Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13581 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13581 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di:
COGNOME NOME, nato in Romania il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 28 novembre 2023 del Tribunale per il riesame di Salerno, visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
lette le conclusioni scritte trasmesse a mezzo p.e.c. dal difensore, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso, rappresentando che è stata già avanzata istanza di definizione del processo ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., con il consenso del Pubblico ministero.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata, depositata il 27 novembre 2023, il Tribunale per il riesame delle misure coercitive di Salerno rigettava la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME, ex art. 309 cod. proc. pen., avverso l’ordinanza emessa in data 10 novembre 2023 dal giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, che, aveva applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari, ravvisando gravi indizi di colpevolezza per l’ipotesi di rapina impropria in concorso e attualità delle esigenze cautelari di prevenzione speciale, nella misura della rilevanza, concretezza ed attualità richieste dal testo dell’articolo 274 cod. proc. pen.; quanto a scelta della misura, il tribunale della valutazione incidentale ha valorizzato la gravità del fatto, commesso con violenza alla persona, le condizioni di indigenza e l’etnia di provenienza dell’indagato che indurrebbero una sfavorevole prognosi recidivante, pur a fronte della giovane età dell’agente, della sua assoluta incensuratezza e della parziale ammissione dei fatti, per ritenere adeguato il presidio detentivo autocustidiale applicato dal AVV_NOTAIO.
Con i motivi di ricorso il difensore dell’indagato deduce vizi di motivazione per illogicità manifesta, contraddittorietà e mera apparenza (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.), per avere il Tribunale della cautela confermato la sussistenza delle esigenze cautelari attuali e la adeguatezza della misura detentiva domiciliare, con vuote formule di stile, che richiamano anche l’etnia dell’agente ed il suo disagio finanziario, senza tener quindi conto della personalità dell’agente (incensurato), delle modalità assolutamente episodiche del fatto. Laddove il pericolo concreto di reiterazione deve ritenersi meramente ipotetico.
L’organo del controllo cautelare si è infatti limitato a confermare, con vuote formule moraleggianti la motivazione redatta in sede genetica, senza nulla aggiungere in tema di attualità e concretezza delle divisate esigenze cautelari e ineludibilità del presidio detentivo, ancorché autocustodiale. Le argomentazioni spese sul punto manifestano, ad avviso del ricorrente, totale oblio dei requisiti di attualità e concretezza che devono caratterizzare le esigenze cautelari ai fini della loro rilevanza. Del pari è a dirsi quanto a scelta della misura, che neppure risulta accompagnata da quell’opera di selezione funzionale atta ad esplicitare l’ineludibilità del presidio detentivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, atteso che il Tribunale della valutazione cautelare ha correttamente operato la valutazione di attualità e concretezza delle esigenze cautelari di cui alla lett. c) dell’art. 274 cod. proc. pen., oltre quella in tema scelta della misura detentiva, facendo leva, più che su dati etnico-antropologici,
sull’analisi delle modalità .del fatto, indicative di una attitudine non occasionale al delitto di settore, non contenibile con presidio diverso da quello detentivo.
Il giudizio cautelare di merito ha, come già sopra riferito, inteso valorizzare elementi di fatto, enucleabili dalla stessa valutazione di gravità indiziaria, che inducono a prevedere che nel prossimo futuro il ricorrente, se non ristretto dalla coercizione, possa ripetere quelle condotte (determinate anche dall’indigenza) nelle quali ha palesato una certa dimestichezza.
I successivi sviluppi procedimenti (v. atti trasmessi dall’autorità procedente il 5 febbraio u.s.) hanno confermato, in uno alla prognosi recidivante, la inadeguatezza del presidio cautelare autocustodiale inizialmente eletto dal G.i.p.. A seguito di condotte manifestamente intemperanti ed insofferenti alle prescrizioni della giurisdizione la misura è stata sostituita con quella della custodia in carcere, ai sensi degli artt. 276, comma 1 ter, 299 cod. proc. pen..
2.1. La prospettata possibilità di definizione del procedimento con applicazione della pena su richiesta delle parti non è ancora stata vagliata dal G.i.p.; non è pertanto ostativa al mantenimento del presidio detentivo.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 618 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
3.1. Ai sensi del comma 1-ter dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., il direttore dell’istituto di detenzione è onerato di dare comunicazione al detenuto del contenuto del presente provvedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 febbraio 2024.