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Esigenze cautelari: la condotta concreta è decisiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’indagata contro una misura cautelare per truffa. La sentenza chiarisce che per valutare le esigenze cautelari e il rischio di recidiva, è fondamentale analizzare la condotta concreta e il ruolo attivo del soggetto nel reato, non bastando la sola gravità dell’imputazione.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Condotta Concreta

L’applicazione di una misura cautelare rappresenta un momento delicato del procedimento penale, in cui la libertà personale viene limitata sulla base di un giudizio prognostico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 12657/2024) torna a fare chiarezza sui criteri per la valutazione delle esigenze cautelari, ribadendo un principio fondamentale: non è la gravità del reato a contare, ma la concretezza della condotta e il ruolo effettivo dell’indagato.

I Fatti del Caso: Ricorso Contro l’Obbligo di Presentazione alla Polizia Giudiziaria

Il caso trae origine dal ricorso presentato da una donna, indagata per concorso in truffa aggravata, avverso un’ordinanza del Tribunale del Riesame. Quest’ultimo, accogliendo un appello del Pubblico Ministero, le aveva applicato la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. La difesa sosteneva l’illegittimità della misura, lamentando che la valutazione del pericolo di reiterazione del reato si basasse su elementi generici, come un precedente penale non pertinente e gli stessi fatti oggetto dell’imputazione, senza autonomi indici di pericolosità sociale.

La Valutazione delle esigenze cautelari

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile e confermando la validità della misura cautelare. Il punto centrale della decisione risiede nel metodo di valutazione delle esigenze cautelari, in particolare del periculum di reiterazione. I giudici supremi hanno chiarito che, sebbene la legge (in particolare dopo la riforma del 2015) vieti di desumere il pericolo di recidiva dalla sola gravità del titolo di reato, ciò non impedisce di considerare attentamente la condotta concreta e le circostanze specifiche in cui il crimine è stato commesso.

Il Ruolo Attivo come Indice di Pericolosità

Nel caso specifico, l’indagata non aveva avuto un ruolo marginale. Era l’intestataria di tre vaglia postali su cui erano confluite le somme sottratte alla vittima della truffa. Aveva agito come “esecutore materiale”, mettendo a disposizione il proprio conto, autorizzando l’intestazione dei vaglia a suo nome, per poi prelevare il denaro e consegnarlo ai complici. Questo ruolo attivo e fondamentale, secondo la Corte, è un elemento concreto che illumina la sua pericolosità e giustifica un trattamento differenziato rispetto ad altri coindagati, senza che ciò costituisca un’illogicità nella motivazione.

Le Motivazioni: la Concretezza Batte la Genericità

La Corte ha specificato che l’appello del Pubblico Ministero non era affatto generico. Al contrario, aveva puntualmente evidenziato la gravità della condotta, le modalità della sua perpetrazione e il coinvolgimento dell’indagata in due episodi di truffa complessi, elementi che rendevano la sua condotta non occasionale. Questi aspetti, secondo i giudici, si riflettono direttamente sull’attualità e concretezza del pericolo che la ricorrente, in assenza di un presidio cautelare, possa tornare a delinquere. La sentenza ribadisce il principio, già affermato in precedenza, secondo cui le modalità della condotta e le circostanze di fatto sono elementi imprescindibili per formulare una prognosi sulla probabile ricaduta nel reato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia offre importanti spunti operativi. In primo luogo, conferma che per giustificare le esigenze cautelari non basta un’astratta qualificazione giuridica del fatto, ma è necessaria un’analisi approfondita e individualizzata del comportamento dell’indagato. In secondo luogo, il ruolo attivo e la natura non occasionale della partecipazione a un reato diventano indicatori cruciali per valutare il rischio di recidiva. Infine, la decisione stabilisce che una differenziazione nella valutazione delle posizioni dei vari coindagati è non solo possibile ma doverosa, se basata su elementi concreti relativi al diverso contributo di ciascuno alla realizzazione del crimine.

La sola gravità del reato è sufficiente per giustificare una misura cautelare?
No, secondo la sentenza, la legge non consente di desumere il pericolo di fuga o di recidiva esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede. È necessario considerare elementi concreti.

Cosa si intende per ‘condotta concreta’ ai fini della valutazione delle esigenze cautelari?
Per ‘condotta concreta’ si intende il ruolo specifico e fattivo svolto dalla persona indagata nel reato. Nel caso di specie, il suo essere esecutore materiale, l’aver messo a disposizione il proprio conto postale e aver gestito il denaro illecito sono stati considerati elementi decisivi.

È possibile applicare misure cautelari diverse a persone coindagate nello stesso reato?
Sì, la Corte ha ritenuto logica e corretta una differenziazione nella valutazione delle singole posizioni processuali, basata sul diverso ruolo e contributo concreto che ciascun coindagato ha fornito alla commissione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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