Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33731 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33731 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CERIGNOLA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/03/2025 del TRIBUNALE di BARI, Sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 10 marzo 2025 il Tribunale di Bari, giudicando sull’appello cautelare proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Foggia avverso l’ordinanza emessa in data 3 giugno 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia con la quale, in relazione al contestato reato di ricettazione di un’autovettura, era stata rigettata l’istanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di COGNOME NOME, in parziale accoglimento dell’appello disponeva nei confronti di quest’ultimo l’applicazione cumulativa delle misure cautelari dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria con frequenza quotidiana e dell’obbligo di dimora nel comune di Cerignola, con prescrizioni.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il COGNOME, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando due motivi di doglianza.
Con il primo motivo deduceva erronea applicazione dell’art. 273 cod. proc. pen. in relazione all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., nonché illogicità o contraddittorietà della motivazione sul punto.
Rassegnava che il Tribunale aveva ritenuto i gravi indizi di colpevolezza in relazione al contestato reato di ricettazione considerando alcune tracce papillari nonché il fatto che il telefono cellulare dell’indagato aveva agganciato una serie di celle telefoniche e ritenendo che tale circostanza fosse dimostrativa del fatto che il COGNOME aveva condotto la vettura sui luoghi nei quali la stessa aveva transitato prima di essere stata abbandonata al kmINDIRIZZO dell’autostrada INDIRIZZO.
Assumeva che non vi era certezza sulla riferibilità delle tracce papillari all’indagato e inoltre che il cosiddetto tracciamento telefonico non consentiva una localizzazione certa dell’apparecchio cellulare, sussistendo notevoli margini di errore.
Concludeva sul punto affermando che gli elementi indicati dal giudice della cautela non potevano avere la valenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del COGNOME in relazione al reato ipotizzato.
Con il secondo motivo deduceva erronea applicazione dell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., nonché illogicità della motivazione, assumendo che i fatti contestati risalivano al 2023 così che non poteva ritenersi che le esigenze cautelari ritenute avessero il carattere dell’attualità, essendo la decisione del Tribunale intervenuta dopo circa due anni dai fatti.
Assumeva, per altro verso, che il giudice della cautela non aveva reso una motivazione adeguata in relazione alla ritenuta esigenza cautelare del pericolo di recidiva, avendo fatto esclusivo riferimento a due precedenti gravanti sull’indagato: il primo, risalente al 2015, per il reato di coltivazione illecita stupefacenti, e il secondo, risalente al 2019, per omessa tenuta delle scritture contabili; deduceva inoltre che il riferimento alla gravità del reato commesso era del tutto incongruo
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è inammissibile in quanto non consentito, considerato che risulta essere già stato emesso il decreto che dispone il giudizio e che il
processo COGNOME pende COGNOME attualmente COGNOME nella COGNOME fase COGNOME dibattimentale COGNOME (cfr. Sez. 6, n. 1839 del 12/05/1995, COGNOME, Rv. 201727 – 01, secondo cui, in materia di misure cautelari personali, successivamente all’adozione del decreto che dispone il giudizio non sono proponibili misure che coinvolgono la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Ed infatti, il giudice dell’udienza preliminare nel deliberare la richiesta di rinvio a giudizio, deve valutare se gli indizi raccolti nel corso delle indagini siano o no idonei a fornire in dibattimento la prova della fondatezza dell’accusa, pronunciando, in alternativa, il decreto che, dispone il giudizio oppure la sentenza di non luogo a procedere e contestualmente la scarcerazione dell’imputato. Ne consegue che, ove il giudice dell’udienza preliminare, dovendo accertare l’esistenza di elementi probatori suscettibili di assurgere a prova di responsabilità nel prosieguo del procedimento, emetta il decreto di cui all’art. 429 cod. proc. pen., egli risolve definitivamente la questione relativa alla sussistenza dei gravi indizi formandosi sul punto una statuizione endoprocessuale che preclude ogni ulteriore rivalutazione, tanto più inammissibile in un momento in cui, avvenuto il passaggio dalla fase delle indagini preliminari a quella del giudizio, ogni potere di cognizione viene trasferito al giudice del dibattimento).
2. Il secondo motivo è fondato.
Il giudice della cautela, invero, ha reso una motivazione manifestamente illogica e carente in relazione alla ritenuta sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di recidiva.
Incongruo appare il riferimento a due soli precedenti penali, assai risalenti nel tempo e per reati di tipo diverso da quello qui considerato.
D’altro canto l’esistenza di un complice – di per sé comunque inidonea a giustificare la ritenuta esigenza cautelare in quanto da sola non sufficientemente rappresentativa di una maggior capacità di organizzazione del delitto – risulta meramente supposta dal Tribunale, in ragione del fatto che il COGNOME, una volta abbandonata sull’autostrada la vettura di provenienza delittuosa, era rientrato in citta a bordo di una diversa vettura, non considerando che egli avrebbe potuto essere trasportato anche da persona del tutto estranea al reato contestato.
Infine, il riferimento fatto dal giudice cautela alla particolare intensità del dolo, alla notevole capacità a delinquere del prevenuto e alla “spiccata pervicacia” risulta sganciato, dal punto di vista logico, da qualsivoglia elemento fattuale emerso al processo.
Sussiste, pertanto, il lamentato vizio di motivazione.
Alla stregua di tali rilievi l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Bari, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Bari competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p.
Così deciso il 11/06/2025