Esigenze Cautelari: Come il Giudice Valuta il Pericolo di Recidiva nel Tempo
L’applicazione di una misura cautelare richiede sempre una valutazione attenta e aggiornata delle cosiddette esigenze cautelari. Ma cosa succede quando è trascorso più di un anno dai fatti contestati? Questo lasso di tempo è sufficiente a far venir meno il pericolo che giustifica la limitazione della libertà personale? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su questo delicato bilanciamento, chiarendo come il pericolo di recidiva debba essere valutato in concreto.
Il Fatto: Dalla Fuga Pericolosa alla Misura Cautelare
Il caso riguarda un uomo al quale il Tribunale di Bari aveva applicato la misura cautelare dell’obbligo di presentazione quotidiana alla Polizia giudiziaria. La decisione era scaturita in seguito a un episodio particolarmente grave: per sottrarsi a un controllo della polizia locale, l’uomo era fuggito ad alta velocità per strade trafficate. Durante la fuga, aveva messo in pericolo la vita di uno degli agenti, ne aveva sfiorato un altro e aveva quasi investito una donna con un bambino all’uscita di una scuola. La sua condotta aveva inoltre provocato un incidente stradale che aveva coinvolto la volante all’inseguimento.
Il Ricorso: La Questione dell’Attualità delle Esigenze Cautelari
La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza. Il motivo principale era la presunta mancanza di motivazione sull’attualità delle esigenze cautelari. Secondo il ricorrente, il Tribunale si era limitato a sottolineare la gravità dei fatti e la personalità negativa dell’indagato, trascurando un elemento fondamentale: il reato risaliva a oltre un anno prima dell’applicazione della misura. Questo, a detta della difesa, avrebbe dovuto indebolire la presunzione di un attuale pericolo di recidiva.
La Decisione della Corte: Una Valutazione Complessiva del Pericolo
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno stabilito che il Tribunale aveva, al contrario, fornito una motivazione articolata, logica e completa, esaminando tutti gli elementi necessari per giustificare la misura cautelare.
Le Motivazioni
La Corte ha evidenziato come il Tribunale avesse correttamente considerato una pluralità di fattori per valutare la pericolosità sociale dell’indagato. In primo luogo, i suoi numerosi e gravi precedenti penali (in materia di stupefacenti, reati contro il patrimonio e violenza sessuale di gruppo) e una precedente condanna per un reato analogo (resistenza a pubblico ufficiale). In secondo luogo, l’estrema pericolosità della condotta tenuta, che dimostrava un’assoluta noncuranza per la sicurezza altrui. Infine, anche il comportamento processuale scorretto, avendo negato quanto attestato dai pubblici ufficiali nel verbale di arresto, ha contribuito a delineare un quadro di personalità incline alla violazione delle regole.
Cruciale è il passaggio in cui la Corte affronta la questione del tempo. I giudici hanno chiarito che il requisito dell’attualità delle esigenze cautelari non significa ‘imminenza’ del pericolo. Il Tribunale, pur non trascurando il tempo trascorso, ha ritenuto che le esigenze si fossero ‘affievolite’ ma non eliminate del tutto. Proprio questo affievolimento ha giustificato l’applicazione di una misura meno afflittiva (l’obbligo di firma) rispetto alla custodia in carcere richiesta dal Pubblico ministero, giudicata sproporzionata proprio perché dall’epoca del fatto l’indagato non era stato coinvolto in altri episodi penalmente rilevanti. La misura applicata è stata quindi ritenuta un giusto compromesso tra la necessità di prevenire la recidiva e il tempo intercorso.
Le Conclusioni
La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la valutazione del pericolo di recidiva non è un calcolo matematico basato solo sul tempo, ma un giudizio complesso che deve tenere conto della storia criminale del soggetto, della gravità specifica della condotta e del comportamento successivo al reato. Il trascorrere del tempo può certamente attenuare le esigenze cautelari, portando a misure meno severe, ma non le cancella automaticamente se la personalità dell’indagato e i suoi precedenti indicano una concreta e persistente tendenza a delinquere. La decisione del giudice deve quindi essere proporzionata e basata su un’analisi globale e concreta di tutti questi indicatori.
Il semplice trascorrere del tempo da un reato elimina le esigenze cautelari?
No. Secondo la sentenza, il trascorrere del tempo (in questo caso, oltre un anno) non elimina automaticamente le esigenze cautelari, ma può affievolirle. Il giudice deve comunque valutare la persistenza del pericolo di recidiva basandosi anche su altri elementi.
Quali elementi considera il giudice per valutare il pericolo di recidiva?
Il giudice considera una serie di elementi, tra cui: i precedenti penali (pluripregiudicato per reati gravi), la gravità e pericolosità della condotta specifica (fuga ad alta velocità mettendo a rischio l’incolumità pubblica), e il comportamento processuale dell’indagato (negare l’evidenza riportata dai pubblici ufficiali).
Perché il ricorso dell’indagato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte ha ritenuto che l’ordinanza del Tribunale fosse motivata in modo articolato, logico e completo. Il Tribunale aveva correttamente bilanciato il tempo trascorso con la pericolosità dell’indagato, applicando una misura proporzionata (obbligo di firma) che teneva conto sia dell’affievolimento delle esigenze cautelari sia del persistente rischio di recidiva.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 20861 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 20861 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Molfetta il 26/11/1992 avverso l’ordinanza del 28/11/2024 del Tribunale della libertà di Bari udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza impugnata il Tribunale di Bari, parzialmente accogliendo l’appello del Pubblico ministero, ha applicato a NOME COGNOME la misura cautelare de ll’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria tra le ore 15,00 e le ore 16,00 di ogni giorno.
Nel ricorso presentato dal difensore di Ponte si chiede l ‘annullamento della ordinanza per mancanza di motivazione circa le esigenze cautelari, che sono state individuate dal Tribunale nel pericolo di recidiva. Si assume che l’ordinanza non ha motivato circa l’attualità delle esigenze cautelari, evidenziando la gravità del fatto e la negativa personalità dell’indagato, ma trascurando che la condotta oggetto
del processo risale al 16 novembre 2023, oltre un anno prima dell’ordinanza cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato perché non si confronta con la motivazione ─ articolata e esente da manifeste illogicità ─ della ordinanza impugnata, nella quale il Tribunale, ha osservato ha evidenziato che COGNOME: è pluripregiudicato per gravi reati (in materia di stupefacenti, contro il patrimonio, violenza sessuale di gruppo); è già stato condannato in primo grado ex artt. 337 cod. pen., per un fatto analogo a quello oggetto del presente procedimento; ha tenuto una condotta assai pericolosa, perché, per sottrarsi all’ intimazione dell’alt da parte della polizia locale, è fuggito a alta velocità su strade molto frequentate, puntando uno degli agenti, sfiorandone un altro e anche una donna che teneva per mano un bambino all ‘uscita di una scuola, mentre la volante che lo inseguiva è stata convolta in un incidente stradale; ha tenuto un comportamento processuale scorretto, negando quanto affermato dai pubblici ufficiali nel verbale di arresto.
Inoltre, il Tribunale ha correttamente argomentato che il requisito della attualità delle esigenze cautelari non corrisponde alla imminenza del pericolo, ma non ha trascurato il tempo trascorso dai fatti e, su questa base, ha valutato che la misura della custodia cautelare in carcere chiesta dal Pubblico ministero appellante risulterebbe sproporzionata, perché esigenze cautelari affievolite, poiché dall’epoca del fatto Ponte no n risulta essere stato coinvolto in altri fatti penalmente rilevanti.
Dalla inammissibilità del ricorso deriva ex art. 616 cod. proc pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esce. cod. proc. pen.
Così deciso il 17/04/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME