Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34925 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34925 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VILLADOSSOLA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/05/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Torino Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO generale presso la Corte di cassazione, AVV_NOTAIO, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
In data 17 settembre 2025 la difesa ha inoltrato le proprie conclusioni scritte, con cui ha insistito nei motivi di ricorso.
Ritenuto in fatto
1.L’ordinanza impugnata, emessa dal Tribunale Ordinario di Torino in funzione di Giudice del Riesame, ha confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari disposta dal G.I.P. presso il Tribunale di Verbania nei confronti di COGNOME NOME, indagato per i delitti di cui agli artt. 476 e 375 cod. pen. commessi, in concorso con altri, in qualità di Sindaco del Comune di Macugnaga. Egli sarebbe stato protagonista del preconfezionamento di una falsa ordinanza comunale, volta a legittimare ex post l’esecuzione di lavori urbanistici non assistiti dalle
necessarie autorizzazioni, così da realizzare la particolare forma di frode nell’ambito del processo penale.
2.Il ricorso si è affidato ad un singolo motivo, che si è soffermato sulla mancanza o manifesta illogicità della motivazione del provvedimento e sull’assunta inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione all’art. 292 e all ‘art. 275 cod. proc. pen.. Si lamenta che l’ordinanza del Tribunale del Riesame non si sia confrontata con le specifiche doglianze della difesa, mosse in ordine alla mancata valutazione, da parte del primo giudice, della sussistenza delle esigenze cautelari, dell’ adeguatezza e proporzionalità della misura imposta e della sua non sostituibilità con una misura più mite. In particolare, si fa presente come la misura del divieto di dimora sarebbe stata idonea a fronteggiare le esigenze cautelari, in ragione della già intervenuta sospensione dalla carica di Sindaco del COGNOME e della interruzione ‘di fatto’ dei rapporti con il proprio entourage . Sotto il profilo della proporzionalità della misura poi, si è criticata la mancata considerazione, da parte del Collegio, dell’età avanzata e delle condizioni di salute dell’indagato.
3.In data 15 settembre 2025 la Procura della Repubblica di Verbania ha trasmesso copia di atti del procedimento penale, con nota di precisazione dell’ulteriore mutamento del regime de libertate applicato all’indagato.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
1. E’ jus receptum , alla stregua della costante linea interpretativa di questo giudice di vertice, che l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del Tribunale del riesame (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, COGNOME, Rv. 269438; Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011 – dep. 04/01/2012, COGNOME, Rv. 251760); sicchè il controllo di legittimità sui punti devoluti è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine
giustificativo del provvedimento (Sez. 5, n. 5719 del 2019, Rea, non massimata; Sez. 6, n. 2146 del 25/05/1995, COGNOME e altro, Rv. 201840).
2.Ebbene, il motivo di ricorso, concentrato sul profilo di sussistenza delle esigenze cautelari e, più estesamente, sul rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità della misura coercitiva applicata, è in parte generico -perché puramente ripropositivo delle doglianze già enunciate dinanzi al Tribunale della fase incidentale, che vi ha fornito congrua ed esauriente replica -in partte non consentito in sede di legittimità e nel resto comunque inaccoglibile.
La norma di cui all’art.274 lett.c) cod. proc. pen. si riferisce alla probabile reiterazione di reati “della stessa specie”, che offendono, cioè, lo stesso bene giuridico o si rivelino della medesima natura, non già soltanto alla commissione degli specifici reati per i quali si procede ( ex multis , sez.6, n. 28459 del 17/06/2025, Nostro, n.m.; Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, Pedato, Rv. 274403; Sez. 6, n. 47887 del 25/09/2019, L, Rv. 277392; Sez. 5, n. 52301 del 14/07/2016, Petroni, Rv. 268444; sez.2, n. 1993 del 10/04/2000, COGNOME, Rv. 215901; sez. 3, n. 1957 del 06/05/1997, COGNOME, Rv. 208387), come ha ben puntualizzato l’ordinanza impugnata; inoltre, il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c) c.p.p. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza, che esula dalle facoltà del giudice ( ex multis tra le più recenti Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, Avolio, Rv. 277242; Sez. 1, n. 14840 del 22/01/2020, COGNOME, Rv. 279122; Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282769; Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991). In altri termini, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma indica, invece, la continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare (Sez. 2, Sentenza n. 5054 del 24/11/2020, dep. 2021, Barletta, Rv. 280566).
Come evidenziato, con proposizioni attente e circostanziate, dall’ordinanza impugnata , la vicenda fattuale consente di esaltare, in concreto, l’allarme sociale scaturito dallo spregiudicato contegno tenuto dal primo cittadino del paese, gravato da pregiudizi penali, che non si è fatto scrupolo di far fronte all’imminenza e alla formalizzazione di contestazioni amministrative provenienti dai superiori enti pubblici conseguenti all’accertamento di un intervento urbanistico abusivo, perché privo delle autorizzazioni di legge, con la commissione di gravi reati -peraltro
molto vicini, nel tempo, all’intervento cautelare – non disdegnando, dinanzi alle accuse mosse dal pubblico ministero, di discolparsi con altrettanta disinvoltura, coinvolgendo ed attribuendo ai ‘più stretti collaboratori per i quali ha mostrato netto disprezzo’ tutte le responsabilità per ‘fatti e condotte dipese unicamente da lui’ (pag.6 e 7). Analogamente, a riguardo del requisito dell’attualità e della specificità del pericolo d’inquinamento probatorio, il Tribunale del riesame ha fatto buon governo del principio di diritto secondo il quale in tema di misure cautelari personali, il pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova, richiesto dall’art. 274 lett. a) cod. proc. pen., per l’applicazione delle stesse, deve essere concreto e va identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere, secondo la regola dell'” id quod plerumque accidit “, che l’indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti (sez.6,29477 del 23/03/2017, P.M. in proc. Giorgi, Rv. 270561; sez. 6, n. 1460 del 19/04/1995, COGNOME, Rv. 202984). La perniciosità per la conservazione e l’apprensione delle fonti di prova deve, peraltro, essere concretamente correlata alla personalità o alle condotte illecite poste in essere dell’indagato (sez.6, n. 29477 del 23/03/2017, Giorgi, cit.; sez. 3 n. 40535 del 12/10/2007, COGNOME, Rv. 237556) e non può essere desunta apoditticamente dal ruolo che l’indagato riveste nell’organizzazione pubblica (sez. 6, n. 69 dell’1/01/1995, Cerciello, Rv. 201071). E la valutazione del pericolo di inquinamento probatorio deve essere effettuata con riferimento sia alle prove da acquisire, sia alle fonti di prova già acquisite, a nulla rilevando lo stato avanzato delle indagini o la loro conclusione, in quanto l’esigenza di salvaguardare la genuinità della prova non si esaurisce all’atto della chiusura delle indagini preliminari, specie nel caso in cui il pericolo sia stato in concreto correlato alla protezione delle fonti dichiarative, in vista della loro assunzione dibattimentale (sez.2, 3135 del 09/12/2022, Forte, Rv. 284052; in termini, Sez. 5, n. 6793 del 07/01/2015, M., Rv. 262687; Sez. 5, n. 1958 del 26/11/2010, dep. 2011, Podlech, Rv. 249093; Sez. 3, n. 41116 del 13/09/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 12732 del 20/10/2021, COGNOME, non mass.).
Ed invero, in un contesto di interdipendenza tra il requisito de quo e la descrizione della natura delle condotte illecite del ricorrente, il Tribunale del riesame ha compiutamente dato conto, anche in proiezione dibattimentale, dell ‘influente personalità del prevenuto e delle sue potenzialità di condizionamento dell’agire dei dipendenti comunali preposti al servizio, convinti a collaborare nella predisposizione di atti pubblici artefatti, strumentali, tra l’altro, proprio al conseguimento di finalità elusive e di compromissione della genuinità di documenti di rilevanza probatoria.
Inconsistenti, ridotti a note di dissenso e comunque recessivi si rivelano, pertanto, gli argomenti di confutazione opposti dal ricorrente, come l’avvenuta sospensione dalla carica di Sindaco, o la presunta (e solo assunta) ‘recisione’ dei rapporti con i coindagati ; mentre le necessità esistenziali e sanitarie connesse all’età ed ai problemi di salute, sulla cui entità e gravità nulla è stato precisato e documentato, possono essere affrontate con le autorizzazioni ad allontanarsi dal luogo di restrizione, di volta in volta rilasciate dall’autorità giudiziaria
competente, in linea con i criteri di contemperamento tra i bisogni primari della persona, di comunicazione e di sanità, e le esigenze cautelari, scolpiti dalla giurisprudenza di legittimità (sez.3, n. 34235 del 15/10/2010, COGNOME, Rv. 248228).
2.1. Quanto ai parametri di adeguatezza e proporzionalità della misura degli arresti domiciliari, consta a questo collegio di legittimità che, nelle more della celebrazione dell’udienza odierna, ovvero in data 10 luglio 2025, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Verbania abbia sostituito la misura coercitiva domiciliare con quella del divieto di dimora nel Comune di Macugnaga, espressamente invocata nel procedimento di riesame e sulla cui conformità ed opportunità si è spesa ed ha insistito ampiamente la difesa con le specifiche articolazioni del ricorso per cassazione. L’impugnazione presuppone la perdurante efficacia dell’ordinanza originaria, salvo che il ricorrente non abbia manifestato, e debitamente motivato, che intende servirsi dell’eventuale pronuncia favorevole ai fini della richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, come nel caso di specie non è avvenuto ( ex multis Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, dep. 2011, Testini, Rv. 249002; Sez. 6, n. 49861 del 02/10/2018, NOME, Rv. 27431). E’ venut a meno, pertanto, almeno sotto tale aspetto, l’ attualità dell’ interesse alla coltivazione del ricorso avverso la genesi della misura restrittiva (sez. U n. 6624 del 27/10/2011, COGNOME, Rv. 251624), a prescindere dal rilievo del postumo ripristino, in data 24 luglio 2025, dell’originaria e più severa misura, per effetto di aggravamento del quadro esigenziale, ai sensi dell’art. 299 comma 4 cod. proc. pen., sopravvenuto mutamento de libertate che può essere eventualmente oggetto di un ‘ autonoma opzione impugnativa. Si tratta, peraltro, di valutazione rafforzata dalla lettura degli atti trasmessi dalla segreteria della Procura della Repubblica di Verbania, che ha documentato l’ operata, ulteriore sostituzione in mitius della misura custodiale domiciliare con quella del divieto di dimora nel Comune di Macugnaga, in data 5 settembre 2025.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di rigetto del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 24/09/2024
Il consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME