridico, la decisione rafforza un’interpretazione estensiva e sostanzialistica del reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, includendovi qualsiasi vantaggio patrimoniale illecitamente ottenuto, anche sotto forma di risparmio di spesa, a detrimento delle casse pubbliche.

L’amministratore di una società può evitare la responsabilità penale per false dichiarazioni fiscali delegando il compito a un consulente esterno?
No. Secondo la Cassazione, la delega non esonera l’amministratore dal suo “dovere di vigilanza”. La responsabilità penale sussiste, specialmente in presenza di indizi gravi come la vastità dell’illecito (98% degli sgravi richiesti), la specifica competenza della società nel settore e la reiterazione della condotta.

Ottenere un esonero dal pagamento dei contributi tramite false dichiarazioni è considerato reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.)?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando la propria giurisprudenza consolidata, ha stabilito che il concetto di “erogazione” include non solo la ricezione diretta di somme di denaro, ma anche qualsiasi vantaggio economico ottenuto a danno della collettività, come un indebito esonero da un versamento obbligatorio.

Quali elementi ha considerato la Corte per affermare la colpevolezza dell’amministratore nonostante la presenza di un consulente?
La Corte ha valorizzato una serie di circostanze fattuali: l’assenza di una delega formale di funzioni ad altri organi sociali, il dovere di vigilanza intrinseco alla carica di amministratore, la specifica competenza della società nel settore della gestione del personale, le enormi dimensioni dell’attività illegale e la sua reiterazione nel tempo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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