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Esigenze cautelari: la detenzione non le esclude

Un individuo, già detenuto per altri reati, presenta ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di incendio, sostenendo che il suo stato di detenzione annulli le esigenze cautelari. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando un principio consolidato: lo stato di detenzione per altra causa non esclude automaticamente la sussistenza del pericolo concreto e attuale di reiterazione del reato, poiché l’ordinamento penitenziario prevede possibilità di riacquistare temporaneamente la libertà. La valutazione va fatta caso per caso, basandosi sulla personalità dell’indagato e sulle circostanze del fatto.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: La Detenzione per Altra Causa Non Annulla il Rischio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura penale: la valutazione delle esigenze cautelari nei confronti di un soggetto già detenuto per un’altra causa. La pronuncia chiarisce che lo stato di detenzione non esclude automaticamente il pericolo di reiterazione del reato, rendendo necessaria un’analisi concreta e attuale da parte del giudice. Questo principio sottolinea come la giustizia debba sempre considerare le specificità del caso e la personalità dell’indagato.

I Fatti del Caso: Incendio e Ricorso in Cassazione

Il caso riguarda un individuo, già detenuto per scontare una pena con scadenza nel 2025, raggiunto da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di incendio. L’indagato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione contro la decisione del Tribunale del Riesame, che aveva confermato la misura restrittiva. La difesa sosteneva la contraddittorietà della motivazione, l’illogicità e la violazione di legge, in particolare riguardo alla sussistenza delle esigenze cautelari. L’argomento principale era che, trovandosi già in carcere, l’indagato non avrebbe potuto commettere altri reati, rendendo superflua e ingiustificata la nuova misura cautelare.

La Decisione della Corte e le esigenze cautelari

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui lo stato di detenzione per un’altra causa non è di per sé incompatibile con la sussistenza di nuove esigenze cautelari. La decisione si fonda su una valutazione pragmatica del sistema penitenziario attuale, il quale non garantisce una segregazione assoluta e ininterrotta del detenuto.

La Valutazione del Pericolo Concreto e Attuale

Il cuore della pronuncia risiede nella necessità di una valutazione prognostica che vada oltre la mera constatazione dello stato detentivo. Il giudice deve verificare se, nonostante la detenzione, persista un pericolo concreto e attuale di reiterazione di reati della stessa specie. Tale pericolo, specifica la Corte, deve essere desunto da elementi specifici, quali le modalità e circostanze del fatto e la personalità dell’indagato, e non può basarsi esclusivamente sulla gravità del reato contestato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che, nel vigente ordinamento penitenziario, esistono vari istituti (come permessi premio, lavoro all’esterno, ecc.) che possono consentire al detenuto di riacquistare, anche solo per brevi periodi, la libertà di movimento. Questa possibilità rende il pericolo di reiterazione non astratto, ma concreto. Pertanto, un giudice che valuta una misura cautelare non può fare affidamento su una valutazione prognostica circa la futura e ininterrotta detenzione per un’altra causa, poiché tale valutazione spetta ad altri organi giudiziari (il magistrato di sorveglianza) e dipende da variabili non controllabili.
Nel caso specifico, il Tribunale del Riesame aveva correttamente evidenziato la pericolosità sociale dell’indagato basandosi su elementi concreti: la sua personalità violenta, i plurimi precedenti penali per reati contro il patrimonio e la persona, il comportamento irriguardoso e prevaricatore sul luogo di lavoro che aveva scatenato la reazione delittuosa (l’incendio). Questi fattori hanno portato a ritenere la custodia in carcere l’unica misura adeguata (extrema ratio) a fronteggiare il rischio, escludendo misure meno afflittive come gli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, considerate inidonee per un soggetto non meritevole di fiducia.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio fondamentale per l’applicazione delle misure cautelari: la valutazione del giudice deve essere sempre ancorata alla realtà fattuale e alla personalità del singolo soggetto, senza cedere a presunzioni assolute. La detenzione per un’altra causa è una circostanza rilevante, ma non dirimente. Spetta al giudice del merito condurre un’analisi approfondita per stabilire se, nonostante la carcerazione, il pericolo di reiterazione del reato rimanga concreto e attuale. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di un approccio individualizzato e rigoroso nella limitazione della libertà personale prima di una condanna definitiva.

Lo stato di detenzione per un’altra causa esclude automaticamente le esigenze cautelari per un nuovo reato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che lo stato di detenzione non è di per sé in contrasto con la configurabilità delle esigenze cautelari, in particolare con il pericolo di reiterazione del reato.

Perché la detenzione per un altro reato non elimina il pericolo di reiterazione?
Perché l’ordinamento penitenziario attuale non prevede titoli detentivi che impediscano in modo assoluto la possibilità per il detenuto di riacquistare, anche per brevi periodi, la libertà (ad esempio, tramite permessi), mantenendo così un pericolo concreto e attuale che deve essere valutato dal giudice.

Quali elementi ha considerato il Tribunale per confermare la custodia in carcere in questo caso?
Il Tribunale ha valutato la particolare personalità dell’indagato, il suo comportamento irriguardoso e prevaricatore sul lavoro, i plurimi precedenti penali per delitti contro il patrimonio e la persona, e il carattere violento. Ha ritenuto che queste circostanze, unite alla gravità del reato di incendio, rendessero la custodia in carcere l’unica misura adeguata a prevenire la reiterazione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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