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Esigenze cautelari: la valutazione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per detenzione di stupefacenti. La Corte ha confermato la validità della misura, ritenendo correttamente valutate le esigenze cautelari e il pericolo di recidiva, basandosi sulla grande quantità di droga e denaro sequestrati, considerati indici di un inserimento stabile in circuiti criminali.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: Quando il Pericolo di Recidiva Giustifica il Carcere

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 25442 del 2025, offre importanti chiarimenti sulla valutazione delle esigenze cautelari, in particolare in materia di stupefacenti. Il caso riguarda un individuo sottoposto a custodia cautelare in carcere dopo essere stato trovato in possesso di un notevole quantitativo di marijuana. La Corte ha rigettato il suo ricorso, confermando la decisione del Tribunale del Riesame e delineando i criteri per stabilire la concretezza e l’attualità del pericolo di reiterazione del reato.

I Fatti di Causa

L’indagato era stato fermato mentre usciva da un edificio in compagnia di un’altra persona, portando con sé una busta di carta contenente circa 2 kg di marijuana. All’interno dell’appartamento, in uso al suo accompagnatore, venivano rinvenuti ulteriori 17,4 kg di marijuana e 5 grammi di cocaina. L’indagato, inoltre, deteneva nel proprio borsello una somma di denaro molto ingente, per la quale non forniva una giustificazione plausibile.

Il Tribunale del Riesame, pur escludendo la sua responsabilità per la droga trovata nell’appartamento, confermava la custodia in carcere per i 2 kg in suo possesso, ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza e un concreto pericolo di recidiva, data la gravità del fatto e la sua capacità di approvvigionamento nel mondo del narcotraffico.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Vizio di motivazione: Si sosteneva che l’unico indizio fosse la detenzione della busta, un elemento neutralizzato dalla confessione del co-indagato che si era assunto la paternità dell’intero quantitativo di droga.
2. Violazione di legge: La difesa contestava la mancanza di elementi concreti per dimostrare il pericolo di reiterazione del reato, essendo l’indagato un soggetto incensurato e non noto alle forze dell’ordine per spaccio.
3. Illogicità della motivazione: Si criticava la decisione di escludere misure meno afflittive come gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, ritenuta una scelta sproporzionata.

La valutazione delle esigenze cautelari secondo la Cassazione

La Corte Suprema ha ritenuto infondati tutti i motivi del ricorso. Ha sottolineato che il compito della Cassazione non è riesaminare i fatti, ma verificare la logicità e la coerenza della motivazione del provvedimento impugnato. Nel caso di specie, il ragionamento del Tribunale del Riesame è stato considerato pienamente coerente. Gli elementi oggettivi, come l’osservazione dell’indagato mentre entrava nell’abitazione e ne usciva con la droga, uniti al possesso di una ingente somma di denaro, sono stati logicamente interpretati come prova dell’acquisto dello stupefacente. Le dichiarazioni auto-accusatorie del co-indagato sono state correttamente ritenute inattendibili perché smentite da questi fatti oggettivi.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha distinto nettamente i concetti di ‘concretezza’ e ‘attualità’ delle esigenze cautelari. La concretezza del pericolo di recidiva è legata alla capacità a delinquere del soggetto, mentre l’attualità si riferisce alla presenza di occasioni prossime per commettere il reato. Entrambi i requisiti sono stati ritenuti sussistenti.

L’inserimento dell’indagato in circuiti criminali per il traffico di stupefacenti è stato desunto non solo dalla quantità acquistata, ma anche dalla sua capacità di accedere a ‘inesauribili fonti di approvvigionamento’. Questo, secondo la Corte, manifesta una ‘indiscutibile e attuale capacità di rivendita’ che rende altamente probabile la reiterazione di condotte criminose.

Per questi motivi, è stata confermata anche la scelta della custodia in carcere come unica misura idonea. Gli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, non sono stati ritenuti sufficienti a impedire che l’indagato continuasse la sua attività di spaccio dal proprio domicilio.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: nella valutazione delle misure cautelari per reati di droga, elementi come l’ingente quantitativo detenuto e la disponibilità di somme di denaro sproporzionate sono indici potenti di una professionalità criminale e di un elevato rischio di recidiva. La Corte di Cassazione conferma che, in presenza di un quadro indiziario così solido, la scelta della custodia in carcere è legittima e proporzionata, poiché mira a interrompere un’attività illecita che misure meno severe non sarebbero in grado di contenere efficacemente.

Quando si possono applicare le esigenze cautelari come la custodia in carcere?
Le esigenze cautelari si applicano quando, sulla base di elementi concreti, sussiste un pericolo attuale di reiterazione di gravi reati. La valutazione si fonda sulle specifiche modalità del fatto, sulla personalità dell’indagato e sul suo inserimento in contesti criminali.

La confessione di un’altra persona scagiona automaticamente l’indagato?
No. Secondo la sentenza, le dichiarazioni auto-accusatorie di un terzo possono essere considerate inattendibili dal giudice se sono smentite da risultanze oggettive e da argomenti logici coerenti, come l’osservazione diretta dei fatti da parte degli inquirenti.

Perché la Corte ha escluso gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico?
La Corte ha ritenuto che gli arresti domiciliari, anche con controllo elettronico, non fossero sufficienti a prevenire la vendita di stupefacenti dal domicilio dell’indagato. La decisione è basata sulla rilevante quantità di droga che l’indagato era in grado di procurarsi e sulle modalità dell’acquisto, che indicavano una consolidata capacità criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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