Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47242 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47242 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a OSTUNI il 22/08/1984
avverso l’ordinanza del 10/06/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di Lecce lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOMECOGNOME COGNOME che ha chiesto
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; l’annullamento con rinvio.
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di sorveglianza di Lecce in sede di opposizione, ha confermato il provvedimento con il quale lo stesso Tribunale aveva dichiarato non estinta la pena detentiva, irrogata a NOME COGNOME con sentenza della Corte di appello di Lecce, del 30 aprile 2014, divenuta definitiva il a-Q( jekiekLA , 21 luglio 2015, applicata al condannato la misura alternativa della detenzione domiciliare per giorni trenta.
2.Propone tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, denunciando con un unico motivo, violazione di legge in relazione all’art. 47 ord. pen. e vizio di motivazione.
Il Tribunale ha dichiarato, con l’ordinanza impugnata del 26 marzo 2024, depositata il 5 aprile 2024, non positivo l’esito della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale concessa a NOME COGNOME e, quindi, non espiata la pena eseguita nel corso di tale misura, con ciò confermando il giudizio, adottato inaudita altera, dallo stesso Tribunale di sorveglianza, con ordinanza del 10 giugno 2022.
Si deduce che il Tribunale di sorveglianza fondava la decisione sul fatto che, nel corso dell’affidamento in prova, NOME era stato denunciato per falsa testimonianza, commessa in data 1° marzo 2019, quale istigatore della teste NOME COGNOME
Il Tribunale valorizza che, per tale condotta, era stato disposto il rinvio a giudizio all’udienza del 20 ottobre 2024.
Si osserva che l’altra imputazione ascritta al condannato, cioè quella di calunnia, è relativa a fatto commesso il 16 gennaio 2017 e, quindi, non valutabile in quanto, dal punto di vista temporale, fuori dal periodo di prova.
Secondo il ricorrente, il Tribunale ha collegato il proprio giudizio negativo soltanto a un dato, peraltro non univoco, cioè il rinvio a giudizio per due reati, uno, comunque, commesso prima dell’avvio dell’esecuzione dell’affidamento in prova.
Si richiama giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, secondo la quale la valutazione circa l’esito positivo dell’affidamento in prova va fatta tenendo conto, globalmente e complessivamente, della condotta, nonché della gravità dei singoli episodi specifici, onde verificare se questi siano incompatibili con la prosecuzione della prova, con la finalità di valutare se sia avvenuto o meno il recupero sociale del condannato.
Nella specie, il giudizio è stato svolto, per il ricorrente, senza tenere conto della relazione finale del servizio sociale, della concessione al condannato della
liberazione anticipata, dell’esito delle informative dell’autorità di polizia, del definizione del procedimento promosso a carico del ricorrente.
Tanto, peraltro, acquisendo soltanto il capo di imputazione del procedimento fissato per la prima udienza del 24 ottobre 2024 e, comunque, senza tenere conto che la concorrente nel reato è stata assolta con sentenza divenuta irrevocabile, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOMECOGNOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo l’annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
Il primo provvedimento adottato, inaudita altera parte, oggetto di opposizione, assume che la commissione di un illecito penale nel corso dell’affidamento rende manifesta la mancata adesione dell’interessato all’offerta rieducativa e preclude ogni valutazione positiva in ordine allo svolgimento della misura alternativa.
Il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione, che ha confermato la descritta ordinanza del 10 giugno 2022 e che decide sull’opposizione proposta rigettandola, assume che il Tribunale di sorveglianza ha considerato un fatto, avvenuto in costanza di misura, e ha bilanciato il disvalore di questo con la condotta complessivamente tenuta dal condannato, addivenendo, infatti, non al rigetto della domandata estinzione della pena ma alla trasformazione di questa nella detenzione domiciliare per giorni trenta.
Il provvedimento impugnato prende in considerazione il fatto che il condannato era imputato, in concorso con il fratello, del delitto di lesioni pluriaggravate commesso ai danni di tale COGNOME
Lo stesso condannato aveva, poi, in continuità con tale imputazione, nel corso di un’udienza in data 16 gennaio 2017 – quindi prima del periodo di prova avviato in data 1 ° febbraio 2018 – accusato falsamente personale del Commissariato di pubblica sicurezza di Ostuni perché reo, a suo dire, di aver omesso o ritardato la denuncia dello stesso NOME contro COGNOME, cioè della vittima dell’aggressione.
Dunque, si fa riferimento alla pendenza di un procedimento per falsa testimonianza e per calunnia sostenendo che NOME aveva, nel corso del processo, commesso, appunto, la falsa testimonianza del 2017 e aveva, poi, proseguito nel proprio disegno contattando, nel 2019, la teste COGNOME istigando la falsa
testimonianza a quest’ultima ascritta e della quale il condannato risponde in concorso.
La difesa assume che l’imputata COGNOME è stata assolta dalla falsa testimonianza istigata da NOMECOGNOME con sentenza definitiva e che il primo fatto, cioè il reato di calunnia, commesso in relazione a personale di Polizia giudiziaria, è precedente al periodo di prova e, dunque, non sarebbe in alcun modo valutabile ai fini che interessano.
Inoltre, la difesa assume che il Tribunale avrebbe dovuto, quanto meno, attendere la definizione del procedimento di primo grado, fissato per il 24 ottobre 2024, quanto al reato di falsa testimonianza ascritto al ricorrente in concorso con la coimputata assolta.
3. Osserva il Collegio che, nel caso della revoca dell’affidamento in prova, il Tribunale di sorveglianza è chiamato a valutare la gravità di singoli, specifici, episodi per verificare se essi siano espressione di un comportamento incompatibile con la prosecuzione della prova. Invece, nel caso della valutazione sull’esito del periodo di prova, il relativo giudizio, avente ad oggetto l’intero arc di svolgimento della misura ormai conclusa, si sostanzia in un apprezzamento globale dell’atteggiarsi del condannato durante lo svolgimento dell’intero periodo di prova, al fine di decidere se vi sia stata, da parte del condannato, una mera formale adesione alle regole di buona condotta, ovvero se sia avvenuto l’effettivo recupero sociale del condannato.
Secondo un primo, più risalente, orientamento, l’esame della condotta dell’affidato in prova andrebbe limitato esclusivamente al periodo di affidamento, non potendo la condotta del soggetto successiva alla scadenza della misura avere alcuna influenza sul giudizio da esprimere in ordine all’esito della stessa (Sez. 1, n. 3712 del 22/05/2000, dep. 26/06/2000, COGNOME, Rv. 216281; Sez. 1, n. 2874 del 15/05/1998, dep. 6/06/1998, Milan, Rv. 210782; Sez. 1, n. 2811 del 15/05/1998, dep. 28/09/1998, COGNOME, Rv. 211404).
Secondo un più recente e ormai consolidato indirizzo interpretativo, invece, al termine dell’esperimento della prova, il Tribunale di sorveglianza ben può tenere conto di qualsiasi elemento fattuale sintomatico del mancato raggiungimento delle finalità cui è destinata la misura, valutando anche fatti e comportamenti posti in essere dal condannato dopo che sia cessata l’esecuzione della misura alternativa, ma prima che sia formulato il giudizio sul relativo esito, giacché essi possono costituire indici sintomatici, per qualità e gravità, del mancato conseguimento di quell’obiettivo di recupero sociale del condannato, cui la misura stessa è preordinata.
A tal fine, il Tribunale di sorveglianza deve compiere una valutazione globale, tenendo conto, da un lato, della condotta serbata dal condannato
durante l’esecuzione della prova e, dall’altro, dell’effettiva entità del fat successivo, della distanza cronologica dalla scadenza dell’affidamento (essendo illegittima la valutazione negativa dell’esito della misura fondata sulla commissione di reati dopo il decorso di un rilevante periodo di tempo dalla fine della prova: così Sez. 1, n. 27788 del 17/06/2008, dep. 8/07/2008, COGNOME, Rv. 240478; Sez. 1, n. 25257 del 22/04/2004, dep. 4/06/2004, Arena, Rv. 228136), operando quindi una autonoma delibazione sia della attribuibilità al condannato della violazione, sia della concreta incidenza sintomatica sul giudizio di recupero sociale (Sez. U, n. 10530 del 27/02/2002, COGNOME, Rv. 220877; Sez. 1, n. 3727 del 9/01/2009, COGNOME, Rv. 242526; Sez. 1, n. 26332 del 18/06/2008, COGNOME, Rv. 240875).
3.1. Nel caso in esame il Tribunale di sorveglianza si è attenuto all’esposto indirizzo, considerando il fatto che è avvenuto in costanza di misura, cioè quello relativo all’istigazione della falsa testimonianza nei confronti della COGNOME, peraltro bilanciando il disvalore di tale episodio rispetto alla condotta complessivamente tenuta durante il periodo di prova, addivenendo, infatti, non al totale rigetto della richiesta di declaratoria di estinzione, ma alla trasformazione dell’intera pena in esecuzione, pari a anni uno, mesi otto e giorni ventisette di reclusione, in quella di giorni trenta di detenzione domiciliare.
3.2. Va, peraltro, rilevato che è nota la giurisprudenza richiamata dal Sostituto Procuratore generale nella requisitoria scritta operante senz’altro in caso di totale fallimento della prova.
Tuttavia, si osserva che, nel caso di specie vi è stata una trasformazione dell’intera pena in giorni trenta di detenzione domiciliare, così, evidentemente, considerando il Tribunale anche le limitazioni patite dal condannato durante la prova e la condotta dallo stesso tenuta durante il periodo di affidamento trascorso (dal giorno 10 febbraio 2018 al 29 luglio 2019).
Osserva, inoltre, il Collegio che l’esame degli atti ha evidenziato che nella procedura di opposizione vi è stata produzione del decreto che dispone il giudizio relativo al procedimento a carico della COGNOME, mentre non risulta che il condannato abbia fatto presente che era stata emessa sentenza di assoluzione nei confronti della coimputata, pronuncia che, invero, risale al 2023.
Comunque, si deve rilevare che da detta sentenza, pur giungendo all’assoluzione nei confronti della COGNOME, emergono elementi a carico di NOME valutabili senz’altro dal Giudice di sorveglianza, dunque, la segnalata omessa valutazione della circostanza, in sé, dell’intervenuta assoluzione della concorrente nel reato, non appare decisiva ai fini che interessano.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 12 settembre 2024
Il Consigliere estensore
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