LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Esigenze cautelari: la gravità del reato è decisiva

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’indagata sottoposta a misura cautelare per truffa aggravata. La sentenza sottolinea come le esigenze cautelari, in particolare il pericolo di reiterazione del reato, possano essere desunte dalla gravità e dalle modalità organizzate della condotta, anche in assenza di precedenti penali. Il ruolo non marginale dell’indagata nel piano criminoso è stato ritenuto sufficiente a dimostrare la concretezza e l’attualità del rischio, giustificando la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: Quando la Gravità della Condotta Giustifica la Misura

La valutazione delle esigenze cautelari rappresenta un punto cruciale nel bilanciamento tra la presunzione di non colpevolezza e la necessità di tutelare la collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 12658/2024) offre importanti chiarimenti su come il pericolo di reiterazione del reato possa essere desunto dalle modalità concrete di un’azione criminosa, anche quando l’indagato non ha precedenti penali. Il caso analizzato riguarda un concorso in truffa aggravata e l’applicazione della misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Il Caso: Truffa Aggravata e il Ruolo dell’Indagata

I fatti contestati riguardano una serie di truffe realizzate attraverso un sistema organizzato. Il meccanismo prevedeva operazioni di hacking e contatti telefonici con le vittime, le quali venivano indotte ad accreditare somme di denaro su carte prepagate intestate a terzi. L’indagata, oggetto del provvedimento, svolgeva un ruolo di cerniera: accompagnava le intestatarie delle carte ad attivarle, verificava l’avvenuto accredito dei proventi della truffa e procedeva a effettuare plurimi prelievi di contante in piccole somme per non destare sospetti. La sua attività è stata interrotta quando è stata fermata e identificata dalle forze dell’ordine all’uscita di un ufficio postale in compagnia di una co-indagata.

L’Appello e le Doglianze della Difesa

Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva rigettato la richiesta di misura cautelare avanzata dal Pubblico Ministero. Quest’ultimo ha proposto appello, ottenendo dal Tribunale l’applicazione della misura. La difesa dell’indagata ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. Inammissibilità dell’appello del P.M.: Si sosteneva che l’atto del Pubblico Ministero fosse un mero richiamo alla richiesta originaria, senza una critica specifica alla decisione del GIP.
2. Insussistenza delle esigenze cautelari: La difesa ha evidenziato che l’indagata era incensurata, aveva un ruolo secondario e che mancava l’attualità del pericolo di reiterazione del reato.

Le Esigenze Cautelari Secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale e fornendo un’analisi dettagliata di come devono essere valutate le esigenze cautelari. I giudici hanno chiarito che, per giustificare una misura, non è sempre necessario dimostrare l’esistenza di precedenti penali, ma è fondamentale analizzare la natura e la struttura del reato commesso.

La Specificità dell’Appello del Pubblico Ministero

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte ha ritenuto che l’appello del Pubblico Ministero fosse sufficientemente specifico. Esso non si limitava a una generica richiesta, ma argomentava sulla gravità della condotta, sulle modalità di perpetrazione del reato e sul coinvolgimento dell’indagata in più episodi, elementi che delineavano un’attività non occasionale ma strutturata. Questo, secondo la Corte, incide direttamente sull’attualità e concretezza del pericolo che l’indagata potesse commettere altri reati.

La Valutazione del Pericolo di Reiterazione

Il cuore della decisione risiede nella valutazione del periculum di reiterazione. La Cassazione ha valorizzato il ruolo effettivo svolto dall’indagata, definendolo un trait d’union fondamentale tra gli autori materiali delle truffe e le intestatarie delle carte. Le sue azioni, sebbene apparentemente esecutive (accompagnare, prelevare), erano essenziali per la riuscita del piano criminoso. Questo, unito alle prove raccolte (chat, dichiarazioni di una complice), ha portato il Tribunale a ritenere, in modo logico e non irrazionale, che l’assenza di precedenti penali fosse recessiva di fronte a contributi criminosi non isolati, ma espressivi di un’attività organizzata e non elementare.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione, nel motivare la propria decisione, ha richiamato consolidati principi giurisprudenziali. Ha ribadito che, ai sensi dell’art. 274 c.p.p., l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non devono essere confuse con l’attualità delle condotte criminose. Il pericolo di reiterazione può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche se risalenti nel tempo, quando queste rivelano una spiccata capacità a delinquere e un inserimento in un contesto criminale strutturato. La gravità del fatto, le modalità della sua esecuzione e la personalità dell’indagato, così come emergono dagli atti, diventano elementi imprescindibili per formulare una prognosi di probabile ricaduta nel reato. La sentenza chiarisce che il legislatore, pur vietando di basare il pericolo esclusivamente sulla gravità del titolo di reato, non impedisce di considerare la concreta condotta perpetrata e le circostanze che la connotano come elementi di valutazione centrali.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 12658/2024 rafforza un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la valutazione del giudice deve essere ancorata a un’analisi concreta e individualizzata della condotta dell’indagato. Un’attività criminale organizzata, sistematica e non occasionale può essere sufficiente a dimostrare la sussistenza di un attuale pericolo di reiterazione, superando argomenti difensivi come l’assenza di precedenti penali o un ruolo apparentemente secondario. Questa decisione serve da monito, indicando che la partecipazione attiva e consapevole a un piano criminoso strutturato è un indicatore forte di pericolosità sociale, tale da giustificare l’applicazione di misure restrittive per proteggere la collettività.

Un indagato senza precedenti penali può essere sottoposto a misura cautelare?
Sì. La Corte ha stabilito che l’assenza di precedenti penali non è un fattore decisivo quando la condotta dell’indagato dimostra un coinvolgimento in attività criminali organizzate e non elementari, che rivelano una concreta pericolosità e un rischio di reiterazione del reato.

Come si valuta l’attualità delle esigenze cautelari se i reati non sono recentissimi?
L’attualità del pericolo di reiterazione non coincide necessariamente con la recente commissione del reato. Può essere legittimamente desunta dalle modalità specifiche e dalla gravità delle condotte passate, poiché queste possono indicare una persistente inclinazione a delinquere e un’elevata probabilità di ricaduta nel crimine.

Un ruolo apparentemente secondario in un reato esclude il pericolo di reiterazione?
No. La valutazione non si basa sulla gerarchia formale ma sul contributo effettivo al piano criminoso. Anche un ruolo di supporto, se ritenuto essenziale per la riuscita dell’illecito (come nel caso di specie, dove l’indagata fungeva da collegamento e si occupava del prelievo dei proventi), può essere indice di una significativa pericolosità e giustificare una misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati