Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 46357 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 46357 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato il 18/01/1993 a Palermo avverso l’ordinanza del 04/06/2024 del Tribunale di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo aveva revocato la custodia cautelare disposta nei confronti di NOME COGNOME in relazione all’ipotesi associativa di cui all’art. 7 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 del capo A) e a due reati fine contestati nel capo F), essendo l’imputato stato assolto per le relative ipotesi di reato.
Essendo intervenuta condanna per le restanti violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 cìt. di cui al medesimo capo F), alla pena di 7 anni e 3 mesi di reclusione, oltre alla pena pecuniaria, i Giudici avevano, tuttavia, ritenuto che, sebbene affievolite, permanessero le esigenze cautelari in capo all’imputato, in ragione della gravità dei fatti compiuti, della sua vicinanza al contesto associativo di cui al capo A) e della sua personalità negativa (desunta da numerosi precedenti, uno dei quali specifico). Ed avevano, pertanto, sostituito la custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari.
Nell’interesse di NOME era, quindi, proposto appello cautelare (art. 310 cod. proc. pen.), tuttavia dichìarato inammissibile.
Avverso l’ordinanza che ha dichiarato l’inammissibilità ha presentato ricorso l’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse dell’imputato, deducendo violazione dell’art. 581, lett. d),cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
Ritiene il ricorrente che, indebitamente, il Tribunale abbia dichiarato inammissibile l’impugnazione, dal momento che, come in essa evidenziato, i principi espressi in sede di legittimità sulla compatibilità tra stato detentivo permanenza delle esigenze cautelari non si attagliano al caso concreto, in cui il condannato dovrà espiare le pene inflitte sino al lontano 2039.
Il Tribunale dell’appello cautelare avrebbe, quindi, travisato le eccezioni sollevate dinanzi ad esso, relative al difetto di attualità e concretezza del pericol di reiterazione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Le deduzioni difensive appaiono reiterative e persistentemente generiche, insistendo sulla ritenuta natura astratta ed ipotetica della valutazione svolta dai Giudici di merito, senza confrontarsi con la relativa motivazione, completa e non manifestamente illogica: aspetto cui – deve precisarsi – è limitato il sindacato di legalità in tema di misure cautelari (Sez. U. n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
1.2. Infatti, dopo aver riprodotto le considerazioni dei Giudici che avevano confermato la persistenza, seppur in minor grado, delle esigenze cautelari (considerazioni riportate nel “ritenuto in fatto” del presente provvedimento), i Giudici dell’appello cautelare hanno evidenziato come le ragioni poste dal precedente Giudicante alla base delle esigenze cautelari non fossero state confutate a livello difensivo, con ciò evidentemente ribadendole.
2 GLYPH
Quindi, hanno richiamato il pacifico insegnamento di questa Corte, secondo cui lo stato di detenzione per altra causa del destinatario di una misura coercitiva custodiale non è di per sé in contrasto con la configurabilità di esigenze cautelari, ed in particolare di quella rappresentata dal pericolo di reiterazione della condotta criminosa, atteso che nel vigente ordinamento penitenziario non vi sono titoli o condizioni detentive assolutamente ostativi alla possibilità di riacquistare, anche per brevi periodi, la condizione di libertà (Sez. 4, n. 484 del 12/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282416).
1.3. Il provvedimento impugnato è, pertanto, esente da vizi motivazionali.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento delle somme indicate nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 14/11/2024