Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34820 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34820 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VILLARICCA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/03/2024 del TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; viste le note conclusive del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi la inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del Riesame di Bologna, decidendo in sede di giudizio di rinvio, dopo l’annullamento disposto dalla Corte di cassazione, ha ripristinato la misura della custodia cautelare in carcere disposta dal Gip presso il Tribunale di Modena il 10 maggio 2023, qualificando il fatto nel reato di incendio di cui all’art.423 cod. pen.
Contro l’anzidetta ordinanza, l’indagato propone ricorso a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, affidato ad un unico motivo.
2.1 Il primo ed unico motivo di ricorso lamenta contraddittorietà ed illogicità della motivazione e violazione di legge ai sensi dell’art.606, lett. b) ed e), cod proc. pen. in punto di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e in relazione
\
alla valutazione della scelta della misura della custodia cautelare quale extrema ratio ai sensi degli artt.272 e 275 bis, comma 3 bis, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La impugnazione è infondata.
2.1 Il primo ed unico motivo di ricorso che attiene alla erroneità della motivazione in punto di sussistenza delle esigenze cautelari, deducendo la sottoposizione del ricorrente ad espiazione pena dal 29.09.2022, per altro titolo, con scadenza al 6.08.2025, e la conseguente cessazione del pericolo di reiterazione di reati e in relazione alla valutazione della scelta della misura della custodia cautelare quale extrema ratio, è infondato.
Va osservato che anche in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza e alla sussistenza delle esigenze cautelari consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze ed esigenze già esaminate dal giudice di merito né quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del Gip e del Tribunale del riesame, essendo, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/06/2019 Rv. 276976 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 9212 del 02/02/2017 Rv. 269438 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto alle esigenze cautelari ed alla loro attualità, l’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. – che qui interessa, essendo la misura stata confermata in relazione a tale esigenza – come novellato dalla legge n. 47/2015 stabilisce, dunque, che le misure cautelari personali possono essere disposte – con riferimento al pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quello per cui si procede (evenienza ravvisata nel caso in esame) – soltanto quando il pericolo medesimo presenta i caratteri della concretezza e dell’attualità, ricavabili dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla personalità della persona
sottoposta alle indagini o dell’imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali; con l’ulteriore precisazione – ancora introdotta dalla I. n. 47 del 2015 – per cui le situazioni di concreto e attuale pericolo, anche i relazione alla personalità dell’imputato, non possono essere comunque desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede.
Tanto premesso, il ricorso si limita a reiterare medesime deduzioni già formulate dinanzi al Tribunale del riesame e valutate con motivazione precisa, puntuale, corretta ed immune da censure e vizi di illogicità.
Il giudice del gravame cautelare correttamente condivide la costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui (cfr. in motivazione Sez. 1, n. 3762 del 4/10/2019 dep. 2020, Rv. 278498) “qualunque titolo detentivo (cautelare o definitivo) può andare incontro a estinzione a causa dell’incidenza delle più varie situazioni, la cui cognizione e valutazione implica, ordinariamente, la competenza di organi differenti, ciascuno dei quali può influire, come è ovvio, unicamente nell’ambito del procedimento devoluto alla sua sfera decisionale, potendo un determinato titolo restrittivo essere caducato per cause non sottoposte al controllo del giudice investito dell’altro titolo (Sez. 1, n. 719 d 6/12/1995, COGNOME, Rv. 201119; Sez. 6, n. 1453 del 19/4/1995, COGNOME, Rv. 202308), derivandone una diversità di perimetro cognitivo, oltre che di competenze, che rende impraticabile una valutazione prognostica, da parte di quel giudice, riferita ad altri titoli, in specie se afferenti altri procedimentali (cautelari o esecutivi)”.
Il giudice del rinvio, pertanto, è chiamato a rivalutare la sussistenza delle esigenze cautelari tenendo conto dell’impraticabilità di una valutazione prognostica riferita ad altri titoli, in specie se afferenti altri ambiti procedimen (cautelari o esecutivi). Dovrà, in altri termini, attenersi al principio di dirit materia di rapporti tra diversi titoli detentivi -già affermato da questa Corte d legittimità e che va qui ribadito- secondo cui lo stato di detenzione per altra causa del destinatario di una misura coercitiva custodiale non è di per sé in contrasto con la configurabilità di esigenze cautelari, ed in particolare di quella rappresentata dal pericolo di reiterazione della condotta criminosa, atteso che nel vigente ordinamento penitenziario non vi sono titoli o condizioni detentive assolutamente ostativi alla possibilità di riacquistare, anche per brevi periodi, la condizione di libertà (così Sez. 4, Sentenza n. 484 del 12/11/2021, dep. 12/01/2022, Rv. 282416 – 01; Sez. 1, n. 3762 del 4/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278498; conf. Sez. 5, n. 28750 del 10/4/2017, Perskura, Rv. 270535; Sez. 6, n. 26231 del 15/3/2013, COGNOME, Rv. 256808; Sez. 1, n. 48881 del 2/10/2013, COGNOME, Rv. 258066 Sez. 4, n. 149 del 15/11/2005, dep. 2006,
COGNOME, Rv. 232631; Sez. 1, n. 719 del 6/12/1995, COGNOME, Rv. 201119; Sez. 6, n. 1453 del 19/4/1995, COGNOME, Rv. 202308).
Tanto premesso, Il Tribunale del riesame, in sede di rinvio, ha evidenziato le ragioni della ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, considerando sia l’epoca di commissione del reato (13.08.2022), sia lo stato di detenzione per espiazione pena per altro titolo dal 29.09.2022 con scadenza pena definitiva al 6.08.2025, ritenendo tali circostanze non preclusive per l’applicazione della misura cautelare custodiale ove sia più pressante il pericolo di reiterazione criminosa, attesa la possibilità per il detenuto di riacquistare, anche per brevi periodi, la condizione di libertà.
In particolare, i giudici del rinvio hanno richiamato i motivi a delinquere, la particolare personalità dell’indagato, il comportamento in concreto tenuto dall’indagato irriguardoso, sul posto, di lavoro anche nei confronti di chi doveva istruirlo, i rapporti con i colleghi di lavoro, la tendenza a trattare male prevaricare sui colleghi, le sue reazioni a seguito al trasferimento in altro reparto, recepito quale offesa personale da punire, condotte culminate nell’azione delittuosa contestata, la pericolosità sociale per la ripetibilità de condotta legata al carattere violento del ricorrente desumibile dai plurimi precedenti penali per delitti contro il patrimonio e la persona, l’assenza di elementi concreti di segno contrario, per sostenere il pericolo, concreto ed attuale, di reiterazione della condotta.
Parimenti, sotto il profilo dell’adeguatezza del regime cautelare disposto, l’ordinanza è immune da censure adottando una motivazione non suscettibile di censura in questa sede.
Il Tribunale, uniformandosi al principio di diritto, elaborato da questa Corte, in tema di scelta della misura cautelare, ha indicato le ragioni della applicazione della custodia in carcere, ritenendo la assoluzione per particolare tenuità del fatto dal delitto di evasione non preclusiva per l’applicazione della misura degli arresti domiciliari, misura fortemente inopportuna anche con braccialetto elettronico, in considerazione della personalità del ricorrente, soggetto dall’indole violenta che potrebbe all’occorrenza rimuovere il dispositivo e non incline ad aderire alle rigide prescrizioni che caratterizzano le misure cautelari e pertanto non meritevole di fiducia, e non prospettabili misure cautelari non custodiali.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
#
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 17/07/2024.