Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25442 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25442 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CATANIA il 31/08/1976
avverso l’ordinanza del 27/02/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
La difesa del ricorrente, in persona dell’avv.to NOME COGNOME ha depositato memoria difensiva di replica alle conclusioni del PG insistendo nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Catania, in funzione di giudice del riesame cautelare, ha rigettato la richiesta di riesame proposta da COGNOME Salvatore avverso la ordinanza emessa dal GIP di Catania che aveva disposto nei suoi confronti la custodia cautelare in carcere in relazione agli artt. 73 comma 1 e 80 DPR 309/90.
Il Tribunale del Riesame riconosceva la detenzione da parte del PATANÈ del quantitativo di sostanza stupefacente (circa 2 kg di marijuana contenuta all’interno di busta di carta) rinvenuta in suo possesso mentre usciva da un edificio in compagnia di COGNOME NOME, il quale aveva la disponibilità di chiavi di accesso all’appartamento sito al terzo piano, al cui interno veniva rinvenuta ulteriore sostanza stupefacente del tipo marijuana variamente ripartita (per Kg. 17,415) e cocaina per grammi 5 e confermava la ricorrenza di esigenze cautelati tali da giustificare l’adozione della misura cautelare custodiale. Accoglieva invece il riesame quanto alla co-detenzione dell’ulteriore, ingente, quantitativo di stupefacente rinvenuto nell’appartamento in uso al POPOLO ritenendo che la detenzione del PATANE’ era limitata al quantitativo rinvenuto nel possesso del PATANE’ ed escludeva, quanto a quest’ultimo, la circostanza aggravante di cui all’art.80, comma 2 dPR 309/90. Escludeva attendibilità a quanto riferito dal COGNOME secondo cui tutto il suo stupefacente risultava nella sua esclusiva disponibilità rappresentando un coacervo di elementi indiziari che deponeva per il coinvolgimento del ricorrente nella detenzione dello stupefacente rinvenuto nel suo possesso (modalità di presentazione dello stupefacente, possesso di rilevantissime somme di denaro da parte del COGNOME‘, non plausibilità dei motivi indicati dal ricorrente per giustificare l’incontro con il COGNOME e le ragioni per cui si era intrattenuto brevemente all’interno del suo appartamento, assenza di riscontri della giustificazione del possesso di una somma di denaro in contanti così ingente). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto alle esigenze cautelari il giudice distrettuale valorizzava la gravità del fatto reato che evidenziava una rilevante capacità di spaccio in ragione del numero complessivo di dosi ricavabili, di un giro di affari non indifferente in considerazione delle somme di denaro in suo possesso e della conoscenza di canali di approvvigionamento di tutto rilievo nel mondo del narcotraffico. Quanto ai profili soggettivi dell’indagato ne poneva in rilievo la grande capacità diffusiva dello stupefacente, i collegamenti con settori del narco traffico di primo piano e un carico pendente per fatti della stessa specie, rinnovando il giudizio di adeguatezza della misura della custodia
cautelare in carcere, stante l’insufficienza di una misura domiciliare, sebbene integrata da un controllo elettronico a distanza, considerata la propensione a delinquere nel settore degli stupefacenti che avrebbe potuto proseguire anche in regime di detenzione domiciliare.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOMERAGIONE_SOCIALE, il quale ha articolato tre motivi di ricorso.
3.1 Con il primo deduce vizio motivazionale, per contraddittorietà e illogicità, nella parte in cui era stata riconosciuta la gravità indiziaria a carico del COGNOME laddove l’unico grave indizio era rappresentato dalla detenzione della busta di stupefacente ma che tale rilievo indiziario era stato neutralizzato dalle ammissioni del COGNOME il quale aveva riconosciuto di essere titolare dell’intero quantitativo, mentre il Tribunale del riesame non aveva dato logica spiegazione al fatto che, se si era trattato di una compravendita di due chilogrammi di stupefacente, il prezzo non era stato ancora versato in quanto il denaro era stato rinvenuto nel borsello del COGNOME, il quale, al contempo aveva una propria attività lavorativa e commerciava in autoveicoli usati.
3.1. Con una seconda articolazione assume violazione dell’art.274 lett.c) cod. proc. pen. e difetto di motivazione circa la sussistenza dell’esigenza cautelare della reiterazione di condotte della stessa specie a fronte di argomentazioni assertive, che si fondavano esclusivamente sulla gravità del titolo di reato e in mancanza di qualsiasi elemento per riconoscere in capo al COGNOME‘ il pericolo concreto di reiterazione di condotte criminose della stessa specie, trattandosi di soggetto incensurato, ignoto alle forze dell’ordine, della cui attività a professionale di spaccio di stupefacente non risultava alcuna evidenza negli atti di indagine.
3.2. Con un’ultima articolazione lamenta vizio di motivazione contraddittoria e manifestamente illogica con riferimento al rispetto dei criteri di proporzionalità e di adeguatezza nella selezione della misura da adottare, laddove era stata esclusa la idoneità degli arresti dorniciliari presso la propria abitazione distante decine di chilometri dalla città di Catania e, in particolare alle ragioni per cui era stata esclusa la idoneità del braccialetto elettronico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso risultano infondati e vanno rigettati.
Va ricordato, in proposito, che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se
denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. In questa prospettiva, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Tale controllo di logicità, comunque, deve rimanere “interno” al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere ad una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o ad un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (sez.2, n.27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv.276976; sez.4, n.26992 del 29/05/2013, PM in proc. COGNOME, Rv.255460).
2. Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale, con riferimento alla riconosciuta gravità indiziaria in ordine all’acquisto del contenuto della busta di carta rinvenuta nella disponibilità del COGNOME‘ all’esito dell’attività di osservazione operata dalla PG risulta pienamente coerente con le risultanze investigative e con gli elementi oggettivi evidenziati dagli inquirenti che avevano osservato il COGNOME‘ accedere presso la abitazione del POPOLO, all’interno della quale venivano successivamente rinvenuti oltre 17 kg di sostanza stupefacente del tipo marijuana e uscire dallo stabile portando con sé una busta, dalla evocativa dicitura “amnesia haze” con oltre due chilogrammi della stessa sostanza e detenere nel proprio borsello una rilevantissima somma di denaro, di cui non veniva fornita una plausibile giustificazione e che i giudici della cautela hanno del tutto logicamente posto in relazione all’acquisto dello stupefacente. Infondato pertanto si presenta il primo motivo di ricorso che non si confronta con il tessuto argomentativo dell’ordinanza impugnata e si limita a valorizzare le dichiarazioni autoaccusatorie del POPOLO con riferimento all’intero quantitativo di stupefacente sequestrato le quali, peraltro, risultano essere state smentite dal giudice del riesame sulla base di risultanze obiettive e di coerenti argomenti logici rappresentati dal fatto che il ricorrente si era intrattenuto con il COGNOME nel luogo ove si trovava il quantitativo più
considerevole dello stupefacente e l’armamentario per la preparazione e il confezionamento dello stesso, e ne era uscito portando con sé una parte custodita in una t121 busta di carta, manifestando, in termini del tutto univoci e adeguati alla gravità indiziaria richiesta per la presente fase del procedimento, di essersi reso cessionario di una parte dell’intero quantitativo, a prescindere dal fatto che il prezzo fosse stato già versato, ovvero sarebbe stato corrisposto in un momento successivo alla consegna.
3. Infondato è il motivo concernente la sussistenza di esigenze cautelari tali da giustificare l’adozione della misura cautelare in carcere. Del tutto corretto è infatti l’apprezzamento sviluppato in ordine sia alla concretezza sia all’attualità delle esigenze cautelari, in linea con il novum introdotto dalla legge n. 47 del 2015 sul disposto della lettera c) dell’articolo 274 c.p.p. Come è noto, l'”attualità” dell’esigenza cautelare non costituisce un predicato della sua “concretezza”. Si tratta, infatti, di concetti distinti, legati l’uno (la concretezza) alla capacità a delinquere del reo, l’altro (l’attualità) alla presenza di occasioni prossime al reato, la cui sussistenza, anche se desumibile dai medesimi indici rivelatori (specifiche modalità e circostanze del fatto e personalità dell’indagato o imputato), deve essere autonomamente e separatamente valutata, non risolvendosi il giudizio di concretezza in quella di attualità e viceversa. Il Tribunale, difatti, anche circa il presupposto dell’attualità, lungi dall’aver posto alla base della valutazione in merito alle esigenze cautelari il mero richiamo alla gravità dei reati per cui si procede, ha sul punto argomentato con riferimento all’inserimento del PATANE’ in circuiti criminali legati al traffico di stupefacenti e dal pericolo di recidiva desunto dalle concrete modalità del reato che, oltre a essere connotato dalla rilevanza ponderale dello stupefacente acquistato e dal valore dello stesso, manifesta altresì la rilevante capacità diffusiva del ricorrente ad una vasta platea vg-ii acquirenti, così da rappresentare sintomo di una indiscutibile e attuale capacità di rivendita, potendo l’indagato confidare in inesauribili fonti di approvvigionamento. In questa prospettiva, risulta evidente che le doglianze appaiano generiche e prive di confronto con la motivazione della ordinanza impugnata. Il giudice del riesame ha rispettato pertanto l’obbligo motivazionale di evidenziare le ragioni per cui ha ritenuto sussistere una alta probabilità di reiterazione di condotte criminose della stessa specie), così da riconoscere una prossima, seppure non imminente, occasione di delinquere (sez.3, 24.4.2018, COGNOME, Rv.273674.01; sez.5, 29.11.2018, Avolio, Rv.277242.01; sez.5, n.12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv.282991). In tema di esigenze cautelari invero il pericolo di recidiva è
attuale ogni qual volta sia possibile una prognosi in ordine alla ricaduta nel delitto che indichi la probabilità di devianze prossime all’epoca in cui viene
applicata la misura, seppur non specificatamente individuate, né tantomeno imminenti, ovvero immediate; ne consegue che il relativo giudizio non
richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, desunti sia dall’analisi
della personalità dell’indagato, che sull’esame delle concrete condizioni di vita di quest’ultimo. Le indicate modalità e le caratteristiche della condotta
criminosa e i profili afferenti alla personalità del prevenuto (rifornimento ingente di sostanza stupefacente, collegamenti con mondo del narcotraffico,
carico pendente per reato della stessa specie), costituiscono espressione della concretezza, ma anche dell’attualità delle esigenze cautelari connesse
al pericolo di recidivanza criminosa.
3.1. Al contempo il giudice del riesame, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso candazwEr22115551ElatMt, ha fornito contezza delle
ragioni per cui ha escluso la idoneità di misura coercitiva domiciliare, sia pure assistita da strumenti elettronici di controllo a distanza che, se da un lato, consentono di monitorare la elusione al divieto di allontanarsi dell’abitazione in cui viene eseguita la cautela, non consentono di prevenire la realizzazione di reati della stessa specie in una prospettiva di vendita dello stupefacente presso il proprio domicilio, resa plausibile, secondo il logico argomentare del giudice del riesame, dalla rilevante quantità dello stupefacente di cui il PATANE’ è in grado di approvvigionarsi e delle stesse Q- Azku.r./..2.9. modalità ..’…Aacquisto, f’s i -icorrente si era recato e intrattenuto presso l’abitazione del fornitore.
4. Il ricorso deve pertanto essere rigetto con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1-ter, disp. att./coord./trans. cod. proc. pen. – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istitut penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10 giugno 2025
Il Consigliere estensore
GLYPH