Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37352 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37352 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
RelaNOME: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Pravata’ NOME NOME a Palermo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/03/2024 del Tribunale del riesame di Palermo
Visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del Riesame di Palermo, in parziale accoglimento della richiesta di riesame, ha annullato l’Ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale locale in data 26 febbraio 2024 che applicava a COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere limitatamente al capo 12) di incolpazione provvisoria, confermandolà nel resto.
La misura cautelare è, dunque, in atto per il solo reato di cui all’ art. 416-bis cod. pen., per aver fatto parte della famiglia di COGNOME, nell’ambito
dell’associazione “RAGIONE_SOCIALE” fino all’attualità. In particolare, l’ ndagato viene individuato come uomo di fiducia del cogNOME NOME e come sottoposto di NOMENOME
Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione COGNOME, deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc pen.
2.1. Violazione di legge processuale in relazione all’art. 292, comma 2, lett. b), cod. proc. pen.
La mancata indicazione della data di inizio della condotta non consente di stabilire quale trattamento sanzioNOMErio possa essere applicato al caso di specie al fine di poter applicare la disciplina di cui all’art. 303 cod. proc. pen.
2.2. Violazione di legge processuale in relazione all’art. 292, comma 2, lettera c), cod. proc. pen per mancata indicazione delle esigenze cautelari.
Gli elementi indiziari indicati nell’ordinanza coprono un periòdo che arriva fino al 26 luglio 2016; da quella data alla data della ordinanza sono trascorsi oltre sette anni e ciò esclude la sussistenza di esigenze cautelari.
2.3. Violazione di legge processuale per omessa GLYPH valutaZione GLYPH degli elementi a favore dell’imputato – essenzialmente con riferimento al requisito dell’attualità delle stesse -. In particolare, la Corte non s è soffermata sul fatto che l’indagato svolgeva regolare attività lavorativa di puliz a delle strade del paese di COGNOME, lavoro umile e mortificante, indicativo del fatto che COGNOME non potesse certo essere un uomo d’onore. La Corte d’appello non ha valutato l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di affidamento in proVa al servizio sociale e la successiva declaratoria di estinzione della pena. Allorché è stata concessa la misura alternativa, il Tribunale di sorveglianza era peffettamente a conoscenza dei precedenti giudiziari di COGNOME e delle frequentazioni mafiose dello stesso.
2.4. Violazione di legge in relazione alla mancata applicazione dell’art. 297 comma 3 cod. proc. pen. sul computo dei termini di durata delle m sure. In sede di udienza veniva prodotta la sentenza del tribunale di Palermo del 20 dicembre 2016 relativa al procedimento 18529/2013 e, sul punto, l’ordinanza rimaneva silente. Dalla sentenza prodotta, emergeva come il 30 novembre 2014 veniva notificata la prima ordinanza e, dalla stessa di desumeva come i fatti indicati in sentenza erano gli stessi di quelli elencati e indicati nella presente ordinanza, commessi anteriormente e connessi con i fatti della presente ordin nza risalenti al 2016.
2.5. Violazione di legge per omessa retrodatazione dell’iscrizione del COGNOME nel registro delle notizie di reato e, conseguente, parziale inutilizzabilità degli at di indagine svolti dopo la scadenza del termine.
L’indagato è stato iscritto nel suindicato registro con provvedimento del 5 giugno 2023 e retrodatazione al 17 agosto 2021. Gli artt. 406 e 407 co . proc. pen. prevedono che per i delitti di tale tipologia la durata delle indagini si di anni due e che gli atti di indagine posti in essere dopo la scadenza del termine non possano essere utilizzati. L’ordinanza del Tribunale del riesame deve essere annullata nella parte motiva, là dove ritiene che la competenza pei – le decisioni sulla domanda di retrodatazione della data di iscrizione nel Registro Generale Notizie di Reato di soggetti sottoposti a misura cautelare sia deMandata allo stesso giudice che ha applicato la misura. La retrodatazione deve essere individuata alla data della operazione “NOME“, proc. n. 18529/2013: è lo stesso Tribunale del riesame a indicare tale data a pagina 7 dell’ordinanzà impugnata, così cadendo in contraddizione perché, da un lato, ritiene che là difesa non indichi la data dalla quale far partire la dedotta inutilizzabilità, e poi, invec evidenzia chiaramente la data in cui il soggetto è stato sottoposto ad indagine, data dalla quale far decorrere l’iscrizione. Il tribunale non ha dato contezza del fatto che le singole trascrizioni delle intercettazioni erano state poste in essere a distanza di oltre due anni dal momento della realizzazione delle stesse, e che, quindi, le stesso sono inutilizzabili.
2.6. Violazioni di legge in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Gli elementi indicati dal Tribunale del riesame non sOno elementi investigativi univoci, tali da assurgere al rango di indizi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è, nel suo complesso, infondato.
2.11 primo motivo di ricorso è inammissibile per carenza di interesse di COGNOME a dedurre, nell’attuale fase incidentale e nell’ambito dellrincolpazione provvisoria relativa alla fattispecie associativa, la individuazione de le modifiche normative interessanti nel tempo la fattispecie di reato.
In ogni caso, la censura è manifestamente infondata, essendo il reato contestato “fino all’attualità”, circostanza ammessa dallo stesso difensore.
3. Il secondo motivo è infondato.
Al di là del riferimento alla presunzione di adeguatezza esclusiva della massima misura custodiale, il Tribunale del riesame giustifica non illogicamente la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato nonché la concr ta esclusiva adeguatezza della misura inframuraria evidenziando la capacità riminale del
predetto – quale si desume dalle condanne irrevocabili per r ati in tema di violazione della disciplina degli stupefacenti e spendita di mone e false – e la assoluta gravità della condotta contestata. A proposito della st ssa, a parte il summit di mafia del 2016, il Collegio della cautela sottolinea pu tualmente che, dalla lettura delle intercettazioni, emerge un episodio risalent al 2018. Più precisamente, viene richiamata la conversazione tra COGNOME COGNOME NOME NOMENOME reggente della famiglia COGNOMECOGNOME per conto di COGNOMENOME NOME cdrso della quale si discute di una rimessa di denaro richiesta con metodi ntimidatori da COGNOME NOMENOME tale da suscitare il risentimento di NOMENOME esterNOME chiaramente all’indagato, che, di ciò, informava il cogNOME.
In ogni caso, deve rilevarsi come il riferimento al c.d. tempo silente non possa essere valorizzato in termini astratti, ma debba essere calato nella concreta verifica della fattispecie. Deve, invero, condividersi l’i L 3ssunto che il decorso di un lungo lasso di tempo dalle manifestazioni di pakecipazione al sodalizio criminale possa assumere rilievo, al fine di superare la Dresunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., imponendo una puntOale analisi del caso di specie (sul punto, ex plurimis, Sez. 3, n. 6284 del 16/1/2619, Pianta, Rv. 274861; Sez. 6, n. 16867 del 20/3/2018, COGNOME, Rv. 272919). Si tratta di principio che, pur a fronte di affermazioni dissonanti, volte a dar riliev prevalente alla prova della dissociazione (sul punto Sez. 5, n. 35848 del 11/06/2018, COGNOME, Rv. 273631; Sez. 4, n. 20987 del 27/1/016, C., Rv. 266962), è tuttavia in linea con quanto auNOMEvolmente affermatd in materia di misure di prevenzione, in ordine al tema della pericolosità qualificata (Sez. U., n. 111 del 30/11/2017, dep. nel 2018, Gattuso, Rv. 271512). Nel contempo, deve rimarcarsi che non è sufficiente l’astratta e generica deduziorhe del tempo trascorso, perché possa dirsi formulata un’argomentata censura avverso la riconosciuta valenza della presunzione, in un caso di suffragata partecipazione a sodalizio mafioso, in assenza di qualsivoglia riferimento al tipo di sodalizio e alla qualità e alla durata della partecipazione. Vuol dirsi, cioè, che la stessa dimensione temporale assume un significato diverso a seconda delle caratteristiche del sodalizio e del tipo di partecipazione assicurata dal soggetto, cosicché al fine di superare la presunzione si impone il confronto con quelle caratteristiche e quella partecipazione, onde poter prospettare la valenza di una protratta mancanza di ulteriori manifestazioni, quale dato sintornatico di un sostanziale allontanamento (unico dato di per sé decisivo: sul puhto si rinvia a Sez. 6, n. 15753 del 28/3/2018, Pisano, Rv. 272887), nchn potendosi contrapporre un profilo astratto ad un dato generico. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Più specificamente deve rimarcarsi che nel caso di specie è stato dato conto non solo della consolidata esistenza, all’interno di “RAGIONE_SOCIALE“, Iella famiglia
mafiosa operante nel territorio del paese di COGNOME, retta – dopo essere stata falcidiata negli anni 2000 da decessi e arresti di coloro che si eran succeduti al vertice – da COGNOME NOMENOME cogNOME del ricorrente, e da COGNOME NOME, ma anche del fatto che la famiglia di appartenenza è risultata capace l mantenersi in vita e di stringere alleanze e rapporti con altre realtà crim nali, e dell circostanza che non risultava che la stessa fosse stata definitivamente disarticolata dall’indagine in corso e dai relativi arresti. D’altro canto, il Tribuna ha anche motivato in ordine alla profonda adesione del ricorrente alla logica mafiosa per sottolineare come la stessa ne avesse permeato non inPidentalmente l’esistenza, alimentando scelte e comportamenti. Ben si comprnde dunque come secondo la valutazione del Tribunale non solo non fosse emersa una formale dissociazione da parte del ricorrente, ma dovesse ritenersi perdurante la sua concreta adesione al sodalizio, a prescindere dalla mancanzà di elementi attestanti una sua recente attiva partecipazione. E’ proprio in tali quadro che può apprezzarsi anche il rilievo dato dal Tribunale al carattere aperto della contestazione, avente ad oggetto il reato permanente di partecipazione a sodalizio mafioso: non si è cioè voluto attribuire valore ad una Scelta di tipo processuale dell’organo inquirente, ma ad un dato sostanziale, rappresentato dal fatto che l’accusa è stata formulata nel presupposto della perdurante operatività del sodalizio, quel sodalizio da decenni venuto in evidenza e al quale da tempo il ricorrente aveva partecipato e continuato a partecipare.
Sulla scorta di tali considerazioni la deduzione difensiva, incentrata sul rilievo attribuibile al tempo silente, è dunque totalmente aspecifica, in quanto non correlata alla reale dimensione temporale del sodalizio e soprattutto alla natura della consolidata partecipazione ad esso da parte del ricorrente: tali elementi infatti incidono direttamente anche sulla consistenza e rilevanza del tempo trascorso, che, corrispondentemente, a seconda dei casi, può diversamente influire anche sulla presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., nel senso che può a tal fine considerarsi sufficiente un numero maggiore o minore di anni in rapporto alla verifica di quegli elementi, non poténdosi invece validamente individuare in termini generali e astratti un lasso di teMpo di per sé idoneo a quello scopo, ferma restando la necessità che esso sia comunque notevole (così in tale prospettiva è stato dato rilievo in un caso ad un periodo di sette anni, a fronte di contestazione del reato associativo in forma chiusa: Cass. Sez. 6, n. 25517 del 11/05/2017, NOME, rv. 270342).
Da ciò discende che la motivazione del provvedimento impugNOME, così come articolata in punto di esigenze cautelari, non è stata in alcun modo vulnerata dal motivo di ricorso, che ha formulato deduzioni astratte e aspecifiche
Ritenuta la sussistenza delle esigenze cautelari, il terzo motivo è generico perché non si confronta con il tessuto argomentativo del provvedimento, che, pur nel rinvio alla motivazione del provvedimento genetico, ha esposto una coerente e adeguata motivazione in merito.
Il quarto motivo è formulato in termini estremamente generici e indeterminati. In ogni caso, lo stesso è infondato.
Deve, in linea di principio, osservarsi che è dovere di ogni giudice investito del problema cautelare quello di tutelare nella sua massima estensione la libertà personale, protetta come bene primario dalla Costituzione (art. 13) e dalle norme delle convenzioni internazionali che sanciscono il diritto di ogni persona sottoposta ad arresto o detenzione a ricorrere al giudice per ottenere, “entro brevi termini” (art. 5, comma 4, Convenzione europea dei diritti dell’uomo) o “senza indugio” (art. 9, comma 4, Patto internazionale sui diritti civili e politici) una decisione sulla legalità della misura e sulla liberazione. L’intervento dell’organo del riesame deve peraltro essere coordiNOME con le particolari caratteristiche della relativa procedura incidentale, che non prevede l’esercizio di poteri istruttori, incompatibili con la speditezza del procedimento incidentale de libertate e che si basa esclusivamente sugli elementi emergenti dagli atti trasmessi dal Pubblico ministero e su quelli eventualmente addotti dalle parti nel corso dell’udienza (Sez. 3, n. 43695 del 10/11/2011, Bacio Terracinb Coscia, Rv. 251329; Sez. 3, n. 21633 del 27/04/2011, COGNOME, Rv. 250016; Sez. 2, n. 6816 del 14/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239432; Sez. 4, n. 41151 del 23/03/2004, COGNOME, Rv. 231000); pertanto, qualsiasi richiesta Che comporti l’esercizio di poteri istruttori può soltanto costituire l’oggetto di questioni d proporre al giudice competente su eventuali istanze di revoca della misura cautelare. Si consideri, inoltre, che la deduzione della questione della sussistenza della c.d. contestazione a catena può introdurre argomenti di notevole complessità ai fini del relativo accertamento e del conseguente giudizio. La complessità aumenta in progressione allorquando debba valutarsi la sussistenza del requisito della “desumibilità dagli atti”. Infatti, la giurisprudena ha chiari che il concetto di desumibilità, presupposto che legittima il ricorso all’istitut della retrodatazione, non va confuso con la mera conoscenza o conoscibilità di determinati fatti (Sez. 2, n. 4669 del 02/12/2005, dep. 2006, COGNOME, Rv. 232991; Sez. 6, n. 12676 del 20/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 236829; Sez. 4, n. 44316 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 238348; Sez. 4, n. 2649 del 25/11/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 242498). Se la ratio dell’istituto consiste n ell’evitare un prolungamento artificioso dei termini di custodia cautelare, è evidente che la retrodatazione può teoricamente ipotizzarsi, e l’istituto concretam nte operare, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
come istituto di garanzia, solo se il secondo provvedimento custodi concretamente essere adottato al momento dell’emissione della pri e ciò può affermarsi solo nei casi in cui già vi era un quadro ind gravità e completezza, conoscibile dall’autorità giudiziaria p apprezzabile in tutta la sua valenza probatoria, da integrare tutti le già poteva a ordinanza ziario di tale ocedente e presupposti legittimanti l’adozione della misura. Interpretazione, quest’ultima, peraltro avallata dalla Corte costituzionale che, nel dichiarare «l’illegittimità costituzionale dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., nella parte in cui non si applica anche a fatti diversi non connessi, quando risulti che gli elementi per emettere la nuova ordinanza erano già desumibili dagli atti al momento della emissione della precedente ordinanza», ha affermato che la durata della custodia cautelare deve dipendere da un fatto obiettivo (rispettoso, dunque, del canone dell’uguaglianza e della ragionevolezza) quale quello «dell’acquisizione di elementi idonei e sufficienti per adottare i diversi provvedimenti cautelari» ( sent n. 408 del 2005). Si aggiunga che tutti i suddetti presupposti di appliCazione della retrodatazione ex art. 297, comma 3, cod. proc. pen. costituiscono una quaestio facti la cui soluzione è rimessa di volta in volta all’apprezzamento del giudice di merito (Sez. 5, n. 44606 del 18/10/2005, COGNOME, Rv. 232797; Sez 6, n. 12676 del 20/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 236829; Sez. 4, h. 9990 del 18/01/2010, COGNOME, Rv. 246798), e in quanto tale richiede l’esame e la valutazione degli atti ed una ricostruzione dei fatti, attività precluse al giudice d legittimità, il quale deve solo verificare che il convincimento espresso in sede di merito sia correttamente e logicamente motivato.
Sulla base delle esposte caratteristiche del procedimentò incidentale cautelare e delle modalità di verifica di sussistenza dei presupposti della retrodatazione dei termini di custodia cautelare ex art. 297, comma 3, cod. proc. pen., si è ritenuto che il Tribunale del riesame possa pronunciarsi in materia solo quando elementi incontrovertibili emergenti dall’ordinanza impugnata consentano di ritenere sussistenti i suddetti presupposti. In qualsiasi altro caso, la mancanza di poteri istruttori del giudice del riesame e le esigenze di speditezza del procedimento incidentale de libertate devono condurre ad escludere una pronuncia dello stesso giudice, la quale, se favorevole all’indagato, potrebbe basarsi sulla sola prospettazione difensiva non sufficientemente verificata nel più ampio contraddittorio e con la completezza deg i elementi di fatto e documentali utili per la decisione; se sfavorevole all’indagato, potrebbe essere suggerita da una superficiale e non completa disamina dii tutti i dati rilevanti, non rimediabile in sede di legittimità, in considerazione relativo sindacato, con le negative conseguenze correlate al pro giudicato cautelare. Pertanto, come sottolineato dal NOME COGNOME dei limiti del ursi del c.d. sso di questa
Corte di legittimità, in tema di contestazione a catena, la question retrodatazione della decorrenza del termine di custodia cautelar dedotta anche nel procedimento di riesame – e non soltanto co revoca ex art. 299 cod. proc. pen. – solo se ricorrono congiuntamen relativa alla può essere l’istanza di e le seguenti condizioni: a) termine interamente scaduto, per effetto della retro atazione, al momento del secondo provvedimento cautelare; b) desumibilità dall’ordinanza applicativa della misura coercitiva di tutti gli elementi idonei a giustificare l’ordinanza successiva (Sez. U, n. 45246 del 19/07/2012, Polcino, fkv. 253549 01).
Nel caso in esame, non risulta in alcun modo accertata la desuMibilità di cui al punto b). 6. Manifestamente infondato è il quinto motivo con cui viene eccepita la violazione dell’art. 335 cod. proc. pen. in relazione alla rilevata tardività dell iscrizione nel registro delle notizie di reato alla data del 17 agosto 2021 rispetto alla data della operazione NOME risalente al 2013. Al riguardo è sufficiente osservare che ritenuta applicabile la nuova disciplina introdotta dalla riforma Cartabia sul diritto di verifica della correttezza della data di iscrizione e su meccanismi processuali introdotti per garantire il sollecito esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico ministero, nessuna disposizione processuale prevede che la tardività dell’iscrizione nel registro degli indagati determini di per sé l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti prima dell’iscrizione stessa L’interpretazione sostenuta dalla difesa secondo cui gli atti di indagine compiuti prima della iscrizione dovrebbero essere ritenuti inutilizzabili non appare coerente neppure con le ragioni che hanno ispirato la riforma dell’art. 335 cod. proc. pen. con l’introduzione del nuovo art. 335-quater cod. proc. pen. che ha solo previsto una procedura di verifica della correttezza della data di iscrizione senza modificare le conseguenze che ne derivano sotto:i il profilo dell’inutilizzabilità dei soli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine di durata delle indagini stesse ai sensi dell’art. 407, comma 3, del Codice di rito. Deve essere ricordato che la tempestiva iscrizione nel registro dalle notizie di reato garantisce solo il rispetto dei termini di durata delle indagini, ma non assicura maggiori garanzie per la difesa nello svolgimento delle indagini, atteso che non incide sulle modalità e le forme di assunzione degli atti d indagine, la cui doverosa osservanza prescinde comunque da tale adempimento. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Orbene, pur essendo ora stata espressamente prevista la possi ilità da parte del giudice di sindacare le scelte del Pubblico ministero in ordine al momento dell’iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro e nel c ntraddittori delle parti, detta verifica presuppone che la persona indagata si fa cia carico di
attivare il relativo procedimento presentando la richiesta di retrod tazione dell’ iscrizione nel registro degli indagati nei termini perentori previsti Jal comma 3 dell’art. 335-quater cod. proc. pen. (entro venti giorni da quello in ui la persona indagata ha preso conoscenza degli atti che dimostrano la tardività dell’iscrizione), ed indicando a pena di inammissibilità le ragioni ch sorreggono la richiesta di retrodatazione e gli atti del procedimento da cui è desunto il ritardo. Non avendo il ricorrente attivato tale procedimento incidenale, neppure davanti al Tribunale per il riesame, risulta manifestamente infondata l’eccezione di inutilizzabilità degli atti di indagine neppure specificati.
Quanto allo scollamento tra la latitudine temporale “aperta” delle condotte incriminate e il loro monitoraggio investigativo, correttamente il collegio della cautela ha osservato che detta discrasia non può, per ciò solo, condurre alla inutilizzabilità degli atti di investigazione, tenuto conto del fatto che le fonti prova, nel momento della loro acquisizione e della loro capacità di specificare la notizia di reato oltre alla sua riferibilità un soggetto determiNOME, con conseguente obbligo di iscrizione nel relativo registro, ben possono afferire anche a condotte e fatte risalenti; datazione quest’ultima che non splica alcuna efficacia sui termini per le indagini ai sensi dell’art. 407 cod. proc. pen.
Il sesto motivo è generico perché non si confronta con l’ordinanza impugnata, che si sofferma puntualmente:
-sulle dichiarazioni de relato di COGNOME NOME proveniente da due fonti distinte, e cioè da COGNOME NOME NOME da COGNOME NOME;
-sulle intercettazioni tra i soggetti monitorati, ivi compresi i diretti interessa che danno analitico resoconto della operatività mafiosa di COGNOME NOME;
-sull’intercettazione con la donna, con la quale intratteneva una relazione sentimentale, che gli chiedeva di “intervenire” perché NOME aveva perpetrato una estorsione ai danni del suo daNOME di lavoro;
sull’intervento dell’indagato a favore del cogNOME COGNOME NOME nelle questioni relative alla reggenza della RAGIONE_SOCIALE affidata a COGNOME NOME e al cogNOME COGNOME NOME;
-sulla partecipazione dell’indagato al summit del 28 luglio 201,6 fissato per sancire una pax tra i due contendenti presente all’incontro, COGNOME per NOME e NOME COGNOME per NOME.
Contrariamente all’assunto difensivo, la sentenza non incorre nei vizi denunciati, in quanto risulta esaminata ogni censura difensiva e confutata la prospettazione riduttiva o alternativa proposta e nuovamente reiterata, senza minimamente confrontarsi con il coerente percorso giustificativo della sentenza impugnata.
Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato, con condanrL di COGNOME al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 18 luglio 2024
Il COGNOME re estensore
Il Presidente