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Esigenze cautelari: ricorso PM inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro l’annullamento di una misura cautelare. La decisione si fonda sulla mancata argomentazione da parte del PM riguardo alle esigenze cautelari, requisito essenziale per dimostrare un interesse concreto all’impugnazione. Il ricorso si era concentrato unicamente sulla gravità degli indizi, un aspetto che, da solo, non è sufficiente a giustificare l’appello.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso del PM: senza motivazione sulle esigenze cautelari è inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8277 del 2025, ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari: il Pubblico Ministero che impugna un’ordinanza di annullamento di una misura deve necessariamente argomentare non solo sulla gravità degli indizi, ma anche sulla sussistenza delle esigenze cautelari. In assenza di questo secondo elemento, il ricorso è destinato all’inammissibilità per carenza di interesse. Approfondiamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il procedimento trae origine da un’indagine per spaccio di sostanze stupefacenti. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva applicato a un indagato la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Successivamente, il Tribunale del Riesame, accogliendo l’istanza della difesa, aveva annullato tale misura. Contro questa decisione, la Procura della Repubblica proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un deficit di motivazione da parte del Tribunale del Riesame nella valutazione delle prove a carico dell’indagato, in particolare di alcune intercettazioni telefoniche.

Il Ricorso del PM e il focus sulla gravità indiziaria

Nel suo ricorso, l’organo dell’accusa si era concentrato esclusivamente sulla dimostrazione della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Il PM evidenziava come il Tribunale del Riesame avesse omesso di considerare alcune conversazioni e avesse interpretato in modo errato altre, che a suo avviso provavano inequivocabilmente l’attività di spaccio. Tuttavia, l’atto di impugnazione non conteneva alcun riferimento, neppure implicito, alle ragioni che rendevano necessaria e attuale l’applicazione di una misura cautelare nei confronti dell’indagato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che, per poter validamente impugnare un’ordinanza di riesame che esclude la gravità indiziaria, il PM deve dimostrare di avere un ‘interesse attuale e concreto’ che sorregga l’impugnazione. Tale interesse non si esaurisce nella sola affermazione della colpevolezza, ma deve necessariamente estendersi alla dimostrazione della necessità di applicare una misura restrittiva.

Le Motivazioni: L’Importanza delle Esigenze Cautelari

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra i due presupposti fondamentali per l’applicazione di una misura cautelare: la gravità indiziaria e le esigenze cautelari (pericolo di fuga, di inquinamento probatorio o di reiterazione del reato). La Corte ha affermato che, se il ricorso del PM si limita a contestare la valutazione sugli indizi senza spendere una parola sulla necessità concreta e attuale di una misura, l’impugnazione risulta priva di scopo pratico. In altre parole, anche se la Cassazione avesse accolto le censure sulla gravità indiziaria, il giudice del rinvio non avrebbe potuto applicare alcuna misura in assenza di una specifica allegazione e dimostrazione delle relative esigenze.
La Corte ha specificato che questa regola trova un’eccezione solo nei casi in cui la legge stessa presume la sussistenza di tali esigenze (come previsto dall’art. 275, comma 3, c.p.p. per reati di particolare gravità), circostanza non applicabile al caso specifico.

Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica: un atto di impugnazione deve essere completo in ogni sua parte. Per il Pubblico Ministero, non è sufficiente costruire un solido quadro indiziario se non si è in grado di argomentare in modo convincente anche sulla necessità attuale di limitare la libertà dell’indagato. La mancanza di motivazione sulle esigenze cautelari si traduce in una carenza di interesse che rende l’intero ricorso inammissibile, precludendo alla Corte di entrare nel merito delle questioni sollevate.

Perché il ricorso del Pubblico Ministero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non conteneva alcuna argomentazione sulla sussistenza e l’attualità delle esigenze cautelari, ma si limitava a contestare la valutazione del Tribunale del Riesame sulla gravità degli indizi. Questa omissione determina una carenza di interesse concreto all’impugnazione.

Cosa deve dimostrare il Pubblico Ministero quando impugna un provvedimento che annulla una misura cautelare?
Deve indicare, a pena di inammissibilità, non solo le ragioni a sostegno della gravità indiziaria a carico dell’indagato, ma anche quelle che dimostrano l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari che giustificano l’applicazione di una misura restrittiva.

Questa regola sull’obbligo di motivare anche le esigenze cautelari ha delle eccezioni?
Sì, la Corte chiarisce che l’obbligo può ritenersi implicitamente soddisfatto solo nei casi in cui la misura cautelare sia richiesta per reati per i quali opera una presunzione legale di sussistenza delle esigenze cautelari, come previsto dall’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale, circostanza che non ricorreva nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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