Esigenze Cautelari: La Valutazione Concreta del Giudice Supera la Presunzione di Legge
L’applicazione di una misura cautelare, come gli arresti domiciliari, richiede sempre un’attenta analisi delle esigenze cautelari che la giustificano. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione specifica e concreta della pericolosità dell’indagato può essere sufficiente a motivare una misura restrittiva, anche a prescindere da presunzioni legali o dalla discussione su specifiche aggravanti. Analizziamo insieme questo caso emblematico.
I Fatti del Caso: Ricorso Contro gli Arresti Domiciliari
Il caso riguarda una donna sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari per un reato legato agli stupefacenti (ex art. 73 d.P.R. 309/1990). La difesa aveva presentato ricorso al Tribunale della Libertà, che però aveva confermato il provvedimento. Successivamente, la difesa ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, basando il ricorso su due motivi principali:
1. Un vizio di motivazione riguardo la sussistenza dell’aggravante di aver agevolato un’associazione di stampo mafioso (ex art. 416-bis.1 c.p.).
2. L’illogicità della motivazione sulle esigenze cautelari, sostenendo che i fatti fossero datati, la condotta occasionale, e che la ricorrente, incensurata e lavoratrice, potesse essere sottoposta a misure meno afflittive.
L’Analisi della Cassazione sulle Esigenze Cautelari
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, trattando unitariamente i due motivi. Il punto centrale della decisione risiede nel modo in cui il Tribunale della Libertà aveva motivato la necessità della misura. Secondo la Suprema Corte, il Tribunale non si è limitato ad applicare una presunzione di pericolosità legata al tipo di reato, ma ha condotto un’analisi approfondita e specifica della condotta della ricorrente.
È emerso che:
– La condotta non era da considerarsi eccessivamente risalente nel tempo (risaliva al 2022).
– La donna aveva agito con notevole “scaltrezza”, inserendosi attivamente in una fitta rete di contatti criminali.
– Gestiva tali contatti con piena autonomia, occupandosi persino della riscossione dei crediti derivanti dalla cessione di droga.
Questi elementi, secondo i giudici, dimostravano una “pervicacia nel delinquere” tale da fondare autonomamente le esigenze cautelari e la necessità di una misura idonea a interrompere i suoi legami con l’ambiente criminale.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha stabilito che, di fronte a una motivazione così solida e ancorata ai fatti concreti, la questione relativa all’aggravante mafiosa perdeva di rilevanza. In altre parole, anche se si fosse escluso il vizio di motivazione sull’aggravante, la misura cautelare sarebbe rimasta in piedi, poiché pienamente giustificata dalla pericolosità specifica e attuale della persona, come emerso dalla valutazione del Tribunale. Mancava quindi un interesse concreto e attuale della ricorrente a contestare l’aggravante, poiché il suo annullamento non avrebbe cambiato l’esito della misura cautelare.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa sentenza offre un’importante lezione pratica. Sottolinea che il cuore della valutazione in materia di misure cautelari è l’analisi fattuale della condotta dell’indagato e della sua concreta pericolosità. Le presunzioni legali, pur importanti, possono essere superate o affiancate da un’indagine specifica del giudice di merito. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente contestare gli aspetti formali o le singole aggravanti, ma è cruciale dimostrare l’assenza di un pericolo concreto di reiterazione del reato, di inquinamento probatorio o di fuga. La decisione conferma che una motivazione robusta, basata su elementi di fatto specifici, è la chiave per la legittimità di un provvedimento restrittivo della libertà personale.
Una misura cautelare può basarsi solo su una presunzione di legge?
No, la Corte chiarisce che il giudice deve effettuare una valutazione specifica e concreta della condotta dell’indagato per fondare le esigenze cautelari, anche a prescindere da eventuali presunzioni legislative.
Se i fatti sono avvenuti qualche anno prima, le esigenze cautelari vengono meno?
Non necessariamente. Nel caso di specie, i fatti risalenti a due anni prima non sono stati considerati così remoti da escludere la pericolosità attuale della persona, la quale è stata valutata in base alla sua scaltrezza e al suo inserimento attivo in contesti criminali.
È sempre necessario contestare un’aggravante per ottenere l’annullamento di una misura cautelare?
No. Se le esigenze cautelari sono solidamente motivate sulla base della pericolosità concreta e autonoma dell’indagato, la contestazione dell’aggravante può diventare irrilevante, poiché la misura resterebbe comunque valida anche senza di essa.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 20013 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 20013 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME nata a Lamezia Terme il 18/07/979 avverso la ordinanza del 03/12/2024 del Tribunale della libertà di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza impugnata, il Tribunale di Catanzaro ha rigettato il ricorso di NOME COGNOME contro il provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro le ha applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato ex art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 cod. pen.
Nel ricorso presentato dal difensore di Secchi si chiede l’annullamento della ordinanza.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce vizio della motivazione circa la sussistenza dell’aggravante ex art. 416bis .1 cod. pen. nella forma della agevolazione della associazione per delinquere di stampo mafioso.
2.2. Con il secondo motivo si segnala la illogicità della motivazione in relazione alle esigenze cautelari, evidenziando che i fatti per i quali si procede nei confronti della ricorrente risalgono a due anni fa e che la sua condotta è stata occasionale e connessa alle attività illecite del marito NOME COGNOME è incensurata e lavora, sicché, comunque, le esigenze cautelari potrebbero essere salvaguardate con misure meno restrittive della libertà personale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I due motivi di ricorso possono essere trattati unitariamente e risultano manifestamente infondati.
Per quanto riguarda la sussistenza delle esigenze cautelari e la scelta della misura adeguata al caso (oggetti del secondo motivo di ricorso), deve rilevarsi che il Tribunale non si è limitato a applicare la presunzione legislativa in materia cautelare posta dall’art . 275, comma 3, cod. proc. pen., ma ha specificamente valutato che condotta ascritta a Secchi non è risalente nel tempo, essendo collocata temporalmente nel 2022, e che la ricorrente l’ha attuata con scaltrezza inserendosi in una fitta rete di contatti criminali da lei gestiti con autonomia (anche nel riscuotere i crediti derivanti dalle cessione della droga), così manifestando una pervicacia nel delinquere che fonda ─ anche a prescindere dalla presunzione posta dalla legge ─ le esigenze cautelari e la necessità di una misura idonea a interrompere i suoi legami con gli ambienti criminali (p 10).
Ne deriva che manca un interesse concreto e attuale della ricorrente a contestare la sussistenza (oggetto del primo motivi di ricorso) dell’aggravante ex art. 416bis .1 cod. pen. nella forma della agevolazione della associazione per delinquere di stampo mafioso.
Pertanto. Il ricorso risulta inammissibile e da questo esito deriva, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 02/04/2025.