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Esigenze cautelari: motivazione illogica e annullamento

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che applicava misure cautelari per ricettazione. La decisione si basa sulla motivazione manifestamente illogica riguardo le esigenze cautelari, in particolare il pericolo di recidiva, ritenendo i precedenti penali dell’indagato troppo datati e non pertinenti al reato contestato.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: Quando la Motivazione è Illogica la Misura Va Annullata

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 33731/2025, offre un importante chiarimento sui criteri di valutazione delle esigenze cautelari, in particolare sul pericolo di recidiva. Il caso esaminato dimostra come una motivazione carente o illogica da parte del giudice possa portare all’annullamento di una misura restrittiva della libertà personale. La decisione sottolinea la necessità di un’analisi rigorosa e ancorata a elementi fattuali concreti e attuali, evitando automatismi basati su precedenti penali non pertinenti.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da un’indagine per il reato di ricettazione di un’autovettura. Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Foggia aveva respinto la richiesta del Pubblico Ministero di applicare gli arresti domiciliari nei confronti dell’indagato.

Successivamente, il Pubblico Ministero ha proposto appello contro questa decisione. Il Tribunale di Bari, in funzione di giudice del riesame, ha parzialmente accolto l’appello, disponendo nei confronti dell’indagato l’applicazione cumulativa di due misure cautelari: l’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria e l’obbligo di dimora nel comune di residenza.

Contro questa ordinanza, la difesa dell’indagato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando vizi di motivazione e violazione di legge.

I Motivi del Ricorso e le Esigenze Cautelari

Il ricorso si fondava su due motivi principali:

1. Erronea applicazione della legge in merito ai gravi indizi di colpevolezza: La difesa sosteneva che gli elementi a carico (tracce papillari e tracciamento telefonico) non fossero sufficientemente certi per costituire gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell’art. 273 c.p.p.
2. Erronea applicazione della legge e illogicità della motivazione sulle esigenze cautelari: Si contestava la sussistenza del pericolo di recidiva (art. 274, lett. c, c.p.p.). I fatti risalivano a circa due anni prima della decisione del Tribunale, facendo venire meno il requisito dell’attualità. Inoltre, i due precedenti penali dell’indagato, uno del 2015 per coltivazione di stupefacenti e uno del 2019 per omessa tenuta delle scritture contabili, erano stati ritenuti troppo datati e relativi a reati di natura completamente diversa, quindi inidonei a fondare un giudizio di pericolosità sociale attuale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha analizzato distintamente i due motivi, giungendo a conclusioni opposte.

Il primo motivo, relativo ai gravi indizi di colpevolezza, è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha ribadito un principio consolidato: una volta emesso il decreto che dispone il giudizio, che dà inizio alla fase dibattimentale, la valutazione sulla sussistenza dei gravi indizi non è più oggetto di possibile rivalutazione in sede cautelare. Tale questione viene infatti assorbita dalla decisione del GUP di rinviare a giudizio l’imputato.

Il secondo motivo, invece, è stato ritenuto fondato.

Le motivazioni

La Cassazione ha censurato duramente la motivazione del Tribunale di Bari, definendola “manifestamente illogica e carente” in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. Secondo la Suprema Corte, il riferimento ai due precedenti penali era incongruo, poiché erano assai risalenti nel tempo e riguardavano reati di tipo diverso da quello contestato (ricettazione). Tali precedenti non potevano, da soli, dimostrare un’attuale e concreta propensione a delinquere.

Inoltre, il Tribunale aveva supposto la presenza di un complice, desumendola dal fatto che l’indagato, dopo aver abbandonato l’auto rubata, era rientrato in città a bordo di un’altra vettura. Per la Cassazione, questa è una mera supposizione, poiché l’indagato avrebbe potuto essere trasportato da chiunque, anche da una persona estranea al reato.

Infine, i giudici di legittimità hanno ritenuto che i riferimenti generici alla “particolare intensità del dolo”, alla “notevole capacità a delinquere” e alla “spiccata pervicacia” dell’indagato fossero affermazioni sganciate da qualsiasi elemento fattuale emerso dal processo.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata, rinviando gli atti al Tribunale di Bari per un nuovo giudizio che dovrà attenersi ai principi espressi. La decisione rafforza un principio fondamentale dello stato di diritto: la compressione della libertà personale, anche attraverso misure cautelari non detentive, deve essere sorretta da una motivazione rigorosa, logica e basata su elementi concreti, specifici e attuali. Non sono ammissibili giudizi basati su supposizioni o su una valutazione generica della personalità dell’indagato fondata su precedenti penali datati e non pertinenti.

È possibile contestare i gravi indizi di colpevolezza dopo che è stato disposto il rinvio a giudizio?
No. Secondo la sentenza, una volta emesso il decreto che dispone il giudizio, la questione relativa alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è risolta e non può essere ulteriormente rivalutata in sede di riesame delle misure cautelari.

Dei precedenti penali datati e per reati diversi possono giustificare da soli le esigenze cautelari per pericolo di recidiva?
No. La Corte ha stabilito che precedenti penali ‘assai risalenti nel tempo e per reati di tipo diverso’ non sono sufficienti a sostenere un’esigenza cautelare attuale di pericolo di recidiva. La motivazione deve essere basata su elementi concreti e attuali.

Cosa rende una motivazione sulle esigenze cautelari ‘manifestamente illogica’?
Una motivazione è manifestamente illogica quando si basa su supposizioni (come la presenza di un complice non provata), su precedenti penali non pertinenti o datati, o su affermazioni generiche sulla pericolosità dell’indagato non supportate da elementi fattuali emersi dal processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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