Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32054 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32054 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 09/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME) nato a BRONTE il 10/12/1998
avverso l’ordinanza del 20/03/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona della sostituta NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catania, in data 20 marzo 2025 ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME nei confronti del quale il GIP del Tribunale locale, con ordinanza del 31 gennaio 2025, ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. n. 309/90.
Il Tribunale ha ritenuto confermato un grave quadro indiziario in ordine alla esistenza del sodalizio capeggiato da COGNOME COGNOME che si era distaccato dal gruppo diretto da COGNOME NOME per gestire in autonomia l’attività di spaccio di sostanza stupefacente del tipo marijuana e cocaina sul territorio di Maniace, mantenendo rapporti costanti con il canale di approvvigionamento, sulla scorta del compendio acquisito costituito da intercettazioni sia telefoniche che ambientali oltre che da altre attività di P.G., quali servizi di osservazione svolti. E’ stato ritenuto confermato, altresì, il coinvolgimento dell’odierno ricorrente quale soggetto “pienamente a disposizione del Conti COGNOME e del gruppo di riferimento per provvedere alle forniture”, in costante contatto con i sodali e con la piena consapevolezza dell’apporto causale fornito all’organizzazione, funzionale al perseguimento di uno scopo comune mediante una cooperazione con gli adepti e la conoscenza dei ruoli dei vari partecipi.
Quanto al quadro cautelare, il Tribunale, richiamata la doppia presunzione di cui all’art. 275, co. 3. Cod. proc. pen in relazione all’art. 74 d.P.R.309/1990 ha rilevato che il tempo trascorso non sarebbe tanto rilevante da escludere l’attualità delle esigenze cautelari e che l’imputato avrebbe “dedicato totalmente la propria esistenza alla realizzazione professionale di atti illeciti dai quali verosimilmente ricava anche i mezzi per il proprio sostentamento non risultando che lo stesso goda di fonti lecite di reddito e potendo pure ritenersi con ragionevole probabilità lo stesso abbia continuato a delinquere ben oltre la chiusura delle indagini”.
3.Avverso l’ordinanza suddetta è stato proposto ricorso affidato a tre motivi.
3.1. Con il primo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura custodiale carceraria per non avere il Tribunale vagliato adeguatamente la risa lenza nel tempo dei fatti contestati;
3.2. Con il secondo si deduce vizio di motivazione sotto il profilo della illogicità in merito alla sussistenza dèlle esigenze cautelari e della adeguatezza della sola misura intramuraria sul presupposto che il Catalano non godrebbe di fonti alternative lecite di reddito. Il vizio argomentativo si dedurrebbe dalla giovane età del ricorrente, dalla sua incensuratezza, dal ruolo marginale che lo stesso avrebbe
avuto, per un breve lasso di tempo (gennaio – maggio 2022), in seno al sodalizio. Il Tribunale avrebbe totalmente obliterato la memoria depositata con i relativi allegati (contratti di lavoro e libretti postali) da cui si evinceva che COGNOME, già dal 2022 si era dedicato a regolare attività lavorativa e aveva reciso ogni legame con la presunta associazione.
3.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura intramuraria per non avere vagliato il Tribunale il recesso del Catalano dalla presunta associazione e quindi l’assenza dell’attualità del vincolo.
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va innanzitutto premesso che il difensore ha fatto pervenire rinuncia al ricorso. Detta rinuncia, tuttavia, non è efficace in quanto sottoscritta solo dal difensore privo di procura speciale.
Secondo il costante orientamento di questa Corte è inefficace l’atto di rinuncia non sottoscritto dall’indagato ma solo dal difensore sprovvisto di procura speciale posto che la rinuncia, non costituendo esercizio del diritto di difesa, richiede la manifestazione inequivoca della volontà dell’interessato, espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale (ex plurimis: Sez. 2, n. 49480 del 31/10/2023, COGNOME, Rv. 285663 – 01).
Né può sostenersi che la sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, applicata con l’ordinanza genetica, con quella degli arresti domiciliari concessa dal GIP, in accoglimento della richiesta formulata, determini la carenza di interesse a coltivare il ricorso proposto. Ciò per l’evidente ragione che, come si ricava dai motivi sopra riportati, è stato contestato in radice l’apprezzamento del Tribunale del riesame relativamente alla sussistenza delle esigenze cautelari e non solo la proporzionalità e l’adeguatezza della misura della custodia cautelare in carcere applicata.
Il ricorso è fondato per le ragioni e nei limiti di seguito illustrati.
Il Tribunale dopo avere ritenuto l’esistenza della compagine associativa e avere delineato il ruolo che il ricorrente rivestiva in seno ad essa, ha ritenuto che il tempo trascorso, indicato, comunque, “non di notevole spessore”, non sarebbe di tale ampiezza da poter vincere la presunzione di sussistenza dell’attualità e concretezza del pericolo di reiterazione del reato di cui all’art. 275, co. 3, cod.
proc. pen. in relazione al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/1990, evocando, altresì, la natura dei fatti commessi, realizzati con modalità seriali e sintomatiche di specifica professionalità, il contesto di relazioni interpersonali in cui lo stesso risultato inserito.
Ha aggiunto il Tribunale che il ricorrente avrebbe dedicato totalmente la propria esistenza alla realizzazione professionale di atti illeciti dai quali “verosimilmente” ricava anche i mezzi per il proprio sostentamento non risultando che lo stesso goda di fonti lecite di reddito e potendo pure ritenersi con ragionevole probabilità che lo stesso abbia continuato a delinquere ben oltre la chiusura delle indagini.
Osserva il Collegio che il ricorrente, in sede di riesame, aveva prodotto memoria e relativi allegati da cui si sarebbe evinto che il Catalano sin dal mese di maggio 2022, data di cessazione della condotta associativa, aveva intrapreso regolare attività lavorativa.
Fondata risulta la censura formulata dalla difesa in ordine al mancato apprezzamento di tali elementi.
Questa Corte ha avuto modo di affermare che, in ipotesi di misura coercitiva disposta per il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 per condotte risalenti nel tempo, la sussistenza delle esigenze cautelari deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l’attualità, dovendosi escludere l’applicazione della regola di esperienza in merito alla tendenziale stabilità del vincolo in materia di associazione di tipo mafioso (Sez. 4, n. 26570 del 11/06/2015, Rv. 263871 – 01), proprio per l’assenza di requisiti strutturali analoghi esistenti in ipotesi di partecipazione al sodalizio dedito al narcotraffico va tenuto conto del fatto che nel caso in esame, l’aggravante di cui all’art. 416 bis cod. pen. è stata esclusa.
Questo Collegio condivide il principio di diritto che richiede, allorché sussista una certa distanza temporale tra il momento di accertamento dei fatti e quelli in cui dovrebbe essere eseguita la misura, ambito cronologico che non può essere astrattamente apprezzato, la possibilità per l’indagato di allegare elementi contrari che attestino il recesso individuale o lo scioglimento del gruppo (Sez. 6, n. 52404 del 26/11/2014, Rv. 261670 – 01).
Orbene, non può non rilevarsi come il Tribunale non abbia preso in esame la produzione effettuata in sede di deposito della memoria da cui si evince che dal 2022 il ricorrente ha, comunque, svolto attività lavorativa. L’introduzione di questo dato, astrattamente in grado di indiziare un mutamento delle scelte di vita del ricorrente, evidenzia la manifesta illogicità della motivazione sotto un duplice motivo. Da un canto, perché il Tribunale ha affermato che il ricorrente non ha mai
svolto attività lavorativa; dall’altro perché ha fatto leva su una mera congettura ossia l’aver “probabilmente” proseguito nell’attività illecita senza confrontarsi con il dato introdotto dalle difese.
Le considerazioni sopra svolte inducono ad annullare con rinvio l’ordinanza impugnata per nuovo esame che,. previo esame della documentazione allegata ed attenendosi ai principi di diritto sopra richiamati, si esprima in ordine alle esigenze cautelari.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catania competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, cod. proc. pen.
Deciso il 9 luglio 2025
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