Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25450 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25450 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SAN LUCA il 07/07/1965
avverso l’ordinanza del 05/02/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Roma Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME nel senso della inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
GLYPH Con ordinanza del 30 gennaio 2025, il Tribunale del riesame di Roma ha accolto l’appello proposto dal P.M. avverso l’ordinanza del GIP del medesimo Tribunale, che aveva rigettato nei confronti di NOME COGNOME la richiesta di applicazione della custodia cautelare in carcere, in relazione ai delitti di cui ai seguenti capi della contestazione provvisoria:
11) artt. 110 cod.pen., 73 e 80 d.P.R. n. 309/1990, perché in concorso con NOME COGNOME, il 23 giugno 2020, cedeva 30 kg. di sostanza stupefacente del tipo cocaina marca NDO a persona non identificata, in San Cesareo, Roma;
artt. 81, 110 cod.pen., 73 e 80 d.P.R. n. 309/1990, perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, il 23 giugno 2020, cedeva complessivi 26 kg. di sostanza stupefacente del tipo cocaina a persona non identificata, in San Cesareo, Roma il 19 novembre 2020, 25 novembre 2020 e 15 febbraio 2021;
39) reato di cui agli artt. 81, 110 cod.pen., 73 e 80 d.P.R. n. 309/1990, perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, cedeva complessivi 67 kg. di sostanza stupefacente del tipo cocaina a Zeppetella Cristiano, in Fiano Romano dal 1° dicembre al 15 febbraio 2021;
Avverso tale ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione, mediante il proprio difensore, NOME COGNOME deducendo i seguenti motivi, sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod.proc.pen:
Con il primo motivo, deduce, la mancata declaratoria di genericità dell’appello proposto dal P.M. e l’erronea applicazione del principio di autosufficienza dell’impugnazione cautelare. Deduce che la questione era stata esplicitamente posta dalla difesa nella memoria depositata dinanzi al Tribunale del riesame. Il ricorrente contesta la motivazione addotta dal Tribunale, secondo cui l’atto d’appello non era generico, essendo incongrua l’impugnazione del P.M., che si era limitato a rilevare la totale mancanza di un pur sintetico esame dei singoli fatti in contestazione in ordine alla necessaria valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, essendosi il GIP arrestato al rilievo di difetto di attualità.
Con il secondo motivo, denuncia la violazione degli artt. 274 e 125 cod. proc. pen., sotto il profilo dell’erronea valutazione dell’attualità delle esigenze cautelari e della legittima applicazione della misura cautelare in assenza di elementi concreti e recenti, frutto di motivazione apparente e carente da parte del tribunale del riesame.
-Con il terzo motivo, si deduce la violazione degli artt. 274 e 275, cod.proc.pen, sotto il profilo della omessa valutazione della compatibilità tra la
detenzione in corso sofferta del ricorrente per altra causa e l’attualità delle esigenze cautelari. Si rileva il difetto di motivazione in ordine alla concreta possibilità di reiterazione criminosa in costanza di esecuzione della pena;
Con il quarto motivo si denuncia la violazione dell’articolo 125 cod. proc. pen. in relazione alla violazione di legge processuale per difetto assoluto di motivazione; si deduce la mancata valutazione autonoma delle esigenze cautelari e l’adesione critica all’argomentazione del pubblico ministero.
COGNOME La Procura generale ha depositato conclusioni scritte nel senso della inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Con il primo motivo, viene riproposta in modo inammissibile, perché meramente reiterativa del motivo rigettato correttamente dal Tribunale, la questione della valida formulazione, da parte del Pubblico Ministero, dell’atto di appello avverso l’ordinanza di diniego della richiesta cautelare.
Come affermato dal ricorrente, la questione è stata esplicitamente posta dalla difesa nella memoria depositata dinanzi al Tribunale del riesame, posto che si era rilevata l’assenza, in tema di esigenze cautelari, di aspetti individualizzati riferit alla figura del COGNOME già nella formulazione della richiesta della misura cautelare.
Il Tribunale ha riscontrato che la tecnica espositiva utilizzata dal P.M. era orientata alla preliminare ricostruzione dell’intera vicenda ed alla successiva descrizione delle condotte ascritte a ciascuno degli allora indagati, da cui far discendere la gravità indiziaria e, di riflesso, il pericolo di reiterazione. Trattandos di soggetti tutti fortemente integrati all’interno dell’associazione con il medesimo grado di coinvolgimento, la descrizione poteva essere di tipo cumulativo.
Il rilievo, riproposto in questa sede nei medesimi termini, è del tutto aspecifico, posto che si limita a reiterare l’eccezione senza considerare i contenuti espliciti della motivazione fornita dal Tribunale, che ha confutato la doglianza rilevando che, a fronte di una ordinanza di rigetto della misura cautelare motivata esclusivamente sul preliminare rilievo del difetto di attualità del pericolo, la relativa impugnazione non può che riferirsi a tali contenuti.
Ciò in conformità con la giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’appello cautelare di cui all’art. 310 cod. proc. pen. ha la fisionomia strutturale e strumentale degli ordinari mezzi di impugnazione, sicché deve individuare i punti della decisione oggetto di censura ed enunciare i motivi di fatto e di diritto che si
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sottopongono al giudice del gravame in termini specifici, o almeno con una specificità proporzionale a quella delle argomentazioni che sorreggono il provvedimento impugnato (vd. da ultimo, Sez. 6, n. 1919 del 10/12/2024 (dep. 2025) Rv. 287512 – 01).
Altrettanti manifestamente infondati sono il secondo e il terzo motivo, relativi al vizio di motivazione riferito alla attualità delle esigenze cautelari e al legittima applicazione della misura cautelare in assenza di elementi concreti e recenti, nonché alla compatibilità della misura con lo stato attuale di detenzione.
NOME COGNOME è stata applicata dal Tribunale del riesame, in accoglimento dell’appello del P.M., la misura della custodia cautelare in carcere per i reati di cui ai capi 11,38 e 39. Correttamente è stato ritenuto il pericolo di reiterazione dei reati della stessa specie, giacché tale pericolo, ai sensi dell’art. 274 lett. c), cod proc. pen. – è “concreto” ogni volta che si dimostri l’esistenza di elementi non ipotetici, ma reali, dai quali si possa dedurre la probabilità di recidiva ed è “attuale” allorché sia possibile formulare una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale. Il requisito dell’attualità del pericolo non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale; analisi che deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma che non contempla anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (ex mu/tis, Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018 Rv 277242; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022 Rv. 282991 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il Tribunale ha congruamente espresso il giudizio sull’esistenza del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quelli commessi dall’indagato alla luce della evidente gravità dei fatti (cessione di 30 kg di cocaina in favore di persone non identificate, nonché di ulteriori kg 26 e poi kg 67 in favore del gruppo capeggiato dal Demce, usufruendo di strutture logistiche di appoggio e occultamento degli ingenti quantitativi, in tempo ristretto) e la negativa personalità del COGNOME, gravato da precedenti anche specifici, già condannato per il delitto di cui all’art. 74 dpr 309/1990 con sentenza irrevocabile, già raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere il 30.5.2023 per i delitti di cui agli artt. 74 dpr 309/90 e 416 bis 1 cod. pen. e numerosi reati fine, per i quali veniva condannato in primo grado all’esito di giudizio abbreviato a 16 anni di reclusione.
5. Tra gli elementi rilevanti ai fini della valutazione della sussistenza del pericolo di reiterazione della condotta criminosa di cui all’art. 274, lett. c), cod
proc. pen., rilevano senz’altro oltre che i precedenti risultanti dal certificato penale, anche i procedimenti pendenti a carico dell’indagato, in specie laddove riguardino
ipotesi delittuose identiche o similari, come nella specie. L’imputato non è detenuto in espiazione pena, ma sottoposto ad altra ordinanza di custodia cautelare in
carcere e ciò non esclude, per giurisprudenza pacifica, il pericolo di recidivanza, come correttamente sottolineato nell’ordinanza impugnata. Peraltro, lo stato di
detenzione per altra causa del destinatario di una misura coercitiva custodiale non
è di per sé in contrasto con la configurabilità di esigenze cautelari, ed in particolare di quella rappresentata dal pericolo di reiterazione della condotta criminosa, atteso
che nel vigente ordinamento penitenziario non vi sono titoli o condizioni detentive assolutamente ostativi alla possibilità di riacquistare, anche per brevi periodi, la
condizione di libertà (Sez. 4, n. 484 del 12/11/2021 (dep. 2022 ), Rv. 282416 –
01).
6.
Anche il quarto motivo è manifestamente infondato, in quanto il
Tribunale si è fatto carico di valutare l’idoneità dei fatti indicati dall’accus valutandoli in logica relazione con quelli emersi anche successivamente all’epoca delle condotte contestate, della concreta personalità dell’indagato e dell’intero contesto in cui il COGNOME ha commesso le reiterate condotte. Il ricorrente, in modo non idoneo allo scardinamento del giudizio del Tribunale formula una assertiva denuncia di carenza di vaglio autonomo dei fatti contestati che, per tali ragioni, risulta del tutto estranea alla struttura logica dell’ordinanza impugnata.
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente v condannato alle spese del giudizio e al pagamento della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così è deciso, 17/06/2025