Esigenze Cautelari: Perché la Cassazione Conferma il Carcere
La valutazione delle esigenze cautelari rappresenta un momento cruciale nel procedimento penale, determinando se un imputato debba attendere il processo in libertà, agli arresti domiciliari o in carcere. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri rigorosi per l’applicazione della custodia cautelare, sottolineando come la personalità dell’imputato e la sua condizione di vita possano rendere inadeguata qualsiasi misura meno afflittiva del carcere.
I Fatti del Caso
Il caso in esame riguarda un individuo accusato di detenzione di una notevole quantità di sostanza stupefacente, del tipo hashish, sufficiente per confezionare migliaia di dosi. Sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, l’imputato aveva richiesto la modifica della misura, proponendo di essere collocato agli arresti domiciliari presso l’abitazione di un’amica che si era offerta di ospitarlo.
La richiesta veniva rigettata sia in primo grado sia dal Tribunale del Riesame. Contro quest’ultima decisione, la difesa presentava ricorso per cassazione, lamentando l’illogicità della motivazione con cui era stata esclusa l’adeguatezza della misura domiciliare.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. La sentenza si fonda su una duplice argomentazione: la prima di carattere procedurale, la seconda incentrata sulla valutazione delle esigenze cautelari.
Dal punto di vista procedurale, i giudici hanno chiarito che, una volta emesso il decreto di giudizio immediato, il giudice della cautela non è tenuto a riesaminare i gravi indizi di colpevolezza, a meno che non vi sia uno specifico interesse legato a una futura richiesta di riparazione per ingiusta detenzione. Poiché il ricorrente aveva limitato le sue censure alla sola scelta della misura, il focus del giudizio si è spostato interamente sulla sussistenza e adeguatezza delle esigenze cautelari.
L’analisi delle esigenze cautelari
La Corte ha ritenuto che la decisione di mantenere la custodia in carcere fosse corretta e ben motivata. Le esigenze cautelari sono state considerate ancora presenti e di tale gravità da non poter essere fronteggiate con una misura meno restrittiva. Gli elementi chiave che hanno portato a questa conclusione sono stati:
* Modalità del reato: La detenzione di un quantitativo di droga così ingente è stata interpretata come un indicatore di elevata pericolosità sociale.
* Personalità dell’indagato: L’imputato risultava gravato da precedenti penali specifici (pluri-pregiudicato e recidivo), elemento che denota una spiccata tendenza a delinquere.
* Mancanza di stabilità: L’uomo era privo di un permesso di soggiorno regolare, non aveva una dimora stabile e non disponeva di un reddito lecito.
L’inadeguatezza degli arresti domiciliari
L’unico elemento di novità portato dalla difesa era la disponibilità di un’amica a ospitare l’imputato. Tuttavia, la Corte ha ritenuto questa soluzione del tutto inadeguata. Il ragionamento dei giudici ha evidenziato come gli arresti domiciliari si basino sull’autocontrollo del soggetto, una garanzia ritenuta insufficiente di fronte a un concreto e attuale pericolo di recidiva. Inoltre, è stata sottolineata l’assenza di garanzie patrimoniali da parte della persona ospitante, che non poteva assicurare un’adeguata capacità di mantenimento e assistenza, specialmente considerando che l’imputato non era in grado di provvedere autonomamente alle proprie necessità primarie.
Le Motivazioni
La motivazione della sentenza si articola attorno al principio di adeguatezza e proporzionalità della misura cautelare. La Corte di Cassazione ha ribadito che, in sede di appello cautelare avverso un rigetto di sostituzione della misura, il giudice non deve riesaminare l’intero quadro, ma limitarsi a verificare la correttezza della decisione impugnata alla luce di eventuali fatti nuovi. In questo caso, l’unico fatto nuovo – l’offerta di ospitalità – è stato giudicato insufficiente a modificare il quadro complessivo. Le esigenze cautelari, in particolare il pericolo di reiterazione del reato, sono state considerate talmente radicate nella personalità e nella condizione di vita dell’imputato da rendere la custodia in carcere l’unica misura idonea a contenerle. La mancanza di un lavoro, di una casa e di uno status regolare sul territorio nazionale sono stati visti come fattori che, combinati con la recidività, creano un rischio sociale che non può essere gestito con la sola permanenza in un domicilio altrui.
Le Conclusioni
La pronuncia in esame offre un importante spunto di riflessione sui limiti della sostituibilità della custodia cautelare in carcere. Emerge chiaramente che la semplice disponibilità di un alloggio per gli arresti domiciliari non è, di per sé, un elemento risolutivo. Il giudice deve compiere una valutazione globale che tenga conto della personalità dell’indagato, del suo radicamento sociale e delle sue capacità di autosostentamento. In assenza di questi elementi, e in presenza di un elevato rischio di recidiva, le esigenze cautelari impongono il mantenimento della misura più severa, a tutela della collettività.
Perché è stata negata la sostituzione del carcere con gli arresti domiciliari?
La sostituzione è stata negata perché le esigenze cautelari, in particolare l’elevato pericolo di recidiva, sono state ritenute troppo gravi per essere contenute da una misura basata sull’autocontenimento come gli arresti domiciliari. La personalità dell’imputato e la sua instabilità sociale hanno reso il carcere l’unica misura adeguata.
Quali elementi personali dell’imputato hanno influenzato la decisione?
La decisione è stata pesantemente influenzata da diversi elementi personali: i numerosi precedenti penali per reati simili (recidiva), la mancanza di un permesso di soggiorno regolare, l’assenza di una dimora stabile e la totale privazione di un reddito lecito.
L’offerta di ospitalità da parte di un’amica è sufficiente per ottenere gli arresti domiciliari?
No, secondo la Corte non è sufficiente. Il giudice ha ritenuto che l’ospitalità offerta non fosse supportata da adeguate garanzie, soprattutto economiche, per assicurare il mantenimento e l’assistenza all’imputato, il quale non era in grado di provvedere autonomamente alle proprie risorse elementari.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23512 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23512 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 21/12/1979
avverso l’ordinanza del 05/02/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di GENOVA
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto pronunciarsi udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Genova con la ordinanza impugnata ha rigettato in sede di appello cautelare la impugnazione proposta da NOME avverso l’ordinanza di rigetto di richiesta di modifica di misura custodiale disposta nei suoi confronti per la ipotesi di detenzione di sostanza stupefacente del tipo hashish.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di COGNOME NOME proponendo un unico motivo afferente alla sussistenza di esigenze cautelari tali da giustificare il mantenimento della custodia cautelare in carcere, rappresentando in particolare la illogicità della motivazione con la quale il giudice dell’appello cautelare aveva escluso la adeguatezza di una cautela domiciliare che il ricorrente aveva sollecitato a fronte di disponibilità offerta da un’amica del prevenuto ad accoglierlo presso la propria abitazione in regime di arresti domiciliari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Quanto ai gravi indizi di colpevolezza va evidenziato che l’emissione del decreto dispositivo del giudizio immediato, se da un lato non fa venire meno l’interesse del ricorrente a coltivare la impugnazione de libertate con riferimento alla sussistenza e ala adeguatezza delle esigenze cautelari, dall’altra esonera il giudice della cautela dal concreto riscontro della ricorrenza dei gravi indizi di colpevolezza, ovvero della qualificazione giuridica dei fatti contestati, in assenza di uno specifico interesse manifestato in una prospettiva di riparazione per ingiusta detenzione. Ed infatti il ricorrente si è limitato a proporre censure limitatamente alla scelta della misura cautelare da applicare e, pertanto a contestare la ricorrenza di esigenze cautelari che, allo stato, giustifichino l’adozione della più grave delle misure cautelari.
Quanto poi alla sussistenza delle esigenze cautelari, pur non sussistendo una preclusione endoprocessuale, il giudice dell’appello cautelare ha fornito adeguato conto sulle ragioni della decisione assunta.
Ha invero evidenziato, con motivazione puntuale e del tutto coerente sotto il profilo logico giuridico, come le esigenze per la protrazione della misura di massimo rigore siano tuttora presenti sia in ragione delle concrete modalità di esecuzione del reato, che attiene alla detenzione di sostanza stupefacente da cui sono ricavabili dosi droganti misurabili in migliaia, sia in ragione dei profili afferenti alla personalità dell’indagato, pluri-pregiudicato per fatti della stessa specie e quindi recidivo, privo di regolarità amministrativa nel soggiornare nel territorio nazionale e in assenza di una dimora stabile ove fissare il proprio domicilio.
2.1. A tale proposito deve ribadirsi il principio secondo cui in sede di appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di sostituzione di misura cautelare personale, il Tribunale non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o a escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto difettare nell’ appello cautelare proposto i requisiti di novità necessari, avendo la difesa dedotto solo motivi concernenti la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo sez.2, n.18130 del 13 Aprile 2016, Antignano, Rv.266676; sez.6, n.45826 del 27 Ottobre 2021, COGNOME NOME, Rv.282292).
2.2. Orbene l’unico fatto nuovo dedotto dalla parte ricorrente è rappresentato dalla disponibilità offerta da un’amica del ricorrente ad ospitarlo presso la propria abitazione in regime di arresti domiciliari, ma il giudice distrettuale, con ragionamento esente da manifeste illogicità, ha escluso la adeguatezza di una tale misura sia con riferimento al pericolo di recidivanza criminosa che non risulterebbe da una misura fondata sull’auto contenimento, sia con riferimento all’assenza di stabilità del domicilio indicato, tenuto conto dell’assenza in capo alla persona che si é dichiarata disponibile all’accoglienza, di garanzie di natura patrimoniale che assicurino un’adeguata capacità di mantenimento e di assistenza del cautelato, come invece si impone in caso di accoglienza agli arresti domiciliari, dal momento che il ricorrente non solo è privo di un reddito lecito, ma non è neppure in grado di procurarsi autonomamente le elementari risorse per il proprio mantenimento, in ragione della sua posizione di irregolare privo di permesso di soggiorno.
3. Alla pronuncia di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in
dispositivo a favore della Cassa dell’Ammende non ravvisandosi ragioni di esonero di responsabilità per assenza di colpa. Seguono da dispositivo le
statuizioni conseguenti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende. Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94
comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2025
COGNOME Il Presidente
Il Consigliere estensore