Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 12757 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 12757 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Cinquefrondi il DATA_NASCITA avverso la ordinanza del 15/09/2023 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria, decidendo in sede di rinvio, a seguito di annullamento parziale (limitato al capo 10) ad opera di questa Corte – Sez. 1, n. 36383 del 2023 – della ordinanza del medesimo Tribunale del 3 febbraio 2023, ha confermato in parte qua l’ordinanza del 21 novembre 2022, con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, per quanto di interesse in questa sede, aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere ad NOME COGNOME, in quanto gravemente indiziato per i reati di partecipazione all’associazione di tipo
mafioso «RAGIONE_SOCIALE», appartenente alla RAGIONE_SOCIALE (capo 1), di detenzione e porto di armi (capi 10 e 12) e di concorso in tentata estorsione aggravata (capo 26).
In particolare, altra Sezione di questa Corte di cassazione aveva ritenuto, in relazione ai delitti di detenzione e porto illegali di armi da guerra di cui al ca 10), non sufficientemente motivata la ricostruzione della collocazione temporale e spaziale dell’episodio, contestato come commesso a Rosarno in data anteriore al 3 novembre 2019, cosicché la contestazione sarebbe risultata eccessivamente indeterminata e come tale inadeguata a consentire l’esercizio del diritto di difesa.
2. Il Tribunale del riesame, quale giudice di rinvio, ha confermato, in relazione al capo 10), il provvedimento coercitivo osservando che la prova è costituita dall’intercettazione, in data 3 novembre 2009, di un dialogo all’interno dell’abitazione di NOME COGNOME, al quale avevano partecipato, oltre a quest’ultimo, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME; nel corso della conversazione i presenti, rievocando un episodio di danneggiamento attuato da NOME COGNOME esplodendo con un fucile mitragliatore numerosi colpi ed al quale essi avevano partecipato svolgendo la funzione di «pali», avevano elogiato le attitudini criminali di NOME COGNOME, che aveva dimostrato di essere in grado di compiere azioni violente, tanto che nell’occasione aveva esploso tutti i colpi del caricatore, che aveva una capacità di trenta proiettili. NOME COGNOME, in quella occasione, aveva ripreso con un video il danneggiamento realizzato. Lo stesso NOME COGNOME aveva asserito, nel corso della conversazione intercettata, di aver preso parte al danneggiamento rendendo dichiarazioni autoaccusatorie ed affermando finanche di avere ripreso in un video le gesta di NOME COGNOME.
Il Tribunale ha anche evidenziato che il requisito stabilito a pena di nullità dall’art. 292, comma 2, lett. b), cod. proc. pen. è la mera descrizione sommaria del fatto e non la sua enunciazione chiara e precisa, come invece richiesto per il rinvio a giudizio ai sensi dell’art. 417 cod. proc. pen., e che non è necessario che venga individuato il soggetto passivo del reato o siano individuate le ragioni dell’atto intimidatorio, essendo rilevante la mera illecita detenzione e porto in luogo pubblico di un’arma da guerra; inoltre, il contesto associativo all’interno del quale si colloca il racconto e l’accertata partecipazione degli interlocutori a delitto consentono di ritenere la condotta delittuosa quale espressione dell’indeterminato programma criminoso dell’associazione di tipo mafioso al quale essi appartengono. Né il delitto, considerata l’età di NOME COGNOME, potrebbe ritenersi estinto per prescrizione, dovendo a tal fine ipotizzarsi che lo stesso, all’epoca del fatto, avesse un’età di soli dodici anni.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed affidando le sue censure ad un solo motivo di impugnazione con il quale lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza per i reati di cui al capo 10) e per l’aggravante del metodo mafioso.
Sostiene che l’ordinanza impugnata non risulta adeguatamente motivata in ordine al presupposto dei gravi indizi e delle esigenze cautelari.
Evidenzia che i gravi indizi della sua partecipazione al delitto si ricaverebbero esclusivamente dalla seguente frase da lui pronunciata ed oggetto di intercettazione: – «dovevi gustartelo gli ho fatto un video»; la stessa non potrebbe ritenersi accusatoria, in quanto essa non è legata ad alcuna altra frase di contenuto illecito e neppure contestualizza luoghi e date.
Quanto all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., essa sarebbe insussistente, non essendo sufficiente ad integrarla il collegamento dell’agente con contesti di criminalità organizzata, occorrendo, invece, l’utilizzo effettivo del metodo mafioso, che ricorre quando l’attività criminale venga percepita dalla vittima come riconducibile ad un sodalizio criminale organizzato in grado di incutere forte timore. Nel caso di specie, sarebbe mancata l’efficacia intimidatoria come conseguenza dell’appartenenza ad un più vasto contesto criminale, sia per le modalità esecutive sia per le finalità della condotta delittuosa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso è inammissibile laddove si deduce violazione di legge o mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i reati di cui al capo 10).
Il Tribunale ha fornito adeguata motivazione affermando che dalla conversazione intercettata emerge che l’odierno ricorrente ha ammesso di avere partecipato al danneggiamento e quindi anche alla detenzione ed al porto di un fucile mitragliatore, svolgendo le funzioni di «palo», nonché riprendendo in un video l’esecutore materiale del danneggiamento mentre era intento nella condotta delittuosa.
Laddove il ricorrente sostiene che dal contenuto della frase intercettata non può ricavarsi la sua partecipazione ai reati di detenzione e porto abusivi di armi da guerra, egli invoca una rivalutazione del materiale istruttorio non consentita
in questa sede di legittimità.
Analoghe considerazioni valgono in relazione alla sussistenza della gravi indiziaria in ordine all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., co nella forma dell’agevolazione delle finalità dell’associazione di tipo mafioso.
A tale proposito, il Tribunale ha fornito adeguata motivazione osservand che la appartenenza alla ‘ndrangheta dei vari partecipanti all’episodio delit fa apparire sussistente la gravità indiziaria anche in ordine alla circostanza delitto fosse preordinato all’attuazione del programma criminoso del associazione di tipo mafioso cui il ricorrente aveva aderito.
Il ricorso è, invece, fondato laddove il ricorrente lamenta la mancanza motivazione in ordine alle esigenze cautelari.
Risulta che tale punto aveva costituito oggetto di impugnazione sia innan al Tribunale del riesame, sia innanzi a questa Corte di cassazione.
L’annullamento della ordinanza del Tribunale del riesame del 3 febbrai 2023, motivata da carenze motivazionali sul punto concernente la sussistenz dei gravi indizi di colpevolezza, ha determinato l’assorbimento del moti relativo alle esigenze cautelari, sul quale il giudice del rinvio avrebbe motivare.
Cade in un grave vizio logico e viola le regole processuali il giudice che giudizio di rinvio a seguito di annullamento da parte della cassazione, equipa eccezioni ritenute assorbite dalla corte in sede di annullamento con ri (perché secondarie rispetto ad un macroscopico ed assorbente vizio logico del motivazione che ne aveva travolto la validità rendendo superfluo l’esame deg aspetti secondari), al rigetto delle medesime doglianze e, partendo da tale e assunto, si esima in sede di rinvio dal prendere in considerazione e dal moti adeguatamente sul loro rigetto (Sez. 5, n. 2638 del 21/01/1997, Ficarra, 207892)
Sul punto delle esigenze cautelari, infatti, il Tribunale non ha reso a motivazione.
Peraltro, in relazione a tale presupposto rileva anche la individuazione momento in cui il reato è stato commesso, poiché maggiore è la distanz temporale tra tale momento e quello in cui viene applicata la misura cautela maggiore è l’onere motivazionale gravante sul giudice.
In tema di misure cautelari, anche quando si procede per i delitti aggra ex art. 7 D.L. n. 152 del 1991, conv. in legge n. 203 del 1991, per i quali una presunzione relativa di adeguatezza della custodia in carcere considerevole distanza temporale tra i fatti contestati e l’applicazione
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misura costituisce elemento che impone al giudice di dare adeguata motivazione non solo della sussistenza della pericolosità sociale dell’indagato in termini di attualità, ma anche della necessità di dover applicare la misura di maggior rigore per fronteggiare adeguatamente i pericula IThertatis (Sez. 6, n. 27544 del 16/06/2015, Rechichi, Rv. 263942).
L’ordinanza impugnata deve, quindi, essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale del riesame di Reggio Calabria.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria, Sezione del riesame.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti ch cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 24/01/2024.