Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 45845 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 45845 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOME COGNOME nato a Gela il 24/12/1980
avverso l’ordinanza del Tribunale di Caltanissetta del 20/06/2024;
visti gli atti e l’ordinanza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procura NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile rigettato;
letta la memoria depositata dal difensore dell’indagato, Avvocato NOME COGNOME che h per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Caltanissetta con ordinanza del 20 giugno 2024 (mo depositata il successivo 21 giugno) ha rigettato l’appello cautelare presentat NOME COGNOME avverso l’ordinanza della Corte di appello di Caltanissetta c dell’art. 299 cod. proc. pen., aveva respinto la richiesta di revoca, o sostituzione
afflittiva, della misura cautelare degli arresti domiciliari applicati all’indagato in r all’addebito provvisorio di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
L’indagato, a mezzo del suo difensore, ricorre eccependo che il Tribunale del riesame, nel confermare la decisione in materia cautelare della Corte territoriale di Caltanissetta, non tenuto conto che, in altro procedimento definito con condanna passata in giudicato, COGNOME è stato ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale, elemento che dimostra la cessazione, o comunque, l’affievolimento delle esigenze cautelari poste a fondamento della misura custodiale domiciliare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e dunque inammissibile.
L’ordinanza impugnata ha confermato la decisione della Corte di appello che aveva rigettato la richiesta del Biundo di revoca, o sostituzione con altra misura meno afflittiva, d arresti domiciliari applicati in relazione all’addebito di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del tribunale dell’appello cautelare ha rilevato che l’indagato è stato, in detto procedimen condannato alla pena di anni tredici e mesi quattro di reclusione per il delitto associativo so indicato – assistito dalle presunzioni di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen. – relativame a fatti commessi sino all’anno 2018.
2.1. Secondo il ricorrente il provvedimento di affidamento in prova al servizio sociale emesso dal Tribunale di Sorveglianza nel corso dell’esecuzione di pregressa condanna, per delitto omogeneo, ad anni dieci e mesi due di reclusione, con residuo di anni due e mesi sette di reclusione dimostrerebbe una modifica in melius della pericolosità sociale che necessariamente si riverbererebbe anche in ambito cautelare.
Tale argomentazione non è condivisibile. Come messo in rilievo dall’ordinanza impugnata, la commissione di due delitti associativi, assistiti dalle presunzioni di cui si è detto, per l’indagato ha riportato pene detentive assai elevate (indicative quindi della rilevante gra concreta degli addebiti) isulta giustificazione del tutto adeguata, nel difetto di cont allegazioni specifiche, per il mantenimento della misura cautelare di misura domiciliare. Peraltro questa Corte ha già evidenziato come, in tema di misure cautelari personali, una volta intervenuta la sentenza di condanna anche non definitiva, la valutazione degli elementi rilevanti ai fini giudizio incidentale, anche in sede di riesame o di appello, deve mantenersi nell’ambito della ricostruzione operata dalla pronuncia di merito, non solo per quel che attiene all’affermazione d colpevolezza e alla qualificazione giuridica, ma anche per tutte le circostanze del fatto, potendo essere queste apprezzate in modo diverso dal giudice della cautela (da ultimo, Sez. 4, n. 12890 del 13/02/2019, COGNOME, Rv. 275363 – 01). L’elevata condanna – ancorchè non
definitiva – riportata dal Biundo evidenzia la persistente esigenza cautelare a fondamento della misura domiciliare.
3.1. Infine, immune da censure in sede di legittimità è l’argomentazione del Tribunale dell’appello cautelare che ha ritenuto irrilevante, in merito alle doglianze proposte dal COGNOME, circostanza che in altro procedimento egli è stato, in ragione del residuo di pena inferiore ai anni, ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova. Questa Sezione ha evidenziato che la circostanza che l’indagato abbia espiato una precedente condanna in affidamento in prova, terminato con esito positivo, può essere valutata nell’ambito del giudizio di permanenza delle esigenze cautelari (Sez. 6, n. 9985 del 13/01/2017, COGNOME, Rv. 269774 – 01). Nel caso di specie, da un lato, difetta il presupposto dell’esito positivo (che determina l’estinzione della detentiva oggetto di esecuzione); dall’altro lato, il Tribunale dell’appello cautelare, motivazione certamente non illogica, ha evidenziato, quale elemento ostativo ad una rivalutazione in melius delle esigenze cautelari, la severa condanna in primo grado alla pena di tredici anni e quattro mesi di reclusione.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non emergendo elementi dai quali dedurre assenza di colpa nella proposizione del ricorso, della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. La Cancelleria è incaricata di provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10 ottobre 2024
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Il Presidente