Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6755 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 6755 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI NAPOLI nel procedimento a carico di: COGNOME nato a GIUGLIANO IN CAMPANIA il 16/09/1962 COGNOME nato a GIUGLIANO IN CAMPANIA il 28/09/1967
avverso l’ordinanza del 04/10/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette/sentite le conclusioni del PG ASSUNTA COGNOME
Il PG conclude chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata in relazione alla motivazione sulle esigenze cautelari ed in subordine chiede la rimessione del procedimento alle Sezioni Unite Penali.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato NOME COGNOME del foro di NAPOLI in proprio e quale sostituto processuale dell’avvocato NOME COGNOME del foro di NAPOLI, per delega orale, in difesa di COGNOME che conclude chiedendo che sia dichiarata l’inammissibilità ed in subordine sia rigettato il ricorso del PM.
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di NAPOLI in proprio e quale sostituto processuale, per delega orale, dell’avvocato COGNOME del foro di NAPOLI NORD in difesa di COGNOME che conclude riportandosi alla memoria
depositata e chiede che il ricorso del PM sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli ricorre avverso l’ordinanza del 4 ottobre 2024 del Tribunale di Napoli, che ha accolto il riesame ex art. 309 cod. proc. pen. presentato da COGNOME Giovanni e COGNOME Vincenzo avverso l’ordinanza del 9 settembre 2024, con la quale il G.i.p. del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, aveva applicato nei loro confronti la misura cautelare della custodia in carcere in ordine al reato di associazione di tipo mafioso, ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen.
Secondo la tesi accusatoria, COGNOME e COGNOME in Giuliano in Campania e altrove, con condotte poste in essere fino al mese di ottobre 2018, avevano partecipato all’associazione di tipo mafioso denominata “clan COGNOME” con il compito di individuare e sottoporre a estorsione i cantieri edili ubicati nel territorio controllato dal sodalizio e sotto la direzione di COGNOME Stefano.
Il Tribunale del riesame, con l’ordinanza oggi impugnata, dopo aver rilevato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico di entrambi gli indagati, ha evidenziato l’insussistenza delle esigenze cautelari, trattandosi di fatti risalenti nel tempo e non avendo il pubblico ministero prodotto elementi idonei ad attualizzare a loro carico tali esigenze.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale avrebbe ritenuto insussistenti le esigenze cautelari solo in forza del fatto che era trascorso un consistente periodo di tempo dal giorno in cui erano avvenuti i fatti contestati.
Così facendo, il giudice di merito non avrebbe considerato che il legislatore ha previsto una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari in ordine al reato ex art. 416-bis cod. pen., anche considerando che – nel caso di specie era emerso che gli indagati avevano partecipato a un’associazione di tipo mafioso radicata da molti anni sul territorio e attualmente operativa.
Con memoria difensiva, COGNOME chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, evidenziando che per le Sezioni unite n. 36958/2021 non basta la semplice messa a disposizione, mentre vanno individuati i compiti assegnati o svolti dal partecipante al sodalizio mafioso per dare concretezza alla sua partecipazione.
Inoltre, le captazioni ambientali prodotte dall’accusa risalgono al 2018, l’informativa finale della polizia giudiziaria è del 2020, la richiesta del pubblico ministero è del 2.2.2023 e l’ordinanza del G.i.p. è del 9.9.2024.
In via subordinata, rileva che il Tribunale ha affrontato la questione della retrodatazione della misura cautelare ai sensi dell’art. 297 cod. proc. pen., nonostante avesse rilevato l’insussistenza delle esigenze cautelari.
Al contrario, i giudici non avrebbero potuto pronunciarsi su tale profilo e, non avendo la difesa la possibilità di impugnare con ricorso autonomo l’ordinanza sul punto, tale questione, in caso di annullamento con rinvio, non deve ritenersi preclusa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Preliminarmente va precisato che non possono assumere rilievo le questioni sollevate nella prima parte della memoria di COGNOME sulla insussistenza degli indizi di colpevolezza per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., essendo il ricorso del pubblico ministero limitato al profilo delle esigenze cautelari.
Giova in diritto evidenziare a questo proposito che, in tema di misure cautelari personali, la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze di cautela sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata, con riguardo ai delitti aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen., a condizione che si dia conto dell’avvenuto apprezzamento di elementi, evidenziati dalla parte o direttamente enucleati dagli atti, significativi in tal senso, afferenti, in specie, alla tipologia d delitto in contestazione, alle concrete modalità del fatto e alla sua risalenza, non essendo sufficiente, a tal fine, il mero decorso del cd. “tempo silente”, posto che è escluso, in materia, qualsiasi automatismo valutativo (Sez. 2, n. 24553 del 22/03/2024, COGNOME, Rv. 286698).
In tema di custodia cautelare in carcere disposta per il reato di partecipazione ad associazioni mafiose “storiche”, la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo con il recesso dell’indagato dall’associazione o con l’esaurimento dell’attività associativa, mentre il cd. “tempo silente” (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati) non può, da solo, costituire prova dell’irreversibile allontanamento dell’indagato dal sodalizio, potendo essere valutato esclusivamente in via residuale, quale uno dei possibili elementi (tra cui, ad esempio, un’attività di collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale) volto a fornire la dimostrazione, in modo obiettivo e concreto, di una situazione indicativa dell’assenza di esigenze cautelari (Sez. 5, n. 16434 del 21/02/2024, COGNOME, Rv. 286267 – 01).
Nel caso di specie, il Tribunale ha escluso la sussistenza delle esigenze cautelari presunte dalla legge per i soggetti indagati del delitto di cui all’art. 416bis cod. pen. esclusivamente in considerazione del tempo trascorso dai fatti (sei anni) e per la mancata produzione da parte del pubblico ministero di nuovi elementi idonei ad attualizzare le esigenze cautelari.
Alla luce dei principi sopra indicati, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Napoli.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, c.p.p.
Così deciso il 29/11/2024