Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44004 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44004 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a AQUILONIA il 28/06/1957
avverso l’ordinanza del 19/12/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di VENEZIA
lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Venezia rigettava l’opposizione proposta da NOME COGNOME contro il provvedimento emesso dallo stesso Tribunale, con il quale era stata dichiarata l’estinzione solo parziale della pena detentiva inflitta al condannato in ragione di 1/3 del tempo trascorso in affidamento in prova al servizio sociale, pari a 396 giorni.
La misura alternativa, premetteva il giudice a quo, era stata concessa dal Tribunale di sorveglianza di Bolzano, “sia pure con molte riserve e cautele”, per l’elevato spessore delinquenziale dello COGNOME (che doveva espiare la pena di tre anni e sei mesi di reclusione per truffa, violazione della legge bancaria, calunnia e altro), sicché il Tribunale medesimo aveva rimarcato che violazioni, anche minime, avrebbero comportato la revoca della misura.
Tanto premesso, osservava il Tribunale di sorveglianza di Venezia che l’affidato si era reso responsabile di plurime violazioni: non aveva trovato un lavoro “comune”, cioè non attinente alla sua “specializzazione”, anche per il contesto di commissione dei reati oggetto di condanna (consulenza fiscale, intermediazione, consulenza e investimenti economico finanziari); non aveva in concreto risarcito il danno cagionato alle numerose persone offese; aveva svolto un’attività di volontariato – che il Tribunale di Bolzano aveva imposto dovesse essere caratterizzata da un numero di ore particolarmente alto e superiore alla media stimabile in 120 giorni distribuiti in tre anni, periodo ritenuto dal Tribunal veneziano “assolutamente irrisorio”.
Andava, infine, negativamente valutata la violazione finanziaria contestata dalla Guardia di Finanza, pendente presso la Procura di Verona.
Ha proposto ricorso l’interessato, per il tramite del difensore, contestando, con il primo motivo, la violazione dell’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen. e confutando, con i residui motivi, le argomentazioni sviluppate dal Tribunale di sorveglianza, sostenendo: quanto al lavoro, che il ricorrente aveva dichiarato la sua disponibilità dal 28 febbraio 2109, ma non era stato mai chiamato dagli Uffici competenti; quanto all’attività di volontariato, che vi aveva ottemperato per un numero di giornate “ben al di sopra della media” (131+374 ore= 505 ore); infine, quanto al risarcimento in favore delle vittime dei reati, che esso era comprovato dal documento n. 6) allegato all’atto di opposizione. 2.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in quanto generico e manifestamente infondato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel complesso, infondato e va, perciò, rigettato.
Va, in primo luogo, ritenuta la manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso, in quanto la dedotta violazione dell’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen. attiene, se del caso, all’ordinanza applicativa di misure cautelari e non ai provvedimenti dei giudici di sorveglianza.
Ciò premesso, va ricordato che, mentre nel caso della revoca dell’affidamento in prova il Tribunale di sorveglianza è chiamato a valutare la gravità di singoli, specifici, episodi per verificare se essi siano espressione di un comportamento incompatibile con la prosecuzione della misura alternativa, nel caso della valutazione sull’esito del periodo di prova, il relativo giudizio, avente ad oggetto l’intero arco di svolgimento della misura ormai conclusa, si sostanzia in un apprezzamento globale dell’atteggiarsi del condannato durante lo svolgimento dell’intero periodo di esperimento, al fine di decidere se vi sia stata, da parte del condannato, una mera formale adesione alle regole di buona condotta, ovvero se sia avvenuto il suo effettivo recupero sociale.
Secondo un primo, più risalente, orientamento, l’esame della condotta dell’affidato in prova andrebbe limitato esclusivamente al periodo di affidamento, non potendo la condotta del soggetto successiva alla scadenza della misura avere alcuna influenza sul giudizio da esprimere in ordine all’esito della stessa (Sez. 1, n. 3712 del 22/05/2000, COGNOME, Rv. 216281 – 01; Sez. 1, n. 2874 del 15/05/1998, Milan, Rv. 210782 – 01; Sez. 1, n. 2811 del 15/05/1998, COGNOME, Rv. 211404 01).
Secondo un più recente e ormai consolidato indirizzo interpretativo, invece, al termine dell’esperimento, il Tribunale di sorveglianza ben può tenere conto di qualsiasi elemento fattuale sintomatico del mancato raggiungimento delle finalità cui è destinata la misura alternativa, valutando anche fatti e comportamenti posti in essere dal condannato dopo che sia cessata l’esecuzione della stessa, ma prima che sia formulato il giudizio sul relativo esito, giacché essi possono costituire sintomatici, per qualità e gravità, del mancato conseguimento di quell’obiettiv recupero sociale del condannato, cui la misura in questione è preordinata.
A tal fine, il Tribunale di sorveglianza deve compiere una valutazion globale, tenendo conto, da un lato, della condotta serbata dal condannato dura l’esecuzione della prova e, dall’altro, dell’effettiva entità del fatto successiv distanza cronologica dalla scadenza dell’affidamento (essendo illegittima valutazione negativa dell’esito della misura fondata sulla commissione di r dopo il decorso di un rilevante periodo di tempo dalla fine della prova: Sez. 1, n. 51347 del 17/05/2018, COGNOME, Rv. 274482 – 01; Sez. 1, n. 27788 d 17/06/2008, COGNOME, Rv. 240478 – 01; Sez. 1, n. 25257 del 22/04/2004, Arena, Rv. 228136 – 01), operando quindi un’autonoma delibazione si della
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attribuibilità al condannato della violazione, sia della concreta incidenza sintomatica sul giudizio di recupero sociale (Sez. U, n. 10530 del 27/02/2002, COGNOME, Rv. 220877 – 01; Sez. 1, n. 3727 del 9/01/2009, COGNOME, Rv. 242526 01; Sez. 1, n. 26332 del 18/06/2008, COGNOME, Rv. 240875 – 01).
Nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza di Venezia si è correttamente attenuto ai criteri enunciati nel valutare la condotta serbata dal condannato in costanza di affidamento in prova.
Quanto all’attività lavorativa verso la quale lo COGNOME era stato indirizzato, in modo cogente, dal Tribunale di sorveglianza di Bolzano (diversa da quella che avrebbe implicato quella specializzazione già agevolatrice dei reati oggetto di condanna), del tutto congrua si rivela la reiezione delle deduzioni difensive opposte, secondo le quali l’affidato non sarebbe “mai stato chiamato”, in quanto l’UEPE aveva riferito che, a detta dello stesso interessato, questi non avrebbe trovato “impegni adeguati, vista la sua specializzazione finanziaria”; ed invero, proprio la ricerca di un lavoro coerente con la sua specializzazione costituiva, come correttamente sottolineato dal Tribunale, una rilevante violazione di una delle prescrizioni da rispettare in modo indefettibile nell’ottica di una prospettiva rieducativa che escludesse, recisamente, l’interferenza di attività che avevano costituito il presupposto agevolatore della specifica tipologia di reati oggetto di condanna: ovvero la prescrizione di svolgere “un normale lavoro non attinente alla specializzazione del condannato”.
Parimenti corretta in diritto e non illogica deve considerarsi la valutazione operata dal Tribunale di Venezia circa la modestia dell’impegno profuso dall’affidato nel campo del volontariato, per quanto documentato, attività per la quale – sempre in considerazione della peculiarità del caso e della prospettiva rieducativa da conseguire – era stata impartita la prescrizione, all’atto della concessione del beneficio ex art. 47 Ord. pen., di dedicare un numero di ore a favore della collettività particolarmente alto e superiore alla media.
Inoltre, attesa la natura non vincolante delle relazioni dell’UEPE per il giudice specializzato (Sez. 1, n. 23343 del 23/03/2017, Arzu, Rv. 270016 – 01), deve ritenersi che il Tribunale di sorveglianza se ne sia legittimamente discostato, rilevando, in modo non incongruo, che la relazione in atti non si era minimamente misurata con il tenore delle prescrizioni imposte, ab origine, dal Tribunale di Bolzano.
Infine, in ordine al dedotto risarcimento del danno, si osserva che, in allegato all’atto di opposizione, risultano prodotte unicamente proposte risarcitorie inviate a mezzo posta a NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché a NOME COGNOME senza, tuttavia, un documentato riscontro circa l’esito de stesse.
Solo con riferimento a tale NOME COGNOME risulterebbe incassato un vaglia circolare dell’importo di euro 3.979,00.
Si tratterebbe, dunque, di un risarcimento dal carattere parziale, che, proprio per la sua incompletezza a fronte dell’elevato numero di persone offese dai reati commessi dallo IANNECE, è stato giustamente valutato non conforme alle prescrizioni emanate dal Tribunale di sorveglianza di Bolzano.
Anche sotto quest’ultimo profilo, in conclusione, il ricorso, per lo più di impronta confutativa, va rigettato, dal che consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente