Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21888 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21888 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MONTEFORTE IRPINO il 03/09/1965
avverso l’ordinanza del 17/01/2025 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Roma, in sede cautelare, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico ministero – avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 20 giugno 2024, che aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del ricorrente – ha applicato a Marano Antonio la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di pubblico ufficio per la durata di un anno.
Il ricorrente, come da richiesta dicinvio a giudizio del 5 novembre 2024, risulta imputato, quale brigadiere capo dell’Arma dei Carabinieri, dei reati di corruzione
per un atto contrario ai doveri di ufficio e accesso abusivo ad un sistema informatico al fine di carpire informazioni utili a soggetti criminali (capi 35 e 36 2. Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo, con unico motivo, inosservanza o erronea applicazione della legge penale in riferimento all’art. 274 cod. proc. pen. e mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Il ricorrente, premettendo di essere in attesa della sentenza di primo grado avendo scelto di definire la sua posizione con il rito abbreviato, censura, in primo luogo, l’ordinanza impugnata nella parte in cui ha ricostruito la sua personalità sulla base delle sole dichiarazioni del coimputato COGNOME senza tenere conto delle giustificazioni fornite in sede di spontanee dichiarazioni rese all’udienza preliminare a proposito del linguaggio utilizzato nelle conversazioni intercettate. In secondo luogo, il ricorrente sottolinea che le condotte contestate sono riferite ad epoca risalente (estate 2019), avevano avuto andamento sporadico ed egli non era più operativo nell’ufficio (secondo quanto documentato dall’Arma dei Carabinieri), essendo in congedo per ragioni di salute ed essendo programmato il suo pensionamento a decorrere dal 3 settembre 2025.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivo generico e, comunque, manifestamente infondato.
1. Il Tribunale ha, in primo luogo, ricostruito il quadro indiziario a carico d ricorrente al fine di lumeggiare la sua negativa personalità, evidenziando il rapporto non transitorio e di stretta contiguità con il capo di una associazione per delinquere dedita al riciclaggio di ingenti capitali e ad altri reati fine, nonché piena disponibilità ad assecondare richieste illecite, dimostrando che le condotte imputategli, sebbene risalenti nel tempo, non potessero ritenersi “frutto di un accordo illecito estemporaneo, essendo piuttosto espressione di un più ampio sistema di vita e di un modo di considerare l’esercizio della pubblica funzione in modo deviato e, comunque, servente ad interessi privati, vieppiù di soggetti di elevata caratura criminale come il COGNOME“.
Inoltre, il Tribunale ha sottolineato la particolare spregiudicatezza del ricorrente, unita alla consapevolezza della gravità delle sue condotte, non per questo arrestatesi.
Ne consegue che il giudizio di attualità e concretezza delle esigenze cautelari peraltro ritenute adeguatamente salvaguardate dalla sola misura interdittiva, a fronte di una richiesta di emissione della massima cautela personale – è stato ancorato a parametri assai significativi dotati di logica ineccepibile.
In secondo luogo, tale giudizio non è scalfito dalle funzioni attualmente svolte dal ricorrente in seno all’Arma dei Carabinieri (essendo egli stato trasferito ad altro
ufficio), in quanto il pericolo di reiterazione è stato ancorato alla natura e modalit delle sue condotte per essere state inserite nel contesto descritto di criminalità
organizzata con contiguità non transitoria e non per la sola possibilità di accesso materiale ad un sistema informatico.
In proposito, occorre ricordare il principio di diritto, che lo stesso ricor menziona, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, il pericolo di
reiterazione di reati connessi alla funzione pubblica esercitata dall’indagato non
è di per sé escluso dalla circostanza che egli abbia dismesso la carica o esaurito l’ufficio, purché il giudice fornisca adeguata e logica motivazione sulle circostanze
di fatto che rendono probabile che, pur in una diversa posizione soggettiva, l’agente possa continuare a commettere reati offensivi della stessa categoria di
beni giuridici (Sez. 6, n. 1238 del 03/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278338;
(Sez. 2, n. 38832 del 20/07/2017, COGNOME, Rv. 271139-01).
Tutte le diverse argomentazioni difensive, generiche e, comunque, da relegare al merito del giudizio, rimangono assorbite.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen..
Così deciso, il 09/04/2025.